Trasparenza salariale e certificazione per favorire la gender equality

L’Italia ha introdotto la certificazione della parità di genere per le aziende: Luca Furfaro, consulente del lavoro e tecnico certificatore, approfondisce questi strumenti e offre spunti utili alle aziende

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trasparenza salariale: analisi di Luca furfaro

L’Unione Europea ha detto addio al segreto sugli stipendi: le aziende saranno infatti obbligate a comunicare, negli annunci di lavoro o nel primo colloquio, i dati economici per la posizione offerta, garantendo la trasparenza salariale finalizzata a ridurre il gender pay gap.

Entro i prossimi tre anni, le aziende con più di 50 dipendenti dovranno impegnarsi quindi a correggere le discriminazioni salariali che non trovano alcuna giustificazione, eliminando tra le altre cose il segreto retributivo nelle fasi di primo approccio e assunzione.

Da sempre le donne conducono questa battaglia, e nel tempo le misure atte a incidere sul problema sono state quasi marginali. Si stima infatti che in Europa le donne guadagnino in media il 12,7% all’ora in meno degli uomini, valore intorno al 5% in Italia. I motivi attribuibili a questa discriminazione salariale sono disparati, dal livello di istruzione, all’esperienza lavorativa, fino ai ruoli occupazionali e manageriali diversi.

Parità e trasparenza salariale in Italia

In Italia nel 2022 è stata introdotta una interessante novità. La certificazione della parità di genere ha come finalità favorire la parità e l’empowerment femminile a livello aziendale. Ogni azienda può richiedere e conseguire tale certificazione in base all’equilibrio tra una serie di parametri KPI. Luca Furfaro, specializzato nelle politiche del lavoro e del welfare e tecnico certificatore per la parità di genere, spiega in cosa consiste questa certificazione.

Ogni azienda la può richiedere: verranno presi in considerazione per l’analisi diversi parametri in relazione a sei aree di valutazione. Partendo da come sono scritti gli annunci di lavoro affinché non siano discriminatori e dal processo di selezione, passando all’aspetto retributivo per genere e le politiche di welfare e l’equa distribuzione tra i sessi nelle posizioni manageriali e direzionali.

Nello specifico le aree di valutazioni sono:

  • cultura e strategia,
  • governance,
  • processi Human Resources,
  • equità remunerativa,
  • opportunità di crescita e inclusione,
  • genitorialità e conciliazione vita-lavoro.

A ogni parametro è associato un punteggio e la loro misurazione deve raggiungere un minimo complessivo del 60%.

I dettagli della certificazione

La certificazione ha validità triennale ed è soggetta a monitoraggio annuale. Ci possono essere però alcuni casi in cui l’azienda ottiene il certificato con alcune lacune. Queste lacune aziendali vengono analizzate e vengono forniti correttivi o suggerimenti. La valutazione viene effettuata in maniera differenziata a seconda anche della tipologia d’impresa (micro Impresa, piccola media o grande impresa).

Al fine di promuovere tale certificazione, il sistema prevede un meccanismo di premialità. Tutte le aziende che conseguono il certificato hanno un vantaggio contributivo del’1%. Oltre alla possibilità di un miglior punteggio in bandi per finanziamenti e appalti. Oggi le aziende con più di 50 dipendenti hanno l’obbligo della presentazione di un rapporto sulle pari opportunità, ma tali dati non hanno però trovato riscontro se non a livello statistico.

“Il tema del gender pay gap risulta centrare anche per le politiche familiari di incremento della natalità che risultano oggi al centro della discussione politica. Anche il welfare aziendale potrebbe aiutare la causa”, sostiene Luca Furfaro. “Inoltre, ci sarebbe bisogno di maggiore welfare di carattere statale o territoriale, legato agli asili, per dar modo così di occuparsi al contempo di famiglia e lavoro. Le aziende che hanno chiesto la certificazione appartengono a diversi ambiti lavorativi, ma si evidenziano sempre alcuni campi a prevalenza femminile o maschile. L’importante resta garantire un equilibrio in merito a opportunità e remunerazione. Non si deve per forza raggiungere la stessa parità di presenza, ma sarebbe sempre arricchente avere delle differenze piuttosto che un pensiero uniforme, avere per esempio più visioni femminili nelle Stem potrebbe arricchire il settore”:

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