Sempre più aziende lamentano la difficoltà di trovare le “persone giuste”, anche a causa del turnover altissimo, soprattutto a seguito della pandemia, per questo che si cerca di investire nella mobilità interna.
Un recente report di Aptitude Research, riportato da HR Executive, dice che il 70% delle aziende a livello globale ha aumentato i propri investimenti nella mobilità interna. Un dato, questo, molto più alto rispetto al 58% del 2020. Inoltre, un’azienda su due ha incrementato il numero di assunzioni di personale interno quest’anno, favorendo lo sviluppo delle competenze dei propri dipendenti e una maggiore retention.
In questo modo infatti i dipendenti sono più felici di rimanere in azienda: lo confermano i dati riportati dal Workplace Learning Report 2023 realizzato da Linkedin, secondo cui i lavoratori che cambiano ruolo all’interno della stessa azienda entro i primi due anni di impiego hanno una probabilità del 75% di rimanervi più a lungo rispetto ai colleghi che rimangono nella stessa posizione (56%).
Motivi e preoccupazioni
Nella top 5 dei fattori che le persone valutano quando considerano di cambiare lavoro troviamo un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata. Sembra essere la priorità dei lavoratori tra i 35 e i 49 anni (26%). I lavoratori che hanno oltre 50 anni valutano soprattutto quanto sia impegnativo il lavoro (35%), mentre per i lavoratori più giovani (18-34 anni) contano di più le opportunità di crescita all’interno dell’azienda (35%) e la possibilità di apprendere e sviluppare nuove competenze (31%). Sebbene poi questi si confermino aspetti rilevanti per le diverse fasce di età.
D’altro canto, investire nella mobilità interna sembra quasi una scelta obbligata, dovendo le aziende fare i conti con diversi fattori, come per esempio l’invecchiamento della popolazione. Il numero di persone in età lavorativa (tra i 20 e i 64 anni) sta diminuendo in maniera preoccupante. Dal record di 272 milioni di persone raggiunto nel 2009 si è passati ai 265 milioni nel 2022, prospettando un ulteriore calo di circa 7 milioni di persone entro il 2030.
Questo crea nuovi posti di lavoro vacanti e aggrava la già presente carenza di personale, dovuta sia alla scarsa capacità dei datori di lavoro di trattenere il personale, sia alla preclusione al mondo del lavoro spesso di persone con disabilità, immigrati o donne. In particolare, spiega il report, il tasso di posti di lavoro vacanti è salito al 2,9% nel 2022, rispetto all’1,3% del 2012.