Nice People, di nome e di fatto

Sentirsi persone Nice, in tutto il mondo e a tutti i livelli: l’evoluzione della multinazionale italiana che opera nel settore delle soluzioni per l’Home Management nelle parole del suo Group Chief Human Resources Officer Teo Noschese

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La sede di Nice a Oderzo

di Maria Cecilia Chiappani |

Sono passati esattamente 30 anni. Nel 1993 a Oderzo (TV) nasceva Nice, realtà specializzata in Home Management Solutions.

L’azienda ha presto varcato i confini nazionali per espandersi, attraverso acquisizioni strategiche, nel mondo dell’integrazione per controllo accessi, automazione di cancelli e garage, sistemi di allarme e security, in applicazioni residenziali, commerciali e industriali. Fino all’avvento dell’intelligenza artificiale, presidiata già da due anni con l’ingresso dell’azienda nordamericana Nortek Security & Control, oggi Nice North America.

“Implementando la nostra missione, quella di realizzare un ‘Nice World’ e quindi migliorare la qualità della vita delle persone con spazi abitativi smart e sicuri, ci siamo trasformati in una multinazionale presente in oltre 100 Paesi. Operiamo tramite 13 stabilimenti produttivi, 15 centri di ricerca tra cui Cina, Usa, Brasile e Italia e oltre 2.800 persone di oltre 30 diverse nazionalità. La natura stessa di Nice, ci assegna un Dna speciale”, spiega il Group HR Officer Teo Noschese. Un bagaglio di competenze e culture che ne fanno un’azienda spiccatamente votata all’internazionalità e al confronto interculturale.

Teo Noschese, Group HR Officer di NiceCome è strutturata oggi Nice e come vengono coordinate le attività in Italia e nel mondo?

Viviamo un processo di profonda trasformazione dell’azienda, nel passaggio da un sistema “solare”, composto headquarter italiano e società estere, gestite a livello di legal entity, a un’organizzazione a matrice. Un percorso avviato qualche anno fa, creando funzioni corporate, business unit verticali e regioni (Emea, con Europa, Medio Oriente e Nord Africa, Nord America e Sud America), e tuttora in corso. Attualmente le cifre del capitale umano sono abbastanza equilibrate tra gli hub europei e americani. Potremmo parlare di un rapporto 60% – 40%.

In passato, la maggior parte dei dipendenti era basata in Europa, con l’acquisizione nel 2021 di Nortek la localizzazione del personale si è bilanciata. In Italia Nice impiega circa 700 persone tra la sede centrale di Oderzo e le due aziende acquisite: ACM nel Lazio e V2 in Piemonte.

Cosa significa essere Group Human Resources Officer in un’azienda multinazionale ad alto contenuto tecnologico?

La nostra funzione è di supporto al business e alle sue sfide, soprattutto alla ricerca dei talenti. A maggior ragione in questa fase di trasformazione: solo 4 anni fa, un responsabile HR viveva situazioni nettamente diverse. Oggi, dopo la pandemia, riscontriamo grande difficoltà nell’attrarre professionisti e non parlo solamente dei giovani. Dobbiamo essere reattivi, soprattutto in tema di politiche sulla flessibilità e di progetti di welfare e di sviluppo professionale. La retention è altrettanto importante: lavoriamo per una cultura dell’engagement e della motivazione, che non passa solamente dalla retribuzione, ma anche da formazione, internazionalità e valori. Vogliamo sentirci tutti proattivamente Nice People.

Quale percorso, professionale e personale, l’ha accompagnata a questo ruolo?

Sono arrivato in azienda 4 anni fa dopo molteplici esperienze all’estero. Ho avuto la fortuna di lavorare per Fiat, Alstom e General Electric, principalmente tra Sud America, Medio Oriente e Australia, vivendo culture totalmente diverse da quelle italiane. Ho dunque maturato una spiccata sensibilità in tema di diversità e inclusione, caratteristica fondamentale per chi si occupa di risorse umane. Ritengo basilare essere aperti e flessibili, integrare visioni, stimolare il dialogo.

La mia esperienza professionale ha basi giuridiche, sono entrato come neolaureato nel gruppo Fiat e da lì ho sviluppato la mia carriera in diversi ambiti e aziende. Fino al 2019: dal Brasile, per un insieme di ragioni, anche personali, ho deciso di rientrare in Italia. Cogliendo volentieri la sfida del cambiamento con Nice, azienda multinazionale di medie dimensioni dove avrei potuto ricoprire, da subito, un ruolo apicale nelle risorse umane. Certo, l’emergenza covid è stata una concomitanza non trascurabile, ma l’abbiamo affrontata con impegno e dedizione. L’azienda non ha mai chiuso e abbiamo strutturato in tempi record smart working e flessibilità. Una grande opportunità per interiorizzare nuove pratiche: da questa esperienza, impegnativa, abbiamo tratto insegnamenti importanti.

La vision aziendale è “True freedom is an open world. Per aiutare le persone a sentirsi al sicuro e a vivere un mondo senza ostacoli”. Come viene declinata al vostro interno? Cosa vuol dire essere Nice People?

Essere Nice People significa operare in un ambiente di lavoro sicuro, essere liberi di esprimersi e trovare lo spazio per domande e proposte. È anche un ambiente competitivo: presidiamo un mercato dinamico, dalle repentine evoluzioni, che richiede capacità di reazione. Lo comunichiamo a ciascun candidato, spiegando come decliniamo questa esigenza in un clima sempre orientato all’inclusione, al benessere e al riconoscimento. Mi sta molto a cuore anche la leadership dei nostri manager, chiamati a gestire i team responsabilizzando e ascoltando le persone. Stiamo lavorando in particolare sulle seconde linee, perché siano da guida per tutti i collaboratori.

Come riuscite a creare engagement e a diffondere la cultura aziendale interconnettendo persone di diverse nazionalità su diverse sedi?

Parto da uno degli ultimi strumenti, la piattaforma The Daily Wonder, tramite la quale condividiamo le iniziative interne a livello globale. Spesso, infatti, le filiali estere avviano progetti interessanti: è bello parlarne e poter imparare dagli esiti altrui. Inoltre, avviamo progetti trasversali con team interfunzionali e internazionali, nonché percorsi di accelerazione della carriera, selezionando giovani interni ed esterni per il programma Speed Up, che prevede un percorso biennale internazionale, tra le sedi di Nice, e la successiva assunzione in ruoli manageriali. Cerchiamo inoltre di incentivare la mobilità interna tra le filiali.

La particolare attenzione ai temi D&I è testimoniata dal progetto Women Network Globale, sviluppato insieme alla Business School Cimba. Di cosa si tratta?

Nice è inclusiva per sua natura, in quanto frutto di acquisizioni internazionali e di multiculturalità. Ci siamo chiesti come migliorare e favorire la parità di genere, al fine di abbracciare una vera e propria cultura inclusiva. Inoltre, dalla compilazione del nostro primo Bilancio di Sostenibilità l’inclusività è emersa come valore aziendale, da supportare con iniziative e obiettivi concreti. Ecco l’idea di un network aziendale come strumento per favorire le nostre community, con il contributo di studenti Mba. Cimba ha messo a disposizione giovani talenti per analizzare la situazione e capire, insieme, come migliorare l’approccio D&I.

Al termine di una serie di survey interne, ci hanno presentato piano strategico per innestare il cambiamento, che abbiamo subito abbracciato. L’attività pilota è dunque incentrata sul ruolo delle donne e sulla realizzazione del Women Network. Uno spazio di supporto e scambio assolutamente volontario, in cui confrontarsi su come bilanciare vita professionale e personale. Ma anche una fonte di ispirazione e di crescita, dove identificare argomenti da presentare al top management. Abbiamo già in programma di dedicare progetti simili anche alle persone con disabilità e di etnie diverse.

In generale, quali sono i sono i principali progetti di formazione e welfare per le Nice People?

La formazione è fondamentale e le dedichiamo un budget significativo. Può essere “standard”, con aggiornamenti tecnici o sviluppo di soft skills (es. lavorare in team, project management, digital transformation), ma anche ad hoc quando emergono necessità all’interno dei team. Auspichiamo che le Nice People siano protagoniste della trasformazione digitale, un pilastro del nostro business.

In particolare, il Team Innovation si adopera per esplorare nuove possibilità e competenze su cui puntare. Con l’acquisizione di Nortek, per esempio, il discorso sull’intelligenza artificiale si è fatto molto più concreto, stiamo continuando a investire per aggiornare il personale dei centri R&D in tutto il mondo. Quanto ai tool per le risorse umane, cerchiamo di avvicinarci alla digitalizzazione. Nel budget 2024 ho infatti previsto un corposo investimento per la creazione di un sistema informativo globale per gestire il people management cycle. Sul piano valoriale, promuoviamo anche la partecipazione a progetti di responsabilità sociale durante l’orario lavorativo. Un valido esempio, la giornata dedicata alla raccolta dei rifiuti lungo il fiume Piave, organizzata a giugno in collaborazione con Legambiente Treviso.

Grandi dimissioni e talent shortage. Quali sono le vostre esperienze in merito?

Questi fenomeni hanno cambiato le regole del mercato del lavoro. Ci siamo trovati ad affrontare una situazione pesante soprattutto in Nord America, ma ne ha risentito anche il mercato Ue. Oggi notiamo progressivi miglioramenti. So che si fa strada anche il tema del “grande rimpianto”, non posso ancora fare statistiche, ma abbiamo iniziato a registrare casi di persone dimissionarie successivamente rientrate in azienda con rinnovato entusiasmo. La strada resta quella di comunicare, condividere valori e strategia aziendale, permettere a tutti di identificarsi nell’azienda e nella sua cultura.

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