Riconoscere e affrontare il burnout

Stress e burnout: importante non confondere un calo di energia con la reale patologia

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Stress e fenomeno del burnout: approfondimenti degli esperti Reverse

Il fenomeno del burnout sul posto di lavoro si attesta al 22% a livello mondiale.

In questo contesto, l’Italia registra una percentuale pari al 16%, con picchi significativi tra Millennials e Gen Z. Infatti, l’80% dei giovani dipendenti ha sintomi elevati da stress, con particolare riferimento a coloro che si trovano a lavorare in aziende di piccole dimensioni e che non ricoprono ruoli manageriali.

“Bisogna anzitutto precisare la differenza tra burnout e il più naturale stress derivato dal dover raggiungere un risultato, come il rispetto di un budget o l’accontentare un cliente particolarmente esigente”, sottolinea Daniele Bacchi, Ceo & Co-Founder della società HR Reverse. “Le persone sono in primis organismi che consumano energia e imparano con l’esperienza a riconoscere la capacità del proprio serbatoio e soprattutto come rifornirlo. In questo senso è importante non confondere un calo di energia, riparabile facilmente con buone abitudini, con la reale patologia del burnout”.

Fenomeno del burnout: come “diagnosticarlo”

Se le nuove generazioni hanno una maggiore consapevolezza verso il tema del benessere mentale e fisico sul posto di lavoro, la grande mole di messaggi che circolano online può avere ripercussioni indesiderate come un maggiore stato di ansia generale, oltre alla possibilità di diagnosi errate da parte di non professionisti. L’autodiagnosi può infatti confondere la normale tensione e preoccupazione legate al raggiungimento di obiettivi con il vero fenomeno del burnout. Condizione più seria che richiede un intervento professionale.

Il rischio di confusione sottolinea l’importanza di una comunicazione chiara e responsabile riguardo al benessere mentale da parte di tutti gli attori sociali: istituzioni, aziende e mass media. Nonché l’essenzialità di politiche che promuovano una cultura del benessere inclusiva e sostenibile nelle imprese.

Cosa possono fare le aziende?

Uno degli elementi è sicuramente l’utilizzo di benefit. Una recente ricerca di Reverse sui propri Head Hunter ha evidenziato che nel 100% dei casi risulta essenziale lo smart working. Specialmente se il candidato è giovane e donna. L’84% valuta le offerte con orario flessibile e il 28% quelle con bonus psicologici. Cresce dunque la propensione al work life balance, che è proprio alla base del fenomeno del burnout in particolare tra Millennial e Gen Z.

Ma i benefit non bastano. Le aziende devono inserire nei propri piani aziendali una formazione improntata alla resilienza. Per esempio, corsi sulla gestione dello stress per insegnare tecniche di mindfulness e strategie di coping. Altro elemento, i programmi di mentoring e coaching personalizzati, per supportare lo sviluppo professionale e personale di ogni risorsa. Senza dimenticare il supporto psicologico: facilitare l’accesso a consulenze psicologiche, sia in azienda sia con servizi esterni, per ridurre la stigmatizzazione della salute mentale.

Tutti questi aspetti possono essere considerati una buona rete di supporto che le aziende possono mettere in atto per i propri collaboratori. Al fine di dare loro gli strumenti per essere ancor più consapevoli e per sentirsi parte integrante di un sistema che aiuta a vivere meglio e anche a essere produttivi e proattivi nel contesto aziendale.

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