di Mario Pagano | Che il lavoro costituisca un veicolo di valore e dignità della persona non lo ritroviamo solo nell’ambito costituzionale, ma anche in diversi settori della società con specifiche discipline di tutela: una di queste è rappresentata dal sistema del collocamento mirato, rivolto ai disabili e non solo.
In questo quadro acquista un ruolo centrale la legge 68/1999, che detta una serie articolata di regole finalizzate a quello che viene definitivo il collocamento mirato. Ossia quella serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto. Attraverso analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione.
I destinatari del collocamento mirato
Per una corretta analisi occorre partire da quelli che sono i soggetti destinatari delle tutele, previste dalla L. 68/1999. L’art. 1 individua, infatti, tra coloro che vengono protetti dalle misure di collocamento mirato, innanzitutto, le persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e i portatori di handicap intellettivo. Situazioni che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45% accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile.
A questi si aggiungono:
- i soggetti che percepiscono l’assegno ordinario di invalidità;
- gli invalidi del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33% accertata dall’Inail;
- i non vedenti o sordomuti;
- gli invalidi di guerra e per servizio, nonché a seguito di terrorismo o criminalità organizzata.
Vi sono, poi, altri soggetti che non rientrano direttamente nella categoria dei disabili ma che, per ragioni differenti, meritano una tutela in termini di collocamento mirato. Parliamo degli orfani e coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio. Ovvero in conseguenza dell’aggravarsi dell’invalidità riportata per tali cause. Nonché dei coniugi e dei figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro. E anche dei profughi italiani rimpatriati e degli orfani e coniugi delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.
L’obbligo di assunzione
In linea generale, la L. 68/1999 attua il collocamento mirato prevedendo un obbligo assunzionale in una determinata quantità numerica o percentuale. La quale scatta al raggiungimento di una specifica soglia dimensionale dell’organico aziendale. L’art. 3 della L. 68/1999 prevede, infatti, che i datori di lavoro pubblici e privati siano tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori disabili nella misura del 7% dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti. Di due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti, e di un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.
Con riferimento, invece, alle ulteriori categorie protette, l’art. 18 comma 2 fissa una quota di riserva pari all’1% sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati che occupano più di 150 dipendenti. E di una unità per coloro che hanno da 51 a 150 dipendenti. Individuate le cosiddette quote di riserva, occorre ora capire come determinare il dato dimensionale dell’organico aziendale per verificare se sussiste o meno l’obbligo assunzionale a carico del datore di lavoro.
Anche perché, come spiegato dal Ministero del Lavoro con circolare 2/2010, l’insorgenza dell’obbligo di assunzione di soggetti disabili si determina nel momento in cui il datore di lavoro si colloca per la prima volta in una delle fasce. Oppure passa a una fascia superiore, con incremento della base di computo che incide sulla quota di riserva.
La determinazione del computo
L’art. 4 detta un primo principio generale, secondo il quale vanno conteggiati tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato. In tale calcolo i lavoratori part-time vanno considerati in proporzione all’orario effettivamente svolto. Riferito alle ore lavorative ordinarie effettuate, con arrotondamento alla unità della frazione di orario superiore alla metà di quello normale. Il Ministero, con circolare 9/2004, ha ricordato come nel conteggio occorra considerare anche l’eventuale lavoro supplementare o quello prestato in virtù di clausole elastiche.
Quanto, invece, ai lavoratori assunti con contratto intermittente, vanno computati in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre. Questo quadro generale va coordinato con una serie di esclusioni di lavoratori. Alcune figure, infatti, pur essendo assunte con contratto di lavoro subordinato, non vanno conteggiate andando così a erodere la base di computo.
Si tratta di:
- lavoratori occupati ai sensi della legge 68/99;
- soci di cooperative di produzione e lavoro;
- dirigenti;
- apprendisti;
- lavoratori con contratto di somministrazione presso l’utilizzatore;
- assunti per attività da svolgersi all’estero per la durata di tale attività;
- soggetti impegnati in lavori socialmente utili;
- lavoratori a domicilio e di quelli interamente in telelavoro;
- personale viaggiante delle aziende di trasporto aereo, marittimo e terrestre, se esercenti attività di trasferimento di persone o cose e di quello direttamente adibito ai servizi, che assicurino l’esercizio e la regolarità dell’attività di trasporto degli impianti a fune, nonché quello di cantiere, con gli addetti al trasporto del settore edile;
- lavoratori del settore minerario;
- soccorritori del servizio di pronto soccorso;
- guardie giurate degli istituti di vigilanza privata.
Particolare anche il regime per i lavoratori assunti con contratto a termine, da computarsi esclusivamente se il contratto è superiore ai sei mesi e non siano assunti per sostituzione di altro lavoratore. Per le attività di carattere stagionale ex DPR 1525/63, i 6 mesi si calcolano sulla base delle corrispondenti giornate lavorative, anche non continuative, effettivamente prestate nell’arco dell’anno solare. L’Ispettorato, con nota 43/2018, ha spiegato che il predetto limite semestrale per gli operai agricoli, può arrivare fino al limite delle 180 giornate di lavoro annue.
Gli aspetti operativi del collocamento mirato
Veniamo ora agli aspetti operativi, che i datori di lavoro devono curare per dare attuazione al collocamento mirato e rispettare gli obblighi assunzionali. Innanzitutto, la mappatura del proprio organico. Si realizza attraverso l’invio telematico, tramite sistema messo a disposizione dal Ministero del Lavoro nel proprio portale “servizi” del sito clic.lavoro, di un prospetto informativo. Chiamato a individuare: il numero complessivo dei lavoratori dipendenti; il numero e i nominativi dei lavoratori computabili nella quota di riserva e i posti di lavoro e le mansioni disponibili per i lavoratori disabili.
La trasmissione deve avvenire entro il 31 gennaio di ogni anno con riferimento alla situazione occupazionale al 31 dicembre dell’anno precedente. Nell’ipotesi in cui, rispetto all’ultimo invio, non ci sono stati cambiamenti nella situazione occupazionale tali da modificare l’obbligo di legge o il computo della quota di riserva, il datore di lavoro non è tenuto a inviare il nuovo prospetto. A questo punto, il datore di lavoro, secondo quanto previsto dall’art. 7, procede all’assunzione del o dei lavoratori disabili. Mediante richiesta nominativa di avviamento agli uffici competenti o mediante la stipula di specifiche convenzioni, attraverso le quali, in modo pattizio e concordato sempre con gli uffici regionali del collocamento, si fissano tempi e modalità delle assunzioni, che il datore di lavoro si impegna ad effettuare.
Il datore di lavoro, da quando sorge l’obbligo, ha 60 giorni di tempo per procedere all’assunzione o alla stipula della convenzione. In difetto, gli uffici competenti avviano i lavoratori secondo l’ordine di graduatoria per la qualifica richiesta o altra specificamente concordata con il datore di lavoro sulla base delle qualifiche disponibili. Nell’ambito del termine di 60 giorni il datore di lavoro può rinunciare all’assunzione nominativa, richiedendo semplicemente l’avviamento numerico.
Sul punto va considerato con attenzione quanto spiegato dal Ministero con nota 970/2016, secondo il quale la richiesta di avviamento al lavoro si intende presentata anche attraverso l’invio agli uffici competenti dei prospetti informativi. In altre parole, se il prospetto informativo è presentato entro 60 giorni dal momento in cui sono obbligati all’assunzione, questo vale come richiesta di avviamento nominativa o numerica, fermo restando che, ove numerica, il datore di lavoro deve indicare la qualifica già concordata con gli uffici competenti.
Il sistema sanzionatorio
Gli obblighi derivanti dal collocamento obbligatorio sono, inoltre, garantiti attraverso un severo sistema sanzionatorio. L’obbligo di invio del prospetto informativo è sanzionato, in caso di omissione o ritardo, con una sanzione amministrativa di euro 702,43. La quale sarà maggiorata di euro 34,02 per ogni giorno di ulteriore ritardo. In tal senso i giorni si calcolano di calendario. Ancora più severa la sanzione prevista per la mancata copertura della quota di riserva. Secondo l’art. 15 comma 4, infatti, trascorsi 60 giorni dalla data in cui insorge l’obbligo di assunzione, per ogni giorno lavorativo non coperto per cause imputabili al datore di lavoro, quest’ultimo è tenuto al versamento al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili di 196,05 euro.
In tal senso è, comunque, possibile l’adozione di apposita diffida ex art. 13 Dlgs 124/2004. Volta a presentare agli uffici competenti la richiesta di assunzione o direttamente a stipulare il contratto di lavoro con la persona con disabilità avviata dagli uffici. Così facendo, il datore andrà incontro a una sanzione ridotta pari ad euro 49,01 per ogni giorno lavorativo di scopertura. Facendo riferimento all’articolazione oraria concretamente applicata dall’azienda.
Infine, il Decreto Direttoriale n. 154 dell’11 settembre 2023 ha definito le modalità di realizzazione e gestione di apposita piattaforma informatica delle buone prassi in materia di collocamento obbligatorio. Nonché le categorie e i criteri di selezione delle esperienze in essa pubblicate da parte di un gruppo di lavoro permanente istituito al Ministero del Lavoro, come previsto nelle Linee guida del DM n. 43 dell’11 marzo 2022.
* Mario Pagano è collaboratore della Direzione Centrale Coordinamento Giuridico dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Le considerazioni esposte sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere impegnativo per l’amministrazione di appartenenza.