di Giorgia Andrei |
Il VI Rapporto su welfare occupazionale e aziendale in Italia di Adapt, “Welfare for people”, è stato curato da Michele Tiraboschi, professore di Diritto del lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia, e promosso da Intesa Sanpaolo e dalla Scuola di alta formazione in relazioni industriali e di lavoro di Adapt.
La pubblicazione propone un’analisi e una mappatura dell’universo della contrattazione collettiva: 22 Ccnl nei settori metalmeccanico, chimico-farmaceutico, industria alimentare, terziario distribuzione e servizi e artigianato. Nonché dei principali sistemi bilaterali costituiti dalle parti sociali. Particolari focus, il welfare occupazionale nel comparto artigiano, l’approfondimento sulla Regione Lazio e quello sul rapporto tra salute e lavoro.
Adapt ha lavorato sulla banca dati del Cnel (per i contratti nazionali di lavoro) e sulla piattaforma fareContrattazione, realizzata dal suo centro studi, contenente oltre 5.000 tra contratti aziendali e territoriali.
Welfare e relazioni industriali
Come scrive Tiraboschi nella presentazione del rapporto, Adapt ha svolto lo studio scegliendo come chiave di lettura quella delle “dinamiche dei sistemi di relazioni industriali”. È questa, secondo il curatore, una prospettiva insolita, “complice la crisi dei corpi intermedi e degli attori della rappresentanza”. Ma “imprescindibile rispetto a misure che, non a caso, sollecitano gli sviluppi del welfare non nella tradizionale dimensione pubblicistica ma in quella propria dei rapporti di produzione e di lavoro”.
L’intenzione è indagare sugli effetti delle iniziative di welfare che “cercano di intrecciare un modo moderno di fare impresa con una idea ancora forte e tecnicamente precisa di welfare. Quale risposta, cioè, a un bisogno reale di sicurezza di persone, comunità e settori produttivi”. Visto da questa prospettiva, il welfare, dice Tiraboschi, “si inserisce nelle dinamiche della nuova grande trasformazione del lavoro. Le quali legano i sistemi contrattuali e di lavoro a quelli del welfare (pubblico e privato) dentro il più ampio contenitore del welfare occupazionale. Andando oltre i semplici confini fisici della singola impresa, tanto da incidere profondamente sulle logiche della produttività e non solo su quelle redistributive. Questo fino al punto di concorrere in termini strutturali alla riscrittura dello scambio lavoro contro retribuzione”.
In quest’ottica, infine, la diffusione del welfare aziendale nelle imprese va vista come la risposta degli attori del sistema di relazioni industriali alle trasformazioni che stanno interessando il mondo del lavoro. Ormai svincolato dal paradigma del Novecento.
Livelli di contrattazione e modelli di welfare
Sul piano nazionale, il Rapporto osserva una generale valorizzazione degli strumenti bilaterali nel campo della previdenza complementare e dell’assistenza sanitaria integrativa. I grandi fondi nazionali di categoria costituiscono gli strumenti di riferimento per l’implementazione di misure integrative destinate a tutti i lavoratori del settore. Seppure con meccanismi di adesione e incentivazione differenti.
Nel settore metalmeccanico, ad esempio, le parti hanno introdotto ulteriori strumenti che aprono possibili spazi di intervento a diversi operatori di mercato. Si tratta dei flexible benefit, che consistono nella quota di credito welfare che le aziende sono tenute a erogare ai propri dipendenti alla luce dell’applicazione di un determinato contratto collettivo, per mezzo di piattaforme di servizi gestite dai provider di welfare aziendale.
Al livello di negoziazione aziendale, nei tre settori industriali analizzati (metalmeccanico, chimico-farmaceutico, alimentare), attraverso la contrattazione si definiscono non solo i trattamenti integrativi rispetto alle previsioni del contratto nazionale, ma anche la modulazione degli istituti contrattuali e bilaterali definiti a livello nazionale in base alle specifiche esigenze dei lavoratori e delle aziende. Soprattutto in riferimento alla flessibilità organizzativa, volta a garantire una maggiore conciliazione tra vita privata e professionale dei lavoratori.
Nel settore terziario, invece, la contrattazione aziendale è ancora scarsamente diffusa, in ragione delle caratteristiche dimensionali delle imprese. Anche se è in parte compensata dalla presenza di un radicato sistema di enti bilaterali territoriali, le cui attività ricomprendono anche importanti misure di welfare.
Che cosa succede sul territorio
A livello territoriale emergono alcuni fabbisogni in linea con il dato nazionale, connessi principalmente ai cambiamenti demografici. Tra i più diffusi vi sono quelli legati alla conciliazione tra vita privata e vita professionale. Un ruolo di primo piano viene svolto dalla contrattazione aziendale, che in dati territori, come quello bresciano e cuneese, e in alcuni settori, metalmeccanico e chimico-farmaceutico, ha portato a un aumento della diffusione di piani di welfare articolati. Mediante i quali sono riconosciute diverse prestazioni dal carattere ridistributivo-concessivo.
La contrattazione aziendale è anche un canale privilegiato per il riconoscimento di misure di welfare aziendale. Vista la diffusione sostenuta di accordi che disciplinano il premio di produttività. In questi casi, spesso, è infatti prevista la convertibilità totale o parziale degli importi in strumenti di welfare di cui all’art. 51, commi 2 e 3, Tuir, favorita anche dal riconoscimento del bonus di conversione. Nel territorio invece delle Province di Modena, Reggio Emilia e Parma, in relazione al settore dell’industria alimentare, è stata registrata la diffusione di misure di welfare volte a facilitare una maggiore conciliazione tra vita professionale e vita privata e misure di miglior favore rispetto al welfare contrattuale previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro.
Il welfare bilaterale sviluppato dalle parti sociali, soprattutto laddove il tessuto produttivo è più polverizzato, garantisce il riconoscimento e l’erogazione di misure di welfare per i lavoratori impiegati in aziende dove la contrattazione di secondo livello è assente. Come nel settore terziario, distribuzione e servizi e nel comparto artigiano. Il fenomeno è particolarmente interessante. Infatti, a differenza di quanto previsto dalla normativa fiscale in materia di welfare aziendale (erogato in forza di un regolamento o un contratto collettivo di secondo livello), qui non sono previste agevolazioni né per l’ente erogante né per i lavoratori.
Si rileva, infine, una certa diffusione di forme di welfare di comunità. In questo caso le parti sociali e diversi attori territoriali, come gli enti istituzionali, si uniscono e promuovono misure di welfare a supporto del tessuto produttivo e dell’intero ecosistema territoriale.