Dal welfare al wellbeing

Secondo la ricerca di The European House-Ambrosetti e Jointly, un piano di corporate wellbeing ben strutturato può avere per il collaboratore un valore 4,5 volte superiore rispetto alla spesa dell’azienda e indubbi vantaggi per il benessere personale

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Passare al corporate wellbeing conviene

Con il corporate wellbeing il welfare aziendale può fare un salto di qualità, passando da puro beneficio fiscale a strategia di benessere organizzativo e personale.

Questa nuova modalità di ascolto e supporto dei collaboratori consente di aumentare il loro engagement e la loro produttività, insieme alla competitività dell’impresa. È questa una delle considerazioni emerse dalla ricerca “Una nuova visione di corporate wellbeing: un valore per la strategia retributiva, una leva fondamentale di attraction ed engagement” realizzata da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Jointly.

Lo studio ha analizzato l’impatto delle strategie di corporate wellbeing sulle aziende italiane. Secondo i risultati, il beneficio che un collaboratore ottiene dai diversi servizi integrati all’interno di un piano di corporate wellbeing, un piano incentrato cioè sul benessere organizzativo e personale (ad esempio asili nido, campus estivi, sportello psicologico, servizi a supporto della famiglia, ricreativi e di prevenzione) supera di oltre quattro volte il valore economico dell’investimento sostenuto dall’impresa. Per esempio, a fronte di una spesa media dell’azienda di 2.500 euro pro capite, il valore reale per il collaboratore è di oltre 11.000 euro. Nell’ipotesi che tutti i collaboratori in Italia avessero a disposizione questo tipo di soluzioni, si potrebbe ottenere un incremento della spesa delle aziende fino a 45,3 miliardi di euro, con un valore di mercato fino a 204 miliardi di euro.

Le nuove sfide del mondo del lavoro

Le aziende italiane si trovano oggi a fronteggiare un alto costo del lavoro, una ridotta produttività e una scarsa motivazione delle persone. I lavoratori italiani sono infatti tra i meno ingaggiati (solo il 5%) e tra i più esposti a rischio di stress sul luogo di lavoro (il 46% si dichiara “molto stressato”).

Questo ha portato al fenomeno delle “grandi dimissioni”, che anche in Italia ha riguardato oltre 2,2 milioni di persone solo nel 2022. La motivazione di chi cambia lavoro riguarda la scarsa attenzione dell’impresa verso il benessere individuale e il work-life balance. Nell’assetto organizzativo delle imprese emerge sempre più un senso di insoddisfazione diffuso dei lavoratori che travalica la sfera professionale per estendersi alle condizioni di salute psico-fisica (burnout). Il peggioramento dello stato psicofisico dell’individuo comporta minore produttività e peggiori condizioni sul luogo di lavoro.

I numeri del welfare

Nell’attuale scenario, le aziende hanno sempre più difficoltà a trovare e trattenere i lavoratori. Le imprese italiane hanno provato a rispondere a queste nuove sfide organizzative inserendo nei contratti aziendali unnumero sempre maggiore di misure di welfare. A gennaio 2024, secondo i dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il 61,1% dei contratti aziendali prevedeva questo tipo di misure (erano il 17% nel 2016 e il 57,4% nel 2020). Incentrate però per la maggior parte su benefici fiscali. Supporti reddituali però, ancora lontani dall’essere uno strumento strategico per il supporto al benessere organizzativo e personale. Un welfare così strutturato risulta meno efficace per le imprese e i collaboratori.

I vantaggi di un vero corporate wellbeing

La stragrande maggioranza (80%), infatti, dichiara di aspettarsi dall’azienda misure di benessere più specifiche e utili, come servizi di assistenza, salute, istruzione e prevenzione. Ovvero, quello che viene chiamato corporate wellbeing. Quando questi interventi sono implementati in modo organico all’interno della people strategy, permettono di ottenere effetti importanti sul coinvolgimento dei propri collaboratori.

Secondo i dati, un piano di welfare aziendale incentrato sul benessere organizzativo e delle persone, in modo organico e coerente, permette di aumentare l’engagement dei dipendenti fino al 30% e di incidere sul livello di soddisfazione dei lavoratori. A livello economico, inoltre, può offrire un supporto alla copertura o all’ottimizzazione delle spese delle famiglie italiane.

In un’ottica di sistema Paese, una maggiore offerta di servizi porterebbe anche a un alleggerimento dei costi dell’assistenza e della previdenza pubblica. Oggi, infatti, un terzo (37,6%) delle entrate economiche di una famiglia è rappresentato proprio dai versamenti o rimborsi da parte dello Stato. I quali rappresentano la seconda voce dopo la remunerazione da lavoro con 56,3%. Allo stesso tempo, le prestazioni da welfare privato rappresentano solo il 2,7% del totale, e si suddividono in prestazioni assicurative e dei fondi complementari, altre prestazioni monetarie del welfare occupazionale e aiuti personali.

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