Innovazione come sinonimo di sostenibilità

Barbara Cimmino, cofondatrice del gruppo Yamamay e responsabile della Corporate Social Responsibility e dell’Innovazione, affronta in questo dialogo tematiche che spaziano dall’innovazione alla sostenibilità, dalla formazione alla leadership

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Barbara Cimmino di Yamamay el premio Asfor

di Marco Vergeat | Un’azienda moderna e orientata al futuro, che ha nel capitale umano il suo punto di forza: parliamo di Yamamay, impresa nata nel 2001, oggi tra i marchi leader nella vendita al dettaglio di intimo, corsetteria, lingerie, costumi da mare, abbigliamento e accessori. Una realtà che rappresenta un esempio virtuoso di capitalismo familiare.

In occasione del XIII Leadership Learning Lab Asfor, Barbara Cimmino, cofondatrice del gruppo Yamamay e attualmente responsabile della Corporate Social Responsibility e dell’Innovazione di Processo e di Prodotto, è stata insignita dell’Asfor–Isvi Award “Excellence Innovation” 2023. Il riconoscimento premia la capacità di promuovere processi di innovazione, creando valore e generando un impatto reale nell’impresa e nella società. Viene assegnato a personalità la cui visione coniuga la cultura imprenditoriale, manageriale e organizzativa con la valorizzazione del capitale umano, restituendo così senso alla missione dell’azienda e significato al lavoro di ciascuno.

Lei è un’appassionata sostenitrice della sostenibilità e dell’innovazione nell’industria. Quale intuizione e quali valori vi hanno ispirato nel progetto Yamamay?

L’idea è nata da mio fratello Gianluigi, che nel 2001 ci ha proposto di iniziare questa nuova avventura. Coraggio, cuore, e testa sono stati gli elementi importanti sin dall’inizio. Siamo partiti dalla consapevolezza che, quando in un settore del mercato esiste un player molto forte, c’è sempre spazio per un secondo nome, che può competere con armi simili o, come nel nostro caso, con armi diverse.

Questo ci ha spinti a scegliere un posizionamento di stile in sintonia con i cambiamenti in atto nella società. Siamo partiti con un investimento non solo economico, ma del nostro know-how. E abbiamo puntato con decisione sul capitale umano. Il tema del sogno, del purpose, l’importanza della sua condivisione: è stato tutto chiaro sin dal principio. Siamo riusciti a coinvolgere tante persone nel nostro sogno.

Un fattore determinate nella valorizzazione del fattore umano è l’Academy, avviata più di vent’anni fa e teatro di scelte innovative. Ce ne vuole parlare?

Per i primi cento negozi, nei primissimi mesi di vita di Yamamay, abbiamo conosciuto e assunto tutte le persone che venivano a lavorare con noi. È stato un lavoro che non aveva a che vedere con le competenze, ma con i valori culturali e umani. Già allora sapevamo che la persona più adatta a lavorare con te non è quella con più competenze, ma quella che condivide il tuo sogno, i tuoi valori e i tuoi principi. Sulle competenze si può lavorare.

Queste prime persone ci hanno aiutato nelle attività dell’Academy che è nata subito, nel 2001. La particolarità è stata quella di far lavorare insieme persone interne all’azienda e docenti esterni. Credo che accostare persone che vivono le sfide del mercato e altre che studiano e ragionano sui macro trend sia il mix ideale per accompagnare le persone, sia in fase di inserimento sia nella formazione continua.

Abbiamo utilizzato la tecnologia e ottenuto un riconoscimento importante. Nel novembre 2022 a Bruxelles abbiamo presentato ad alcuni membri della Commissione Europea la nostra YamaUp. Il tool di formazione a distanza che ci ha permesso di continuare l’attività con le nostre persone nel periodo pandemico. Il tema della formazione è centrale, ci crediamo tutti tantissimo. Con il Pact for Skills, dall’Europa è arrivato un invito a ragionare sull’upskilling, il reskilling e l’inclusione.

L’Academy Retail oggi è un elemento indispensabile per chi opera nel nostro settore. La nostra è una customer company, non può privarsi di una relazione continua col cliente. E se 20 anni fa bastavano pochi solleciti, oggi è più difficile trovare l’ingaggio. Il nostro impegno per rendere l’esperienza di vendita affascinante, seduttiva, è sempre stato molto strutturato: abbiamo creato manuali, perché valori e principi sono centrali, ma servono anche regole rigorose.

Lei è responsabile dell’innovazione e della sostenibilità. Quali sono i collegamenti fra i due mondi e quali priorità vede per il vostro settore?

La duplice transizione è una grandissima opportunità per l’Europa. Sono un’europeista convinta. Il tessile, dopo le auto, è il settore più impattato dalla transizione perché è tra quelli che incidono di più sull’ambiente. Il nostro lavoro ha a che vedere con sedici direttive e regolamenti che saranno probabilmente conclusi, esclusa la due diligence, prima della fine del mandato di questo Parlamento. Parliamo di processi che hanno una timeline lunga, al 2030, ma li vedremo nelle nostre aziende già nei prossimi tre anni.

Lo Strategy for Sustainable and Circular Textiles ci impone di adottare un sistema di produzione circolare, mentre il Transition Pathway indica le linee guida industriali per farlo. Sappiamo che dobbiamo lavorare sulla decarbonizzazione di processi e prodotti. La grande parte l’abbiamo vista con il calcolo dello Scope 3. Sappiamo che con ogni nostro prodotto impattiamo al 65% solo con i materiali. Sarà indispensabile fare scelte virtuose, applicare l’ecodesign per rendere i prodotti circolari. E comunicare in modo più diretto, trasparente, autentico con il cliente finale. Ci siamo portati avanti facendo leva sul digitale come fattore abilitante, con una piattaforma di Plm (ndr: Product Lifecycle Management) molto evoluta. Penso che informazioni ben strutturate diano la possibilità ai clienti di fare delle scelte più consapevoli.

Il mondo del lavoro è attraversato da inquietudini e aspettative. Qual è, secondo lei, l’impegno degli imprenditori, dei manager e delle funzioni HR?

Cito una famosa frase di Nelson Mandela: “l’educazione è l’arma più potente della quale disponiamo per cambiare le cose”. Dobbiamo avere la capacità di ascoltare i giovani. Dobbiamo osservare e imparare dalla dialettica generazionale. Le energie impegnate nel formare le nuove sono un lievito positivo che fa crescere l’intera società. Gli imprenditori devono lavorare su sé stessi per arrivare a quella leadership condivisa oggi indispensabile per raggiungere obiettivi e risultati.

Quando le persone sono state “curate” nel modo giusto possono contribuire a creare un ambiente di fiducia: la produttività è la semplice conseguenza della felicità personale. Per quanto riguarda le Risorse Umane, vedo l’organizzazione HR come un team costituito da tre manager. Una persona che curi tutti gli aspetti organizzativi e i processi, una persona che abbia in carico le persone e un esperto di IT o digitale. Nel settore tessile già abbiamo trentotto mestieri che non sono più coperti. Il 90% delle attività ha bisogno di attività legate al digitale e circa il 70% delle persone ha già difficoltà a vivere nella propria azienda per problematiche legate al digitale.

La sfida per questo team delle Risorse Umane è quella di lavorare per contribuire a creare un management partecipativo.


* L’intervista è un estratto di quella realizzata da Marco Vergeat, presidente di Asfor, in occasione del XIII Leadership Learning Lab Asfor e pubblicata in forma integrale su formaFuturi, nel numero dicembre 2023-gennaio 2024.

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