Motherhood penalty: essere mamme significa guadagnare meno

Secondo Fondazione Libellula, in Italia più di 8 mamme su 10 sono colpite dal gender pay gap, divario che rimane comunque anche tra donne e uomini senza figli

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Motherhood penalty

Tra motherhood penalty, divario retributivo e discriminazioni sul posto di lavoro.

La versione moderna della Festa della Mamma nasce con l’attivista americana Anna Jarvis. Fu lei a organizzare nel 1908 le celebrazioni ufficiali, tra West Virginia e Filadelfia, scegliendo la seconda domenica di maggio per onorare l’anniversario della morte di sua madre. Lo scopo era istituire una festa dedicata alla mamma, che potesse “commemorarla per il servizio impareggiabile che ella rende all’umanità in ogni campo della vita”.

Ruolo dunque prezioso quello delle madri, anche nella nostra epoca, caratterizzata dalla rapidità dei cambiamenti e dalla fluidità delle relazioni. Proprio per questo, non è possibile ignorare le discriminazioni che spesso devono fronteggiare sul posto di lavoro. Si pensi per esempio al fenomeno, sempre più diffuso a livello globale, della motherhood penalty, per cui la retribuzione delle donne diminuisce una volta diventate madri. Spesso in virtù della loro maggiore propensione al lavoro di cura e al mancato supporto da parte delle aziende.

Motherhood penalty e dati sulla retribuzione

Tutto questo infatti accentua il fenomeno del gender pay gap. Secondo il Gender Pay Gap Report, ripreso anche da Forbes, le madri lavoratrici guadagnano 75 centesimi per ogni dollaro pagato ai padri. Divario che permane anche tra uomini e donne senza figli: 88 centesimi. Ugualmente, uno studio ripreso da CNBC evidenzia che la motherhood penalty è ancora più pronunciata nelle famiglie con donne come “capofamiglia”. Nonostante guadagnino più dei partner, subiscono un calo del 60% del compenso prima del parto.

Il trend globale si conferma anche a livello nazionale. La survey L.E.I. (Lavoro, Equità, Inclusione) 2024 di Fondazione Libellula, che ha coinvolto 11.201 donne, evidenzia che l’84% delle madri con figli al di sotto dei 3 anni è toccata dal gender pay gap. Il 60% delle donne dichiara comunque di avere una retribuzione inferiore rispetto al collega uomo, a parità di ruolo, responsabilità e anzianità di servizio.

Tuttavia, divario non è solamente economico, ma anche professionale. Il 75% delle madri rallenta il percorso di crescita, con una percentuale maggiore se minore è l’età dei figli e maggiore il loro numero. Spesso, infatti, le madri optano per impieghi part-time che permettano loro di prendersi cura dei figli o addirittura lasciano il lavoro se i bambini sono troppo piccoli. Scenario aggravato dalle discriminazioni che le madri subiscono sul posto di lavoro. Quasi 7 donne su 10 sono venute a conoscenza, direttamente o indirettamente, di allusioni e commenti negativi legati alla maternità in azienda. Queste situazioni riguardano perlopiù donne con figli al di sotto dei 3 anni e i settori sanitario e legale. Oltre a essere prevalentemente diffuse in Lazio e Veneto.

5 consigli per un ambiente di lavoro attento alle madri

Cosa possono fare le aziende per creare ambienti inclusivi e rispettosi delle madri lavoratrici? Da Fondazione Libellula, 5 consigli utili.

  1. Adottare politiche aziendali che favoriscano l’equilibrio vita privata e lavoro, come l’estensione dei congedi parentali, l’adozione di benefit economici o di una maggiore flessibilità, contemplando per esempio la possibilità di forme di lavoro ibrido.
  2. Supportare le neo-mamme e i neo-papà con group coaching e counseling, favorendo il confronto tra i generi per sviluppare una visione dell’esperienza più articolata e approfondita e che consideri le diverse prospettive in gioco.
  3. Creare una community dei genitori presenti in azienda, attraverso cui le persone possono attivare colleghi e colleghe per cercare la risoluzione di problemi pratici o un confronto su specifiche esperienze.
  4. Organizzare dei workshop formativi per manager al fine di superare visioni limitanti circa la genitorialità sul posto di lavoro, ascoltando le diversità nel team e facilitando i processi comunicativi.
  5. Promuovere dei workshop formativi per i ruoli HR con l’obiettivo di accrescere la loro consapevolezza sui bisogni della fase di pre e post e sviluppare la capacità di accompagnare i neogenitori nel percorso di rientro in azienda.

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