Un’alleanza fra generazioni per l’Italia del futuro

Rettore dell’Università Bocconi di Milano, Francesco Billari ci offre spunti interessanti sulle sfide e le opportunità che le università e la società devono affrontare per creare un clima di fiducia per le generazioni future

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Francesco Billari, professore di Demografia nonché rettore dell’Università Bocconi di Milano, propone una visione innovativa e proattiva sul futuro

di Andrea Crocioni e Mauro Meda |

Nella sua ultima opera “Domani è oggi. Costruire il futuro con le lenti della demografia”, pubblicata dall’editore Egea nel 2023, Francesco Billari, professore di Demografia nonché rettore dell’Università Bocconi di Milano, propone una visione innovativa e proattiva sul futuro dell’Italia.

Esplorando le potenzialità di un nuovo approccio multidisciplinare in grado di abbracciare anche la demografia e l’istruzione. Ma in che modo le istituzioni educative possono contribuire alla costruzione di un futuro che non solo sia in grado di accogliere, ma anche di valorizzare al massimo i giovani, promuovendo un’istruzione consapevole delle realtà sociali emergenti e delle necessità di un mondo in rapido cambiamento?

Con questa intervista abbiamo cercato di rispondere a questo interrogativo. La prospettiva di Francesco Billari, che unisce l’esperienza accademica nel campo della demografia con la visione strategica di una delle più prestigiose istituzioni educative italiane, offre una panoramica illuminante sulle sfide che le università e la società nel suo insieme devono affrontare per creare un clima di fiducia e possibilità per le generazioni future.

Il Presidente Mattarella ha sottolineato che la coesione sociale del Paese si misura sulla capacità di dare futuro alle nuove generazioni, creando un clima di fiducia. Quali sono le prospettive viste dal suo osservatorio di Rettore dell’Università Bocconi e studioso di demografia?

Chi si occupa di creare un futuro per le nuove generazioni, come l’università, non può che concordare con Mattarella. Il nostro compito è dare ai giovani un’istruzione che non sia solo di qualità, ma che sia consapevole della realtà sociale in cui le nuove generazioni crescono. Tuttavia, affinché i giovani abbiano fiducia in noi e nelle istituzioni, è necessario che noi ne diamo a loro. Troppo spesso lo sport nazionale è lamentarsi dei giovani, mentre è fondamentale credere in loro e aiutarli, attraverso l’istruzione, a esprimere tutto il loro potenziale. Da demografo aggiungo che, vista la transizione demografica che li vede sempre meno numerosi che nel passato rispetto alle fasce di popolazione di età più avanzata, il puntare su di loro diventa un aspetto chiave in prospettiva futura.

Cosa bisogna fare per generare alleanze trasversali fra le cinque generazioni oggi operative nelle organizzazioni? Quanto può essere importante per i giovani avere dei role model, dei maestri?

Viviamo nel primo momento storico in cui esiste una effettiva convivenza tra diverse generazioni nelle nostre società. A maggior ragione, siamo nel primo momento storico in cui ciò avviene anche nel lavoro, un mondo che a sua volta è caratterizzato da un’accelerazione notevolissima dello sviluppo tecnologico. Questo significa che oggi, nelle organizzazioni, l’alleanza trasversale tra generazioni – che è fondamentale, sia chiaro – non può più essere solo unidirezionale, dall’alto al basso, dai lavoratori più anziani a quelli più giovani. Oggi, proprio sull’onda del cambiamento tecnologico, esiste un interscambio tra giovani e meno giovani che viaggia in entrambe le direzioni. Questa grande novità sociale deve essere ricreata anche all’interno delle organizzazioni del mondo del lavoro e nel senso stesso del lavoro.

Con l’aumentare dell’aspettativa di vita e la conseguente prolungata permanenza nel mercato del lavoro, come pensa che il purpose evolverà nel corso della vita delle persone e come influenzerà le loro decisioni?

La maggiore durata della vita e una prolungata permanenza nel mondo del lavoro hanno due conseguenze. La prima è che diventa ancora più importante l’idea di combinare lavoro e benessere, il cosiddetto work-life balance, perché il lavoro ci accompagna sempre di più lungo tutto il corso della nostra vita adulta. La seconda conseguenza è che c’è sempre più spazio per il lifelong learning. Per apprendere nuove cose e riqualificarsi e, quindi, anche per immaginare di cambiare traiettoria.

A maggior ragione quando, come sta avvenendo, si unisce la variabile del cambiamento tecnologico, che può distruggere alcune tipologie di lavori. Rispetto al passato, oggi abbiamo molto più bisogno di studiare a lungo ed entrare nell’ottica di cambiare lavoro nel corso della vita. Ma sia chiaro: questa non è una brutta cosa, è un’opportunità. Se un tempo, tra due o tre possibili traiettorie ci trovavamo a dover scegliere per forza, adesso possiamo anche mettere in linea queste aspirazioni e passare dall’una all’altra. La discriminante, tuttavia, è che non dobbiamo mai smettere di aggiornarci e formarci.

Alla luce delle tendenze demografiche, quali strategie adottare per motivare le diverse generazioni?

Per coinvolgere e motivare generazioni diverse possiamo sfruttare proprio il fatto, come accennavo prima, che ciascuna generazione ha da imparare dalle altre. Secondo me sarà una ricchezza il fatto di non aver più un approccio gerarchico, ma uno scambio più bidirezionale e (quasi) simmetrico.

Considerando il ruolo crescente della tecnologia e la sua influenza sulle nuove generazioni, in che modo le organizzazioni possono integrare il purpose nel loro approccio alla digitalizzazione e all’innovazione?

Sui temi di digitalizzazione, di inclusione e di attenzione per l’ambiente e per il pianeta è fondamentale integrare sempre di più il punto di vista delle nuove generazioni. Non possiamo permetterci di non farlo. Ma non è tutto: questo approccio diventa un elemento essenziale per la sopravvivenza stessa delle organizzazioni. Chi oggi non sceglie di orientarsi verso la digitalizzazione, la sostenibilità e l’attenzione alla diversità mette a repentaglio la sua stessa esistenza. Le imprese che non lo fanno non sopravviveranno.

Guardando al futuro si sta creando una società sempre più polarizzata. Perché è importante che l’università sia davvero una comunità al servizio dell’inclusione e un fattore in grado di sbloccare le energie del Paese?

Attenzione: è vero che la polarizzazione, intesa come disuguaglianza, sta aumentando nei singoli Paesi. Tuttavia, se adottiamo un approccio globale, ci accorgiamo che in realtà la disuguaglianza sta diminuendo. Questa non è una notazione banale perché spesso tendiamo a guardare solo la nostra società, mentre una prospettiva più allargata, che tenga conto ad esempio dell’India o del continente africano, rivela un risultato diverso.

Detto questo e andando al ruolo della formazione, affinché l’università sia una comunità al servizio dell’inclusione, è fondamentale che possa essere accessibile a tutti. Ciò ovviamente non significa che ogni singola università possa necessariamente accogliere tutti. Per garantire qualità dell’insegnamento e creare una comunità che possa realmente sbloccare le energie e le qualità degli studenti ogni università deve essere conscia della dimensione che può gestire.

La cultura e la formazione manageriale stanno attraversando una fase di grande evoluzione, condizionata da globalizzazione, digitalizzazione, AI e nuova centralità delle persone. Quali sono le sfide per generare una leadership capace di “guidare i futuri”?

Alla luce della trasversalità del cambiamento tecnologico la sfida prioritaria sarà mantenere una formazione solida di base, ma superare gli steccati disciplinari. In futuro dovremo essere in grado di generare una leadership che sappia come funziona la società, che sappia gestire le persone e sia a suo agio con la tecnologia. In una parola, multidisciplinare. Quindi, dal lato della formazione, la sfida è coniugare una solida preparazione anche tecnica con il mantenimento di un orientamento sociale ed economico. Da questo punto di vista, l’ibridazione dei corsi sarà sempre più importante. Al contrario, oggi il nostro sistema universitario è spesso organizzato per silos disciplinari che non comunicano tra loro.

Chi è Francesco Billari

Francesco Billari, professore di Demografia e rettore dell’Università Bocconi di MilanoFrancesco Billari è professore di Demografia e dal novembre 2022 rettore dell’Università Bocconi di Milano, dopo aver ricoperto il ruolo di Dean for Faculty. È stato docente presso l’Università di Oxford e il Nuffield College e presso l’Istituto Max Planck per al ricerca demografica. I suoi lavori sono stati pubblicati su importanti riviste scientifiche di demografia, economia, epidemiologia e sanità pubblica, geografia, sociologia e statistica. Ha lavorato in numerosi progetti internazionali e attualmente è il PI dell’European Research Council Advanced Grant.

È stato presidente e segretario generale della European Association for Population Studies e ha ricevuto il “Clogg Award” dalla Population Association of America nel 2012. È Fellow della British Academy ed Affiliate della Population Studies Center, Università della Pennsylvania. Nel 2023 ha pubblicato “Domani è oggi. Costruire il futuro con le lenti della demografia”.


* L’intervista è stata pubblicata sul numero di febbraio-marzo di formaFuturi, il magazine di cultura e formazione manageriale di Asfor e Apaform

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