di Dalila Melis |
Nella società odierna la vera ricchezza è il “tempo” che sta sempre più diventando un elemento di negoziazione nei contratti aziendali.
Interventi significativi per conciliare al meglio la vita lavorativa con quella privata si sono avuti soprattutto col Decreto Legislativo 105/2022. Il cosiddetto work-life balance persegue – in attuazione della direttiva UE 2019/1158 che mira ad agevolare la conciliazione tra lavoro e vita familiare per i lavoratori che sono genitori o prestatori di assistenza – l’obiettivo di garantire un buon equilibrio tra vita privata e lavorativa.
In cerca di equilibrio vita-lavoro
Nelle aziende più virtuose il work-life balance rappresenta un elemento distintivo nel sistema di “employer branding”. Finalizzato alla promozione di un’immagine positiva aziendale anche attraverso la retention dei talenti, ovvero la fidelizzazione dei collaboratori, oltre che come fattore di benessere organizzativo in grado di migliorare la produttività. Affinché il work-life balance funzioni, è necessaria una cultura basata sulla fiducia e sull’orientamento al risultato. Unita a una strategia complessiva che valorizzi le persone e le diverse necessità nel ciclo di vita lavorativo.
Si tratta principalmente di prevedere una flessibilità dell’orario lavorativo, promuovere il lavoro agile, assicurare un buon sistema di welfare aziendale, dare un’attenzione maggiore alla qualità della vita dei dipendenti. Anche nel rispetto del tempo libero e del diritto alla disconnessione, con un notevole giovamento produttivo oltre che psicofisico. Capita sempre più spesso, infatti, che la gestione dei troppi impegni quotidiani e con ritmi frenetici, tipici soprattutto delle grandi città, finisca per comportare stress, frustrazione, tendenza alla procrastinazione, disturbi del sonno, irritabilità, difficoltà di concentrazione e problemi relazionali. Fino ad arrivare alla cosiddetta sindrome da “burnout”.
Il raggiungimento del work-life balance è ormai imprescindibile per le organizzazioni che vogliono definirsi “socialmente responsabili” in termini di Esg (Environmental, Social, Governance). Quell’insieme di criteri, calcolati in base ai dati relativi alle risorse immateriali, che indicano la sostenibilità, l’etica sociale e la gestione efficace di un’azienda.
Smart working e part-time
Il miglioramento del work-life balance si attesta tra le principali ragioni che spingono le persone a cambiare lavoro. Ed è l’aspetto prioritario nella scelta di un’azienda, insieme all’atmosfera piacevole sul posto di lavoro, al compenso, ai fringe benefit e alla possibilità di lavorare da remoto. Il legislatore era già intervenuto facilitando l’accesso al lavoro agile per alcune categorie di lavoratori. Secondo quanto previsto dall’art. 18 comma 3-bis della Legge 81/2017, riscritto dall’art. 4, comma 1, del sopra citato D.Lgs.105/2022 sulla conciliazione vita-lavoro.
Lo smart working riflette un nuovo paradigma culturale del lavoro che si basa su tre dimensioni:
- “dimensione fisica”, che comprende tutti gli aspetti legati all’ambiente di lavoro e all’organizzazione degli spazi, con l’obiettivo di creare ambienti flessibili orientati alla collaborazione e al benessere delle persone;
- “dimensione tecnologica”, che comprende tutti gli aspetti relativi all’adozione e all’utilizzo delle nuove tecnologie che consentono ai lavoratori di comunicare coi propri colleghi da qualsiasi luogo, avendo la possibilità di accedere alle informazioni di cui hanno bisogno per lavorare anche se non sono fisicamente presenti in ufficio;
- “dimensione personale”, che comprende tutti gli aspetti riguardanti le modalità con cui il lavoratore concorda e organizza il proprio lavoro orientato soprattutto al raggiungimento degli obiettivi.
La normativa sul lavoro agile ha portato un cambiamento del modello organizzativo lavorativo che deve basarsi su un rapporto di delega, fiducia e responsabilizzazione. Vengono restituite alle persone flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di un’ottimizzazione dei risultati. Appare pertanto evidente quanto sia importante a tal proposito diffondere la giusta cultura in azienda. In casi particolari si ha anche la possibilità di poter trasformare il contratto a tempo parziale.
Il lavoratore che richiede di fruire del lavoro agile o di trasformare il contratto a tempo pieno in part-time non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro.
Genitorialità e Family Act
Ulteriori novità a tutela della genitorialità vengono anche dai decreti legislativi attuativi della Legge 32/2022, nota anche come ”Family Act”, focalizzati sulla centralità della famiglia. Si tratta di una delle riforme, di accompagnamento all’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, destinate a realizzare l’equità sociale e il miglioramento della competitività del sistema produttivo. Per contrastare la denatalità, il Governo ha pensato di sostenere le famiglie con misure atte a favorire la conciliazione di lavoro e cura dei figli a carico di entrambi i genitori. Purtroppo, la delega al Governo per l’attuazione del Family Act è scaduta il 12 maggio 2024 e con essa gli interventi in programma.
La violazione dei diritti riconosciuti ai genitori, tra cui il lavoro agile, impedisce il conseguimento della Certificazione della parità di genere, art. 46-bis del Decreto Legislativo198/2006, che comporta una serie di benefici alle aziende. Importante, come si evince dalle linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere (Uni/PdR 125/2022, introdotta dal Pnrr), nel valutare il grado di maturità di un’organizzazione, in materia di tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro.
Si considera, in particolare, la presenza dei seguenti Kpi:
- servizi di sostegno alla genitorialità: smart working, part-time, asilo nido aziendale o servizi di babysitting, benefit (assicurazione sanitaria, programmi di fitness, supporto psicologico attraverso gruppi o coaching), ecc.
- politiche per valorizzare la genitorialità: formazione o aggiornamenti su nuove tecnologie e procedure secondo gli interessi personali e aziendali; modelli gestionali che evitino discriminazioni basate sullo status genitoriale o sulla gravidanza, ecc.
Queste iniziative che tutelano la genitorialità sul lavoro (parenting at work), possono aumentare la soddisfazione dei dipendenti, ridurre l’assenteismo e migliorare la redditività dell’azienda. È necessario adottare tutti gli strumenti necessari a sostenere la natalità, la maternità e la parità di genere. Importante a tal proposito anche la disciplina del congedo di paternità ora “obbligatorio”. Cui si affiancano quello alternativo, previsto in casi estremi, e altri congedi parentali che devono essere garantiti e agevolati per entrambi i genitori.
La tutela della genitorialità sul lavoro è un tema cruciale che riguarda il diritto di ogni lavoratore di bilanciare il proprio tempo conciliando la carriera professionale con le responsabilità familiari.
* Dalila Melis, laureata in Sociologia all’Università La Sapienza di Roma, è responsabile delle aree comunicazione e sviluppo & monitoraggio e controllo di Fondolavoro. È stata consulente al Ministero del Lavoro e si è occupata, nell’ambito delle politiche attive del lavoro, anche della vigilanza sui fondi interprofessionali.