Verso un’intelligenza umana aumentata

La tecnologia basata sull’Intelligenza Artificiale ridurrà le nostre capacità? O, al contrario, può potenziarle? Può anche preparare meglio gli studenti a un mondo del lavoro digitalizzato e in continua evoluzione? Ce ne parla Alain Goudey, direttore generale aggiunto del programma studi digitali alla Neoma Business School

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“L’integrazione dell’Intelligenza Artificiale o dell’Intelligenza Artificiale generativa rivoluziona i nostri metodi di insegnamento, apprendimento e persino di pensiero. Non solo ci offre, come docenti, la capacità di personalizzare l’educazione, arricchire e diversificare l’approccio pedagogico, ma anche di sviluppare la diversità delle capacità umane. Ci permette di rispondere in modo più efficace alle esigenze individuali degli studenti”.

Lo afferma Alain Goudey, direttore generale aggiunto del programma studi digitali alla Neoma, Business School francese con sedi a Reims, Rouen e Parigi che accoglie studenti da tutto il mondo e ha partnership con atenei italiani come il Politecnico di Milano e l’Università di Bologna. Con lui facciamo chiarezza sugli effetti che la diffusione dell’Intelligenza Artificiale potrà avere sul nostro modo di apprendere e ragionare.

Vista la sua esperienza di docente: come può influire l’Intelligenza Artificiale sui diversi metodi di apprendimento?

Alcuni studenti hanno bisogno di riflettere su ciò che apprendono e collegare le idee tra loro: sono i cosiddetti apprendenti riflessivi. Per loro, l’intelligenza artificiale può immaginare sistemi di domande e risposte per generare idee, può offrire feedback dettagliati su una prima bozza o fornire spiegazioni approfondite su argomenti specifici. Altri studenti, detti attivi, apprendono meglio facendo: in questo caso l’IA inventa per loro simulazioni e giochi educativi, offrendo esperienze pratiche in un ambiente virtuale, che rafforzano così la comprensione e la memorizzazione.

Ci sono anche coloro che registrano meglio le informazioni tramite l’interazione sociale, i cosiddetti apprendenti relazionali: per loro l’IA può facilitare la creazione di comunità di apprendimento virtuali con un tutor, proporre attività di gruppo, discussioni moderate e giochi di ruolo. Gli assistenti vocali e le applicazioni di apprendimento delle lingue sono l’esempio più popolare: offrono una pratica linguistica interattiva, con correzioni e suggerimenti in tempo reale. Questi strumenti possono rilevare sfumature nella pronuncia, nella grammatica e nell’uso del vocabolario, fornendo un feedback personalizzato che facilita un apprendimento linguistico più profondo e sfumato.

Se invece abbiamo un lavoro creativo, può avere senso affidarci ad applicazioni di IA?

L’intelligenza creativa può essere stimolata dall’IA. Una persona che ama pensare in modo innovativo, risolvere problemi in modo originale e creare nuove idee può trovare una fonte di ispirazione in questi strumenti. Si pensi ad esempio ai generatori di testo (ChatGpt, Google Gemini, Claude 3, Mistral Large, ecc.), agli editor di foto (Midjourney, Stable Diffusion, ecc.) e ai software di composizione musicale (Suno, Udio). Invece di essere una minaccia, possono eliminare il blocco dello scrittore o arricchire la prosa con suggerimenti di vocabolario e stile.

Nel campo del design, l’IA può aiutare a progettare prodotti innovativi, esplorando una moltitudine di configurazioni e integrando criteri come la sostenibilità, l’estetica, le restrizioni tecniche o meccaniche e la funzionalità. L’anno scorso, ad esempio, Toyota ha iniziato a utilizzare l’IA per la progettazione dei suoi veicoli. Gli ingegneri hanno potuto superare i limiti dell’immaginazione umana ed esplorare forme e strutture impensabili solo due anni fa.

Come essere umani, però, abbiamo anche un’intelligenza emotiva. Anche in questo caso l’IA può dire la sua?

Anche l’intelligenza emotiva può trovare nell’IA un vero stimolo. Infatti, alcune applicazioni e piattaforme educative sono in grado di analizzare le espressioni facciali o il tono della voce, deducendo uno stato interiore al momento “T”. Questo può essere utile durante la preparazione a parlare in pubblico. Gli utenti prendono consapevolezza delle proprie emozioni e di quelle degli altri, diventando così in grado di comprenderle e gestirle.

Ancora meglio, oggi nascono simulazioni basate sull’IA e giochi di ruolo virtuali che offrono ambienti sicuri in cui le persone possono sperimentare diverse situazioni sociali ed emotive. Imparano a navigare nelle interazioni complesse e sviluppano competenze come l’empatia, la negoziazione e la risoluzione dei conflitti.

Siamo sicuri che l’IA riesca a leggere la complessità del nostro tempo? Non rischiamo di diventarne dipendenti e abbandonare quel senso critico che oggi è necessario per cercare di comprendere quello che ci circonda?

Certamente bisogna fare attenzione a non diventare troppo dipendenti dall’IA. Nella sfera educativa, ad esempio, questo potrebbe portare a una diminuzione delle competenze interpersonali, come la comunicazione e la collaborazione, cruciali nel mondo professionale. Portata all’estremo, questa dipendenza potrebbe innescare una dipendenza affettiva da queste entità virtuali. Un fenomeno che tra l’altro si osserva già in Cina, dove gli utenti si rivolgono agli assistenti IA per ottenere conforto e consigli, un sostegno emotivo disponibile a tutte le ore.

Ci sono poi altre domande da porsi, riguardo all’IA applicata nella sfera educativa e non solo: la gestione dei dati generati dalle persone durante l’utilizzo delle piattaforme. Questi dati vengono raccolti, archiviati e analizzati. Sono informazioni personali che devono essere protette da protocolli rigorosi e necessitano del rispetto del Gdpr e del futuro “AI Act”. In secondo luogo, dobbiamo prestare attenzione alla questione dei bias che l’IA può riprodurre e amplificare: gli algoritmi di Intelligenza Artificiale sono progettati da esseri umani su dati selezionati. Il rischio è la perdita di una visione critica e l’omogeneizzazione delle visioni del mondo.

All’Intelligenza Artificiale, quindi, serve sempre anche l’intelligenza umana…

È indispensabile che l’essere umano sviluppi una nuova intelligenza: la comprensione del funzionamento dell’IA e lo spirito critico verso questa tecnologia. Le risposte “medie” del robot non possono essere prese per buone, devono essere perfezionate e migliorate. Tutti gli studi dimostrano che l’alleanza tra umano e IA è di gran lunga la più efficace. E non dimentichiamo un ultimo rischio, quello della disuguaglianza nell’accesso alla formazione migliorata dall’IA. Dobbiamo evitare che solo le istituzioni dotate di risorse sufficienti offrano queste tecnologie avanzate alla loro comunità, ampliando il divario delle disuguaglianze già esistenti nella società.

Chi è Alain Goudey

Alain Goudey direttore generale aggiunto della Neoma Business School Con un dottorato e una HDR (Habilitation à Diriger des Recherches) in scienze gestionali conseguiti presso l’Università Paris-Dauphine e un master in scienze gestionali con specializzazione in informatica dell’Institut Mines-Telecom Business School, Alain Goudey è uno dei principali specialisti francesi dell’innovazione nel management e degli usi dell’Intelligenza Artificiale.

È Direttore Generale Aggiunto con delega al digitale e docente presso la Neoma Business School e ha all’attivo diverse pubblicazioni, tra libri e lavori accademici su riviste scientifiche, come l’International Journal of Research in Marketing e il Journal of Retailing and Consumer Services. I suoi ambiti di ricerca includono il marketing sensoriale e il design, l’adozione di tecnologie dirompenti, la trasformazione digitale e le tecnologie per l’educazione.

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