Crisi del lavoro domestico: numeri e motivi

Secondo il 4° Paper del Rapporto presentato da Assindatcolf, in collaborazione con Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, tra 2021 e 2023 ci sono 145mila occupati in meno

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la crisi del lavoro domestico riguarda soprattutto le donne

Lavoro domestico: un comparto in lenta e progressiva flessione.

L’aspetto che più di tutti gli altri elementi riassume le difficoltà del settore è la rinuncia al lavoro di molte donne per l’incompatibilità con gli impegni familiari. Tra il 2018 e il 2023 è aumentato, infatti, il numero di donne tra i 55 e i 64 anni che ha scelto di non lavorare per tale motivo (+219mila, il 34,7% in più rispetto al 2018).

Lo spiega l’analisi del 4° Paper del Rapporto 2024 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico”, presentato da Assindatcolf (Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico) in collaborazione con Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.

Le cifre della crisi del lavoro domestico

Negli ultimi due anni, 2021-2023, il calo è vistoso. Secondo l’Istat, ci sono 145mila gli occupati in meno, per una contrazione del 9,5%. A fronte di un mercato del lavoro che ha invece raggiunto nuovi record di occupazione. Anche la domanda dei servizi di collaborazione mostra lo stesso andamento. Da 2 milioni e 600mila famiglie che si sono avvalse di colf, badanti e baby-sitter nel 2011, a 1,9 milioni del 2022, pari al 7,4% dei nuclei residenti.

Le probabili cause della crisi del lavoro domestico sono il calo delle nascite e la diffusione dello smart working. In particolare per quanto riguarda i servizi legati alla prima infanzia e alla cura della casa. Ma soprattutto, pesa la difficoltà a sostenere i costi per l’assistenza di parenti non autosufficienti.

Secondo l’indagine Family (Net) Work, svolta a luglio 2024 su un campione di 2.015 famiglie aderenti ad Assindatcolf e Webcolf, i nuclei che si avvalgono dei servizi forniti da una badante affrontano ogni mese un costo superiore al 50% del reddito mensile. Cifre ormai insostenibili anche per il ceto medio. Infatti, le famiglie che faticano a sostenere queste spese passano dal 27,9% del gennaio 2023 al 55,2% del luglio 2024.

Pesano anche ricambio generazionale e sommerso

Non va, inoltre, sottovalutato come la stessa offerta di lavoro si stia restringendo. Le famiglie hanno problemi a reclutare la persona giusta (68,7%) e le figure disponibili (21,5%). Emblematica la difficoltà di ricambio generazionale. Se nel 2014, su 100 badanti, 24 avevano meno di 40 anni e 12 più di 60 anni, nel 2023, la quota di under 40 risulta quasi dimezzata (14,2%), mentre quella degli over 60 più che raddoppiata (29,1%).

Resta infine irrisolto il nodo del sommerso, così come ha evidenziato l’Istat. L’elevata quota di irregolarità del comparto si stima intorno al 54% nel 2023. Il lavoro domestico rappresenta il 38,3% dell’occupazione irregolare dipendente in Italia e genera un costo per la collettività pari a quasi 2,5 miliardi di euro all’anno.

“La fotografia che ci restituisce questo studio è senza dubbio allarmante”, dichiara il presidente di Assindatcolf, Andrea Zini. “Quella di un Paese in cui le donne sono ancora costrette a rinunciare al lavoro per occuparsi della famiglia. Un circolo vizioso che ha ricadute pesanti sul fronte della crisi del lavoro domestico e del lavoro irregolare. È ormai chiara a tutti l’esigenza di una riforma generale del sistema, a partire dalla fiscalità. Lo Stato deve supportare economicamente le famiglie, rendendo più accessibile e conveniente il lavoro domestico regolare”.

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