di Marco Vergeat |
Nell’ambito delle eccellenze italiane, Goppion Technology si distingue per la produzione di teche museali e vetrine espositive che custodiscono alcune delle opere d’arte più preziose al mondo.
I prodotti dell’azienda di Trezzano sul Naviglio (MI) proteggono, solo per citare i casi più eclatanti, i gioielli della Corona d’Inghilterra nella Torre di Londra, la Gioconda di Leonardo da Vinci, la Porta del Paradiso di Lorenzo Ghiberti, il cartone della Scuola di Atene di Raffaello, la Pietà Rondanini di Michelangelo, i Rotoli del Mar Morto, la Dichiarazione di Indipendenza americana, la Bibbia di Gutenberg e altre opere di ineguagliabile valore. Persino il computer quantico di Ibm, che opera a -273 gradi in totale assenza di vibrazioni, trova protezione all’interno delle innovative soluzioni progettate da Goppion Technology.
Grazie alla capacità tecnica e inventiva di Alessandro Goppion, presidente e amministratore delegato dell’azienda, questa realtà del “Made in Italy” si è posizionata ai vertici di un settore che richiede una perfetta combinazione di competenza meccanico-ingegneristica accompagnata da una profonda conoscenza del patrimonio artistico-culturale e da una sensibilità estetica adeguata al valore delle opere esposte. Un’unicità che ha fatto da fil rouge alla conversazione con l’imprenditore, avvenuta lo scorso 19 giugno a Torino in occasione del conferimento dell’Asfor Award for Excellence 2024. Riconoscimento con cui l’Associazione Italiana per la Formazione Manageriale celebra l’eccellenza nel campo dell’imprenditoria e del management.
Una storia lunga e affascinante. Fondata a Milano da suo padre, l’ingegner Nino Goppion, l’azienda nasce agli inizi degli Anni ’50 come piccola bottega di vetrai. Oggi le vostre teche sono nelle più importanti istituzioni culturali del mondo. Come è avvenuta la transizione dalle origini all’attualità di Goppion Technology?
Sicuramente un elemento che ha inciso è stata la mia inclinazione umanistica. Mi sono innamorato della Storia delle Idee e della Storia delle Dottrine politiche e ho trasferito questa mia passione nelle vicende imprenditoriali della mia famiglia. Ho unito questi due aspetti, mettendo a disposizione la nostra organizzazione a quelle persone che “costruendo” la storia attraverso la creazione dei musei avevano bisogno di un supporto pratico per lo sviluppo delle loro attività.
Questa transizione è avvenuta gradualmente, grazie a un mix di competenze specifiche, innovazione e collaborazioni con importanti istituzioni museali in tutto il mondo. La nostra evoluzione è stata guidata dalla passione per la conservazione del patrimonio culturale e dalla volontà di innovare continuamente. Questo approccio ci ha permesso di dare il nostro contributo alla creazione di spazi espositivi che non solo proteggono le opere, ma migliorano anche l’esperienza del visitatore.
Il museo è una zona di confine fra passato e futuro. Come si evolverà nell’era in cui domina la “virtualizzazione” delle esperienze?
Cerco di rispondere in modo diplomatico. Non credo nella “virtualizzazione” degli spazi espositivi. Nega cinquecento anni di storia museale. Gli oggetti sono la cosa più importante, come i testi, se non hai gli originali cosa fai? Questo perché nel tempo quegli oggetti possono disvelare conoscenze nuove o essere riscoperti. Tutti i giorni abbiamo notizie di depositi da cui emerge un quadro o un’opera che non si pensava di quel determinato grande autore. Mi chiedo solo come si possa pensare al museo puramente virtuale!
Vi attivate seguendo semplicemente le direttive dei committenti o ci sono fasi di co-progettazione?
In realtà, non esiste una risposta netta, non c’è il bianco o il nero, ma un’intensità di grigi che tutte volte varia. Lamodalità di collaborazione può cambiare molto a seconda dei casi. Il nostro lavoro ci mette a confronto con una molteplicità di discipline. Prima di tutto ci sono la storia e la storiografia e io non faccio lo storico. Poi c’è la museologia, che comprende gli studi applicativi della storia in un contesto museale. C’è quella che viene chiamata museografia nel contesto europeo ed è conosciuta come exhibition design nel mondo anglosassone, che si traduce nella trasposizione delle idee dei museologi nello spazio fisico del museo stesso.
Naturalmente ci sono le parti essenziali per noi che sono quelle delle conservation science. Si tratta di tutte quelle conoscenze e pratiche che bisogna applicare agli oggetti perché questi, una volta esposti al pubblico, siano in condizioni di sicurezza. Inoltre, naturalmente, c’è l’uso delle costruzioni che non hanno solo a che fare con la praticità per sé, ma anche con la praticità per la conservazione. Tutte queste discipline sono declinate nei vari istituti in maniera diversa. Questo dipende dalla cultura dell’istituto stesso, dalla sua dimensione e dalle risorse disponibili. Quindi, il nostro approccio è flessibile e si adatta alle specifiche esigenze di ogni progetto e istituzione. Formalmente io sono uno specialista in engineering design, manufacturing and installation process. Per me la transizione dall’idea alla realtà passa attraverso l’ingegneria, che è il mio campo specifico di azione.
A proposito di competenze, come assume le persone in Goppion Technology?
Ho capito che ci sono delle competenze specifiche necessarie, che ognuno di noi ha e mette in campo quando si tratta di aprire un rapporto di collaborazione. Ma nel nostro caso credo che la pregiudiziale sia quella di essere interessati alla storia e al mondo dei musei. Perché, se manca questo interesse tutto perde di senso. Credo che in ogni ambito lavorativo ci debba essere una quota di riconoscimento del sé in quello che si andrà a fare. È l’elemento che consente di affrontare le complessità, le difficoltà e le frustrazioni che è inevitabile incontrare in qualsiasi percorso professionale. Quindi se non c’è passione non c’è nulla e se non c’è nulla è inutile anche iniziare.
Quanto è importante il rapporto con i vostri artigiani, anche in termini di fidelizzazione?
È importantissimo. Per mia formazione culturale guardo sempre alle persone come portatori di conoscenza. Cosa Sto arrivando! fare un artigiano e cosa può insegnarmi, qual è il suo contributo. Il mio rapporto nei loro confronti è di subalternità culturale, perché loro ne sanno tantissimo, infinitamente più di noi in molti casi.
Vi siete evoluti da una dimensione artigianale a una logica industriale. Come convivono queste due anime?
Parto da un fatto concreto: noi abbiamo attuato la transizione dalla carpenteria fine di precisione alla meccanica con assemblaggi a secco. Nel nostro Paese c’erano magnifiche officine specializzate nella lavorazione della lamiera, per 50 anni siamo andati avanti in quel modo. Poi lo scenario è cambiato. I carpentieri ormai disponibili sulla piazza non erano più in grado di fare il nostro mestiere. C’è un momento nel quale un imprenditore e chi lo consiglia capisce che è finita un’epoca. Allora ti rendi conto che bisogna in qualche misura trattenere tutte le conoscenze che si sono elaborate attraverso delle pratiche manifatturiere di un certo tipo e riversarle in nuove modalità realizzative.
Nel nostro caso ha significato passare dalla carpenteria, che portava con sé dei difetti di forma e dimensione, a costruzioni realizzate mediante taglio laser e assemblaggi meccanici che risolvevano il problema di “degrado” artigianale e manifatturiero. Questo è il motivo per cui Goppion ha un numero enorme di brevetti. Un tale percorso ci ha portato a rivoluzionare il concetto di personalizzazione, consentendoci di realizzare, attraverso una modularizzazione dei prodotti, “pezzi unici” in un contesto industriale.
Goppion fa il 95% del suo fatturato all’estero, lavorando nelle principali istituzioni culturali del mondo. Qual è il vostro punto di forza?
Quando vinco un appalto credo che l’elemento fondamentale sia la passione. I miei clienti riconoscono il valore del commitment, loro sanno che possono sempre contare su di me. Questo fa la differenza.
Per concludere, quale consiglio darebbe ai giovani?
Di cambiare Paese. Io l’ho cambiato, nel senso che, se faccio il 95% del mio fatturato all’estero, di fatto io vivo da altre parti. È necessario per far quadrare le cose. Tuttavia, al di là della provocazione, se dovessi dare un consiglio basato sulla mia esperienza, direi di esplorare per individuare quei punti di forza che il nostro Paese è in grado di vantare e che vengono riconosciuti all’estero.
Le nostre giovani e i nostri giovani dovrebbero far leva su queste qualità distintive italiane per emergere nel mondo, rivolgendosi a una platea internazionale più ampia e in grado di generare maggiori opportunità. Questo non dovrebbe essere visto come un limite, ma come una risorsa da valorizzare.
* L’intervista è stata pubblicata in forma integrale sul numero di giugno-luglio di formaFuturi, il magazine digitale di Asfor e Apaform.
Chi è Alessandro GoppionAlessandro Goppion, nato a Milano nel 1955, ha studiato Storia e Scienza della Politica. Dal 1977 lavora nell’azienda di famiglia, Goppion, specializzata nella produzione di teche espositive. Nel 1984 fonda il Laboratorio Museotecnico Goppion, collaborando con curatori, architetti e designer per lo sviluppo di soluzioni museali. innovative. Diventa Amministratore unico nel 1993, portando l’azienda all’internazionalizzazione e affermandola come leader nel settore, collaborando con musei prestigiosi come il Louvre e il Metropolitan Museum of Art. Ha pubblicato diverse opere e tenuto lezioni in università italiane e internazionali. Goppion è membro di varie associazioni culturali e museali, e nel 2015 è stato nominato Cavaliere del Lavoro. Oggi è Presidente dell’azienda, che guida con sua moglie Patrizia Venturini e suo figlio Bruno, continuando a ispirare i professionisti museali a livello globale. |