Per sfruttare le opportunità dell’AI, superarne i limiti e rispondere alle sfide etiche, sono fondamentali nuove competenze Stem, ma anche competenze umanistiche, per sostenere il processo di integrazione di saperi e di applicazioni di “intelligenze” differenti.
Cresce dunque l’importanza di osservare l’AI anche attraverso studi filosofici, psicologici, sociali e storici. Che aiutino nella comprensione del contesto, nelle conseguenze morali, sociali e etiche dell’uso dell’AI, nella possibilità di affrontare sfide complesse attraverso approcci multidisciplinari e nell’interazione con gli esseri umani. È l’analisi di Fondazione Randstad AI & Humanities, nata per per studiare e promuovere un contributo delle scienze umanistiche per l’integrazione dell’AI nella vita e nel nostro lavoro.
“L’obiettivo non è solo limitare possibili rischi, quali bias o usi irresponsabili della tecnologia, ma anche sfruttare al meglio le straordinarie opportunità dei servizi portati dall’avanzamento tecnologico” spiega Paola Pisano, presidente dell’Advisory Board, professoressa all’Università di Torino e già ministro per Innovazione Tecnologica e Transizione Digitale. “La Fondazione promuove una convergenza tra etica, scienze umane, economia e innovazione in tutte le sfide che affronterà affinché l’AI sia a beneficio di tutti”.
Competenze umanistiche contro i bias
Nell’utilizzo dei sistemi di AI tra i vari “malfunzionamenti” o pregiudizi, si stanno evidenziando fenomeni preoccupanti come il bias sycophancy, il “servilismo delle macchine”. L’AI tende a confermare le convinzioni degli utenti, creando vere e proprie “camere d’eco” digitali. Questo rischio non solo limita l’innovazione, se non integrato con un pensiero critico e umanistico, ma può diffondere pregiudizi o disinformazione.
Alle sfide si aggiungono anche nuovi modelli da poco annunciati, come GenAI e reasoning. Nati per risolvere problemi complessi, aprono le porte a nuove opportunità scientifiche, economiche e sociali per aziende e università. Ma ci sono alcuni compiti (non facili da individuare a priori) non alla portata dell’AI. La quale può rappresentare effettivamente una leva di efficienza, ma per una sua applicazione realmente efficace e personalizzata al contesto di riferimento va affiancata da pensiero critico e umanistico.
Cosa fa Fondazione Randstad AI & Humanities
La fondazione realizzerà indagini su come l’AI stia trasformando il mercato del lavoro e le competenze del futuro. Inoltre, stimolerà un dialogo tra mondo accademico, imprenditoriale e istituzionale attraverso incontri e seminari. Con l’obiettivo di diventare un hub globale per la riflessione critica sull’AI, ha attivato due prime alleanze internazionali:
- Center for the Future of Artificial Intelligence di Cambridge University per promuovere ricerche e scambi accademici sull’impatto dell’AI su lavoro, educazione e società;
- Unesco, attraverso la Queen Mary University of London, per lavorare a progetti interdisciplinari sulle competenze umanistiche nello sviluppo etico e inclusivo dell’AI.
Presidente dell’Advisory Board è appunto Paola Pisano. Ne fanno parte Mirja Cartia d’Asero, amministratrice delegata del Gruppo 24 Ore, Gianni Letta, presidente Civita, Pamela Morassi, capo segreteria del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Massimiliano Patacchiola, Senior AI Research Engineer in Tools for Humanity e ricercatore presso Cambridge, Guido Saracco, professore ed ex rettore del Politecnico di Torino, Ersilia Vaudo, Chief Diversity Officer e Special Advisor on Strategic Evolution dell’ESA.
Fabio Costantini, AD di Randstad HR Solutions e Consigliere di Fondazione Randstad AI & Humanities aggiunge che “serve portare la filosofia agli ingegneri e l’ingegneria ai filosofi per utilizzare tecnologie etiche e sostenibili. La fondazione esplorerà le intersezioni tra AI e Humanities per promuovere l’adozione di soluzioni tecnologiche che rispecchino i valori umani fondamentali. Attraverso attività di ricerca, formazione e dialogo con i massimi esperti a livello nazionale e internazionale”.