Quella che un tempo era considerata la città ideale in cui fare carriera, richiamando persone da tutta Italia e dall’estero, sembra essere un deserto di talenti: i giovani, e non solo, preferiscono abbandonare l’idea di lavorare a Milano.
Le ragioni di questa inversione di tendenza sono molteplici: affitti sempre meno sostenibili, tassi ai massimi storici e aumento dell’inflazione che si ripercuote su prezzi inaccessibili. Clutch, startup di head-hunting fondata nel 2024 da Lorenzo Cattelani, ha esaminato il fenomeno. Riscontrando che il 20% dei profili junior rifiuta le offerte di aziende con base a Milano, anche nel caso in cui vengano proposti due giorni di smart working.
Lavorare a Milano: perché è sempre più difficile
Secondo l’analisi del movimento Adesso!, che ha elaborato le risposte di oltre 600mila milanesi tra i 20 e i 40 anni, solo il 17% riesce a risparmiare almeno 200 euro al mese. Mentre il 62% spende per vivere più di quanto guadagna. Stando invece a quanto rilevato dall’indagine “Milano, quanto mi costi” della Cisl il 37% degli intervistati lamenta l’arresto della crescita delle retribuzioni, ferme ormai da anni. Mentre il 23,8% sostiene di non riuscire più a far fronte al crescente prezzo di mutui e affitti, vedendosi costretto a valutare l’abbandono della città.
“Abbiamo rilevato che alcune famiglie professionali, come IT e sales, preferiscono non avere alcun vincolo di presenza. Per altri settori, il 20% dei candidati junior ha preferito rifiutare offerte nonostante l’azienda, con base a Milano, proponesse due giorni di smart working a settimana. Davanti a questo allarmante scenario, le aziende milanesi dovranno necessariamente mettersi in discussione per scongiurare il concreto rischio di scontrarsi con una mancanza crescente di risorse – afferma Federica Riviello, Founding Partner di Clutch.
Cosa possono fare le aziende?
Tra le azioni concrete che le aziende con sede a Milano possono intraprendere, oltre alla concessione di un “vero” smart working, c’è quella di considerare uffici “diffusi”. Ovvero delocalizzati e situati in altre città, magari prossime a poli universitari fucine di talenti. Altro aspetto, fornire ai dipendenti benefici aggiuntivi, programmi di mobilità, piani di welfare ad hoc, relocation bonus. Insomma, tutto ciò che potrebbe incoraggiare l’idea di un trasferimento per lavorare a Milano e far sentire il dipendente supportato a lungo termine.