Come i quanti nella fisica

Se, con la generazione Z, stessimo facendo lo stesso errore che i fisici classici, cercando di spiegarle in termini di continuità invece che per stati discreti, hanno fatto con le particelle?

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generazione z

di David Trotti |

Oggi una delle evidenze del nostro tempo, che risultano più manifeste, è la consapevolezza che le giovani generazioni ragionano e vivono in un modo diverso rispetto a quelle che le hanno precedute.

Un’evidenza che sta diventando ancor più accentuata, si può dire simbolica, nel mondo del lavoro, che ha visto affermarsi fenomeni come le grandi dimissioni e la maggiore attenzione alla sostenibilità e all’equilibrio vita-lavoro. La dottrina e la ricerca stanno cercando di interpretare questi fenomeni e vorrei partecipare al dibattito con una chiave di lettura che utilizza il pensiero laterale. La riflessione si è accesa in un giorno qualsiasi quando, dopo aver letto un articolo scientifico sulla fisica quantistica, mi sono trovato a parlare con mia figlia di Instagram e del suo modo di gestire i contenuti. E, poche ore dopo, a fare un colloquio, in un processo di selezione, con un giovane della generazione Z.

Queste tre esperienze, apparentemente senza alcun legame, si sono combinate e hanno prodotto alcune considerazioni. Dalle quali è scaturita la domanda: “Se, con la generazione Z, stessimo facendo lo stesso errore che i fisici classici hanno fatto con le particelle, cercando di spiegare queste ultime in termini di continuità invece che per stati discreti?”.  La domanda ha aperto una serie di ulteriori scenari e, riflettendo, la risposta che cercavo è divenuta una possibile soluzione interpretativa.

Un modo diverso di informarsi, scegliere e relazionarsi

La considerazione di partenza è che il progresso tecnologico ha cambiato molte dinamiche della vita delle persone e che le nuove generazioni vivono immerse in un mare di dati che applicazioni e software trasformano in informazioni al posto loro. In questo modo, si passa da una consapevolezza a un’altra senza la fatica di far fare alla mente alcun percorso continuo. Le generazioni più giovani possono passare da una app ad un’altra senza alcuna continuità, saltando da uno stato informativo a un altro senza collegamenti tra i diversi stati. Si può sapere di politica e subito dopo di sport, avendo le informazioni – qui non discutiamo della qualità di queste ultime – istantaneamente, in linea.

Nelle generazioni precedenti, invece, il passaggio da una informazione a un’altra era fatto con continuità attraverso movimenti non istantanei, ma legati al reperimento e all’assimilazione delle informazioni stesse. Si leggevano libri o si consultava altro materiale, che occorreva correlare e approfondire. Se a questo poi aggiungiamo la modalità con cui vengono prese le decisioni dalle generazioni moderne, ci accorgiamo che le loro azioni, come il caso delle dimissioni, appaiono, a noi delle generazioni precedenti, basate non tanto su certezze, quanto su stati soggettivi e su speranze.

Da un diverso punto di vista, si potrebbe dire che le nuove generazioni prendono decisioni in base alla probabilità della possibilità, non in base al determinato che la causalità genera. Il modo di procedere è basato sulla probabilità: è questa il fattore che determina le scelte e, dunque, la loro esistenza. Se poi guardiamo a come i giovani vivono le relazioni e si pongono in termini di sostenibilità, considerando il mondo e la terra un insieme correlato, il quadro interpretativo sembra molto robusto e ci permette di affrontare altri elementi.

Nel loro modo di gestire le relazioni umane troviamo un perfetto parallelismo con l’entanglement nella fisica quantistica. Nel vocabolario di questa disciplina la non-separabilità, ossia la correlazione tra quantità fisiche a qualsiasi distanza, è definita dal termine “entanglement quantistico”. Il fenomeno in cui due o più particelle che si sono trovate in interazione reciproca per un certo periodo, anche se separate spazialmente, rimangono in qualche modo legate indissolubilmente.

La discontinuità come chiave interpretativa

Basandoci su questa visione, il nostro modo di intendere il mondo in cui si muovono le nuove generazioni, e il nostro approccio verso di loro, dovrebbero cambiare. La discontinuità sarà, anzi deve, essere la chiave interpretativa. Dobbiamo ragionare in termini di salti di attività e di probabilità. La continuità e la causalità non sono applicabili e le loro relazioni debbono essere considerate in termini di condivisioni e influenze, generate da modalità di non contiguità spaziale.

Questo spiega anche molti aspetti che oggi sembrano scarsamente comprensibili, se non addirittura incomprensibili. E ci costringe a mutare radicalmente il modo di agire nei loro confronti, poiché governati dalla fisica quantistica e non dalla fisica classica. Se riconsideriamo quanto sin qui detto, il ragionamento ha un senso quasi naturale. Molti degli strumenti e oggetti che le nuove generazioni usano sono il frutto della fisica quantistica.

Una nuova era per il lavoro con la Generazione Z

Anche nel mondo del lavoro dobbiamo cambiare il nostro modo di ragionare, passando da un approccio classico causale a un approccio probabilistico. I datori di lavoro dovrebbero, ad esempio, applicare la probabilità alla fidelizzazione. Diventa importante offrire un progetto di crescita delle competenze (intese come gli stati energetici della fisica) e delle relazioni non contigue e non strettamente spaziali.

I gruppi di lavoro dovrebbero assumere una connotazione organicistica. Intendo dire che andrebbero trattati come organi di un corpo, con tutte le implicazioni che ciò produce. Tutti i metodi formativi e il concetto di carriera dovrebbero cambiare e farsi nuovi, così come la fisica, approcciando la realtà dei quanti, si è dovuta rinnovare. Lo sviluppo personale e la produttività (in senso sia economico che filosofico) dovrebbero diventare un mantra, unitamente alle relazioni costanti.

Vi è, poi, un’ultima e importante conseguenza da sottolineare, che riguarda prevalentemente l’Italia. Nella logica sin qui espressa, lavoro dipendente e autonomo si fonderanno in un’unica forma di lavoro, in cui sede e retribuzione non saranno più ancorati al sinallagma, ma al risultato. Inteso come derivato del merito e delle competenze del singolo e dell’insieme a cui l’individuo appartiene. Per concludere, potrei dire che la prossima era non sarà industriale, informatica o dell’Intelligenza Artificiale. La prossima sarà l’era quantistica, degli strumenti e dei cervelli.

David TrottiChi è David Trotti

Professore a contratto di Selezione e Valutazione delle Risorse Umane presso l’Università Europea di Roma, David Trotti è stato nominato da Fortune Italia tra i 100 migliori welfare specialist italiani. Vicepresidente Nazionale, Vice Presidente Regionale Lazio e Responsabile Nazionale del Centro Studi Aidp (Associazione Italiana per la Direzione del Personale), ha al suo attivo libri, ebook, articoli e video. È editorialista per il magazine di Ipsoa, consulente del lavoro, formatore nei temi che riguardano le risorse umane nella parte gestionale, di diritto e amministrativa e facilitatore dell’apprendimento nel Rotary Club di Viterbo.

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