Consulenti del lavoro: una categoria in crescita

Il fatturato passa da 2,2 miliardi di euro del 2019 a 2,5 nel 2023. Si amplia il ventaglio dei servizi professionali offerti, complice anche l’accelerazione tecnologica in atto. Consulenza previdenziale e welfare aziendale sono tra le attività più richieste dai clienti

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Crescita ed evoluzione dei consulenti del lavoro

di Laura Reggiani | È una categoria professionale in crescita quella dei consulenti del lavoro: non solo in termini di fatturato, ma anche di ampliamento del ventaglio di servizi professionali offerti, complici anche l’accelerazione tecnologica e digitale in atto.

Stando ai dati forniti da Enpacl, l’ente di previdenza e assistenza dei professionisti, a partire dal 2019, si è registrato un progressivo incremento del fatturato complessivo Iva dichiarato dagli iscritti, passato da 2,2 miliardi di euro a 2,56 per il 2023, con un aumento di 360 milioni di euro, pari al 16,4%. Sono alcune evidenze dell’indagine “I Consulenti del Lavoro: prospettive per il futuro”, presentata nel corso della giornata che ha aperto la Convention della categoria a fine ottobre a Bologna. I dati presenti nell’indagine, condotta su un campione di iscritti, si inseriscono in un quadro di sostenuta crescita della domanda dei servizi professionali in tema di lavoro, successiva all’emergenza da Covid-19.

Come cambiano gli studi dei consulenti del lavoro

I cambiamenti del mondo del lavoro rimodellano l’offerta dei servizi degli studi professionali. Oltre alle prestazioni tradizionali (amministrazione del personale, consulenza economica e giuridica sui rapporti di lavoro) sono sempre più richieste attività come consulenza previdenziale (33,2%), welfare aziendale (32,8%) e organizzazione del lavoro (32%). Di pari passo con l’evoluzione dell’offerta dei servizi, la crescita del fatturato degli studi: tra il 2021 e il 2024, il 50% di questi ha registrato un incremento. Per il 34,6% del campione è rimasto stabile.

I fattori che hanno contribuito ai positivi risultati dei professionisti, che gestiscono 9 milioni di rapporti di lavoro dipendente e 2 milioni di lavoratori autonomi, sono da ricondurre all’estensione della clientela di riferimento, trasversale a tutti gli studi. Cresce anche la dimensione organizzativa. Rispetto al 2021, è aumentata in modo consistente la quota dei consulenti occupata in studi più grandi, con 10 addetti e oltre (dal 6,5% al 12,7%) e sempre più digitalizzati. Rispetto a tre anni fa, infatti, aumentano gli studi che posseggono strumenti di gestione documentale elettronica (dal 67,2% al 77,3%) e sistemi per la gestione di video conferenze (dal 35,3% al 53,5%).

La sfida dell’Intelligenza Artificiale

L’avvento dell’Intelligenza Artificiale costituisce una sfida importante. Il 43,8% ritiene che i sistemi intelligenti possano essere di ausilio nella stesura dei testi come contratti, articoli e piani di welfare, seguita dall’analisi di documentazione e dalla ricerca di informazioni (42,6%). A seguire, quasi 4 consulenti su 10 pensano all’IA per automatizzare attività a basso valore aggiunto (scrittura mail, archiviazioni).

“Il bagaglio di competenze dei consulenti del lavoro è cresciuto molto nel corso degli anni. Da gestori di adempimenti abbiamo assunto un ruolo consulenziale pieno, tramite nuovi spazi professionali che si sono aggiunti e integrati a quelli che ci attribuisce la legge istitutiva n. 12/1979”, ha dichiarato il presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine, Rosario De Luca. “L’accelerazione tecnologica e l’IA pongono nuove sfide che i professionisti dovranno saper cogliere anche in termini di acquisizione di nuove abilità. I consulenti del lavoro si stanno attrezzando per sviluppare competenze anche in chiave digitale e restare così al passo coi tempi”.

Servizi e outsourcing: l’offerta dei CdL

Gli studi di consulenza del lavoro hanno visto crescere la gamma di servizi offerti, grazie anche agli importanti cambiamenti intervenuti nel mercato del lavoro. A fianco alle prestazioni tradizionali, vi sono una serie di attività sempre più presenti nel paniere dell’offerta professionale: consulenza fiscale (37,1%), relazioni sindacali (36,2%), consulenza previdenziale (33,2%), welfare aziendale (32,8%), organizzazione del lavoro (32%), assistenza nel contenzioso (28,7%). Ancora molto contenuta, invece, l’offerta di servizi per politiche attive (17,7%), sicurezza sul lavoro (11,3%), attività peritali e giudiziali (10%), formazione del personale (9,3%), finanza agevolata (8,7%), revisione contabile, selezione del personale, Asse.Co. e certificazioni, crisi di impresa.

Rispetto al 2021, si registra un aumento soprattutto per welfare aziendale (dal 19,2% al 32,8%), consulenza previdenziale (dall’11,6% al 33,2%) e, con crescita meno significativa, politiche attive (dall’11,7% al 17,7%). Crescono anche l’offerta di consulenza in ambito fiscale e societario (dal 32,7% al 37,1%) e gli adempimenti fiscali e societari (dal 46,8% al 49,5%).

Se, con riferimento alle attività che rappresentano il core business dell’offerta di consulenza, la tendenza all’esternalizzazione è limitata, salvo nel caso della consulenza giuridica nei rapporti di lavoro dove ci si avvale di professionisti esterni allo studio per il 20%, nei servizi che si stanno consolidando, invece, il ricorso a figure esterne allo studio è più presente. Come nel caso di consulenza previdenziale (25,1%), welfare aziendale (25,1%) e assistenza al cliente nel contenzioso (30,7%). Ma guardando ai servizi nuovi, non ancora diffusi, l’esternalizzazione risulta più significativa. A partire dalla consulenza in materia di sicurezza sul lavoro: si rivolge all’esterno il 68,7% degli studi. Ma anche per gli strumenti di finanza agevolata (57,6%), formazione del personale (48,7%), politiche attive (38,7%) e selezione del personale (35,3%).

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