Immigrazione, una risposta per la ripresa del lavoro

Politiche e strumenti per consolidare una esigenza nazionale che riguarda gli immigrati e il lavoro

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esigenza nazionale che riguarda immigrazione regolare e lavoro

di Romano Benini |

In Italia c’è un vero e proprio allarme: la combinazione tra calo demografico e aumento del tasso di pensionamento rende necessario gestire un passaggio generazionale che non riesce a trovare risposta solo nell’aumento dell’occupazione dei giovani italiani.

Secondo le rilevazioni di Inapp e di Unioncamere, se anche riuscissimo a formare e accompagnare al lavoro i disoccupati italiani, la combinazione tra andamento demografico e tasso di pensionamento rischierebbe comunque di determinare un calo del numero di occupati. Situazione non sostenibile per i conti pubblici e per l’andamento dell’economia. Per cogliere la portata del fenomeno, osserviamo i dati del 2023 tratti dal Rendiconto sociale Inps. Si è registrato un andamento demografico fortemente negativo, con un saldo naturale (rapporto tra nascite e decessi) di meno 321mila persone. Solo in parte compensato dal saldo migratorio positivo, che si ferma però a 165mila persone.

L’Italia è tra i paesi sviluppati una delle nazioni con il numero più basso di immigrati residenti in possesso di cittadinanza, ma è il quarto Paese in Europa per flusso di immigrati con permesso di soggiorno a lungo termine. I lavoratori stranieri nel 2023 rappresentano il 10,7% degli assicurati all’Inps ma è molto più alta l’incidenza dei lavoratori immigrati nelle nuove assunzioni che, nel 2023, ha superato il 25%. La componente immigrata pertanto rappresenta una parte imprescindibile della forza lavoro del nostro Paese, ormai prevalente in molte attività lavorative. Lo è anche per il contributo che offre per il conseguimento dell’equilibrio finanziario dell’Inps, sempre più nel prossimo futuro.

L’andamento demografico e l’aumento della domanda di lavoro da parte delle imprese impongono quindi una riflessione seria e non demagogica o strumentale sulle modalità di formazione e accompagnamento al lavoro degli stranieri. Questo tema viene affrontato soprattutto nel confronto sul tema della cittadinanza. Ma la questione si pone in primo luogo rispetto al mercato del lavoro, da sempre il principale contesto di inclusione degli immigrati. Andiamo a esaminare le novità del decreto flussi per il 2025 e i due principali interventi di formazione per l’accompagnamento al lavoro degli immigrati.

Decreto flussi 2025: le novità

La gestione della regolazione dell’ingresso degli immigrati tramite la promozione dei flussi costituisce una modalità prevista e regolata nel nostro ordinamento, che ne definisce i settori economici e la consistenza dei flussi previa valutazione condivisa con le organizzazioni di impresa e sindacali nell’ambito di una programmazione triennale.

Il provvedimento per il 2025 integra la disciplina dell’ingresso in Italia per motivi di lavoro, già definita – da ultimo – con il Dpcm del 27 settembre 2023, sulla programmazione dei flussi per il triennio 2023-2025. Da un monitoraggio della Presidenza del Consiglio sono emerse irregolarità nell’applicazione dei meccanismi di ingresso. Sia riferite agli anni recenti sia rispetto a periodi più risalenti nel tempo. Si è pertanto deciso di intervenire con urgenza al fine di semplificare e accelerare le procedure, rendendole nel contempo più sicure.

Tra gli interventi più significativi:

  • precompilazione rispetto al click day delle domande di nulla osta al lavoro, per ampliare i tempi per i controlli e consentire la regolarizzazione o l’esclusione delle domande non procedibili;
  • interoperabilità tra il sistema informatico in uso e le banche dati dei Ministeri di Interno e Lavoro, di Inps, Camere di commercio, Agenzia delle entrate e Agid, al fine della verifica automatica di alcune tipologie di dati nelle domande di nulla osta al lavoro;
  • ferme restando le quote, ulteriori click day per settori specifici nel corso dell’anno;
  • obbligo di conferma dell’interesse all’assunzione da parte del datore di lavoro, prima del rilascio del visto di ingresso al lavoratore straniero;
  • obbligo di elezione di domicilio digitale per il datore di lavoro e digitalizzazione della procedura anche per la sottoscrizione e l’invio del contratto di soggiorno, abolendo la necessità per datore e lavoratore di presentarsi allo sportello unico per l’immigrazione;
  • inibizione al sistema per i successivi tre anni dei datori di lavoro che, per causa a sé imputabile, non provvedono alla stipula del contratto di lavoro dopo l’ingresso dello straniero o che utilizzano lavoratori senza contratto;
  • limite al numero di domande attivabili dal datore di lavoro in proporzione a fatturato, numero di addetti e settore di attività.

Introdotta, inoltre, la possibilità per i lavoratori stagionali di stipulare, nel periodo di validità del nulla osta al lavoro, un nuovo contratto con lo stesso o con altro datore entro 60 giorni dalla scadenza del precedente contratto. E la possibilità di conversione, al di fuori delle quote, del permesso per lavoro stagionale in permesso per lavoro a tempo determinato o indeterminato.

Casi particolari di immigrazione

Il decreto prevede anche il mantenimento dei canali di ingresso speciali per rifugiati e apolidi. Nonché l’introduzione di un canale di ingresso sperimentale per il 2025 per l’assistenza di grandi anziani e disabili, nel limite di 10mila unità, attraverso Agenzie per il Lavoro, organizzazioni datoriali firmatarie del Ccnl del settore domestico e professionisti dell’area giuridico-economica. Con esclusione del silenzio assenso nell’esame delle domande di nulla osta al lavoro. Si è stabilito il potenziamento del personale addetto alle procedure di ingresso in Italia per motivi di lavoro dei ministeri di Interno ed Esteri.

Il decreto flussi inoltre riconosce il permesso di soggiorno per casi speciali in favore delle vittime di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di cui al nuovo articolo 18-ter del Testo unico dell’immigrazione. Alle quali è esteso l’ambito applicativo del programma unico di emersione, assistenza, integrazione sociale. Alla scadenza, il permesso di soggiorno per casi speciali rilasciato al lavoratore straniero può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro al di fuori delle quote o in permesso di soggiorno per motivi di studio, qualora lo straniero sia iscritto a un regolare corso.

L’ammissione alle misure di assistenza finalizzate alla formazione e all’inserimento sociale e lavorativo avviene attraverso programmi individuali e si prevedono le condizioni ostative e le cause che determinano la revoca dell’ammissione alle misure, per esempio per condanna per un delitto non colposo. Le misure di protezione previste dal DL n. 83 del 2002 a tutela dell’incolumità delle persone ritenute a rischio trovano inoltre applicazione nei confronti degli stranieri vittime di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Si estende il patrocinio in materia di spese di giustizia a coloro che collaborano all’emersione del suddetto reato e all’individuazione dei responsabili.

Rispetto alle misure per la sicurezza, lo straniero richiedente asilo ha specifici obblighi di collaborazione e cooperazione con le autorità competenti ai fini dell’accertamento della propria età, identità, cittadinanza nonché dei paesi in cui ha soggiornato e transitato L’obbligo include gli stranieri rintracciati in posizione di irregolarità sul territorio nazionale o soccorsi in mare. Analoghi obblighi sono previsti nei confronti dello straniero non immediatamente espulso e trattenuto, richiedente protezione internazionale, in stato di trattenimento durante lo svolgimento della procedura e minore non accompagnato.

Alla procedura in frontiera dei richiedenti protezione internazionale si introduce un’ulteriore ipotesi di respingimento, con accompagnamento alla frontiera, nei confronti di chi sia rintracciato a seguito di soccorso in mare nel corso di attività di sorveglianza delle frontiere esterne dell’UE. Si prevede inoltre che, in caso di trattenimento dello straniero per notevole rischio di fuga, la questura debba rilasciare un attestato nominativo recante codice unico di identità, esito delle attività di foto segnalamento svolte, fotografia del titolare e generalità dichiarate dal richiedente. In caso di allontanamento ingiustificato dalle strutture di accoglienza si sostituisce la disciplina vigente con la nuova, relativa al ritiro implicito della domanda di protezione internazionale.

Alla commissione nazionale per il diritto di asilo, nel rispetto del principio di non respingimento, si attribuisce la competenza anche per la revoca della protezione speciale, per il caso di revoca o cessazione dello status di protezione internazionale, qualora vi siano fondati motivi per ritenere che il cittadino straniero costituisca un pericolo per la sicurezza dello Stato.

Formazione per inserimento al lavoro

L’andamento del mercato del lavoro, insieme a quello demografico, rende assolutamente realistica la prospettiva di una maggiore apertura all’ingresso di immigrati regolari. I fabbisogni professionali e di manodopera delle imprese italiane mostrano questa esigenza in modo del tutto evidente. Diventa importante prevedere l’attuazione di programmi di formazione e selezione degli immigrati, che possano integrarsi in Italia attraverso il lavoro, avendo acquisito adeguate e certificate competenze.

A oggi la normativa italiana permette due modalità di intervento, che riguardano i progetti di formazione nei luoghi d’origine e l’inserimento dei rifugiati con percorsi di formazione ed accompagnamento al lavoro. Si tratta di modalità di intervento la cui organizzazione e funzionamento costituiscono i riferimenti di base per futuri e possibili interventi di potenziamento e di allargamento di questa importante prospettiva.

La formazione nei luoghi d’origine

L’ingresso di immigrati formati nei paesi di origine costituisce una modalità di sostegno alla promozione della gestione regolare dell’immigrazione per motivi di lavoro, che tiene conto di un limite di fondo del nostro sistema. Gli immigrati in Italia hanno una qualifica in prevalenza bassa o sono del tutto privi di qualifica professionale riconosciuta. Questo rende molto più difficile l’inserimento regolare nel mercato del lavoro. Soprattutto in una fase in cui le nostre imprese sono impegnate in un processo di qualificazione delle loro attività che aumenta la richiesta di personale con competenze certificate.

L’immigrazione non regolata sul piano della formazione in ingresso e per quanto riguarda la capacità di risposta alla domanda di lavoro regolare inoltre rischia di incrementare forme di sfruttamento e caporalato. Molto presenti nella componente dell’economia italiana a basso valore aggiunto o collegata alla criminalità o a forme di irregolarità endemiche. Pertanto, con il “Decreto Cutro” (D.L. 20/2023 convertito, con modificazioni, dalla Legge 50/2023) il Governo ha inteso contrastare l’immigrazione irregolare. Promuovendo canali regolari di ingresso per lavoro in Italia anche per rispondere al fabbisogno di manodopera delle imprese.

A questo scopo, la modifica dell’art 23 del D.Lgs. 286/1998 ha posto al di fuori delle quote dei decreti flussi gli ingressi dei cittadini stranieri che abbiano completato programmi di formazione professionale e civico-linguistica, disciplinati e approvati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Il 7 luglio 2023 il Ministero del Lavoro ha adottato le Linee Guida dedicate alle modalità di predisposizione e valutazione dei programmi di formazione professionale e civico-linguistica rivolti a cittadini di paesi terzi residenti all’estero, approvate da una Conferenza di Servizi che ha coinvolto tutte le istituzioni interessate.

Le proposte di programmi di formazione sono esaminate da una Commissione, coordinata dal Ministero del Lavoro. A oggi, la Commissione Interministeriale ha approvato 17 programmi di formazione professionale e civico-linguistica in 11 Paesi (Tunisia, Albania, Bangladesh, Egitto, Ghana, Giordania, Filippine, Uganda, Etiopia, Perù, Marocco). Ma i programmi sono in crescita costante. Questo ambito di intervento e questa modalità di inserimento formativo vanno certamente ampliati. E coinvolgono necessariamente una rete che comprende le agenzie per il lavoro e il terzo settore, con particolare attenzione alla cooperazione per lo sviluppo, e i consolati italiani all’Estero.

I datori di lavoro interessati a reclutare cittadini stranieri in specifici settori, nei quali permane un grande fabbisogno di manodopera, possono organizzare corsi di formazione secondo le linee guida approvate dal Ministero del Lavoro nel luglio 2023. Lo devono fare in partenariato con enti autorizzati/accreditati all’intermediazione nel mercato del lavoro, enti della formazione, enti del terzo settore, organizzazioni internazionali, con la “supervisione” delle nostre ambasciate. I contenuti dei corsi prevedono il raggiungimento del livello almeno A1 della lingua italiana, un corso base di educazione civica e di salute e sicurezza e un pacchetto di almeno 100 ore di formazione professionale nel settore di riferimento.

Al termine del corso si rilascia un’attestazione che consente al datore di lavoro di presentare l’istanza di rilascio del nulla osta per l’ingresso del lavoratore in Italia. La varietà dei Paesi di riferimento, dei settori produttivi e delle aree geografiche, ci descrivono una realtà produttiva italiana dinamica. Disponibile a fare un investimento sulla formazione per reclutare regolarmente persone che parlino un po’ di italiano, che conoscano i principi fondamentali del nostro ordinamento, anche con riferimento alla salute e sicurezza sul lavoro e che conoscano le basi della formazione professionale del settore.

I programmi di formazione all’estero rappresentano inoltre un’opportunità per i paesi di origine perché consentono di sviluppare o incrementare le competenze dei propri cittadini. Ma anche per i paesi di destinazione, perché riducono i costi legati alla carenza di manodopera e rendono il matching fra datori di lavoro e lavoratori più efficace. Gli stessi lavoratori, inoltre, possono intraprendere percorsi migratori ordinati, sicuri e legali.

Due aspetti sembrano denotare una forte motivazione nei datori di lavoro. Tutti i progetti attivati prevedono pacchetti di formazione aggiuntiva dopo l’ingresso in Italia e molti imprenditori si sono resi disponibili a fare un lavoro supplementare per i stranieri particolarmente vulnerabili, come i titolari di protezione internazionale.

Formazione e inserimento anche con finalità sociali

L’Italia è uno dei primi paesi al mondo a sviluppare un percorso dedicato ai rifugiati per beneficiare di canali sicuri di ingresso per motivi di lavoro. La Legge 5 maggio 2023, n. 50 ha introdotto innovazioni nel decreto flussi italiano. Tra cui una quota annuale dedicata di lavoratori rifugiati, nonché la possibilità per i rifugiati che hanno completato una specifica formazione professionale e un corso sociolinguistico di accedere a un percorso per lavorare e risiedere in Italia. Da giugno 2023, un gruppo di lavoro guidato da Pathways International, Unhcr, Talent Beyond Boundaries, Caritas Italiana e Fcei ha lavorato in stretta collaborazione con i ministeri dell’Interno, del Lavoro e degli Affari Esteri per sviluppare un percorso lavorativo nell’ambito del nuovo sistema del decreto flussi.

L’Italia si è impegnata ad adottare nuove misure al Global Refugee Forum del 2023 e ha fatto della mobilità dei lavoratori una priorità nel G7. L’interesse del settore privato per il nuovo percorso lavorativo dei rifugiati è molto elevato. Quest’ultimo ha un notevole potenziale di crescita grazie al suo quadro giuridico ben consolidato e il forte interesse dei datori di lavoro. Uno studio recente stima che il Paese avrà bisogno di almeno 280.000 nuovi arrivi ogni anno fino al 2050 per colmare la carenza di competenze in tutti i settori. Il percorso formativo “extra quota” è particolarmente promettente, poiché decine di migliaia di lavoratori rifugiati potrebbero accedervi nei prossimi anni.

Queste le principali opportunità e sfide per il futuro per l’inclusione dei rifugiati:

  • Finanziamento sostenibile: una priorità per assicurare il successo del nuovo percorso è lo sviluppo di meccanismi finanziari che ne garantiscano sostenibilità e scalabilità. Un gruppo di lavoro, attivato con le principali fondazioni filantropiche nazionali e internazionali, studia fondi rotativi e di garanzia in grado di ridurre i rischi per le imprese partecipanti e sostenere l’integrazione dei nuovi arrivati. Oltre a questi meccanismi, sono in corso interlocuzioni per sfruttare risorse pubbliche e private disponibili per le politiche attive del mercato del lavoro.
  • Alloggio: il modello previsto per i primi arrivi prevede alloggi gratuiti o a basso costo offerti dai partner della società civile per 2-3 mesi, seguiti dall’accompagnamento alla ricerca di alloggio definitivo. Tuttavia, una volta che il percorso inizierà a espandersi, identificare soluzioni abitative sarà una sfida. Ecco perché si sta lavorando per sfruttare la solida esperienza italiana di sponsorizzazione comunitaria per fornire supporto all’integrazione dei lavoratori rifugiati. Istituendo fondi di garanzia e aiutare i lavoratori a trovare alloggi a lungo termine ed evitare discriminazioni nei mercati immobiliari locali. E per offrire un supporto coordinato a datori di lavoro e lavoratori collegando le reti di host e alloggi esistenti attraverso un database centralizzato.
  • Riunificazione familiare: l’unità familiare è un principio fondamentale della mobilità dei lavoratori rifugiati ed è anche una preoccupazione fondamentale per i lavoratori e i datori di lavoro dei rifugiati con implicazioni significative in termini di viaggi, alloggio, livello salariale e sostegno all’accoglienza e all’integrazione. Al momento la normativa nazionale non prevede particolari facilitazioni per il ricongiungimento dei rifugiati lavoratori, applicando invece la normativa generale per i migranti lavoratori. Questo può comportare delle difficoltà, dato che spesso i membri della famiglia non possiedono i requisiti documentali necessari all’accesso a questi canali. Sono allo studio diverse opzioni per affrontare questo problema che rimane uno dei principali ostacoli potenziali allo sviluppo del percorso.

Romano BeniniChi è Romano Benini

Romano Benini è professore straordinario di Sociologia del welfare e coordinatore del corso di laurea in Consulenza del lavoro presso la Link Campus University di Roma e docente di Sociologia del Made in Italy presso l’Università La Sapienza di Roma. Giornalista economico, è autore di Il posto giusto, il programma di Rai3 su formazione e mercato del lavoro, e consulente della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, della Cna nazionale e di diverse istituzioni. Tra i libri più recenti: Il fattore umano (Donzelli, 2016), Lo stile italiano, Mutamenti sociali e inclusione attiva (Eurilink, 2018), Il posto giusto (Eurilink, 2020).

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