L’entrata in vigore del Collegato Lavoro offre lo spunto per soffermarsi su due delle principali novità apportate: il commento di Fabrizio Grillo, Senior Associate dello studio internazionale Hogan Lovells.
Anzitutto, introducendo la possibilità per il datore di lavoro di considerare risolto “per volontà del lavoratore” il rapporto in caso di assenza ingiustificata oltre il periodo previsto dalla contrattazione collettiva (o, in mancanza, 15 giorni), la norma pone rimedio alle situazioni nelle quali i datore di lavoro, in situazioni di presunto disinteresse del lavoratore a proseguire, si trovava costretto ad avviare un procedimento disciplinare, con le relative tempistiche, per poter validamente cessare rapporti di lavoro di fatto già abbandonati dal lavoratore.
Le parti sindacali si sono soffermate sul rischio che la modifica possa trasformare in dimissioni automatiche assenze involontarie. Ma la norma fa espressamente salvi i casi in cui il lavoratore dimostri l’impossibilità, “per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro”, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza. Restano da chiarire le conseguenze qualora tale comunicazione intervenga molto tempo dopo l’inizio dell’assenza.
L’introduzione del rapporto “a causa mista” sembra invece voler mantenere una “disciplina” nella duplice modalità di gestione del rapporto con la medesima persona. Vale a dire il rispetto della disposizione inerente l’assenza di “alcuna forma di sovrapposizione riguardo all’oggetto e alle modalità della prestazione, nonché all’orario e alle giornate di lavoro”. Maggiore attenzione dovrà essere prestata quando la medesima persona in azienda svolge il duplice ruolo di responsabile gerarchico (per la parte di lavoro subordinato) e referente (per la parte di lavoro autonomo). La quale dovrà mutare approccio nei confronti del collaboratore, anche nel corso della medesima giornata lavorativa, onde evitare di incorrere in rischi di riqualificazione del rapporto.
