La filiera professionale e il modello 4+2

Tra le opportunità per il futuro della formazione professionalizzante, la riforma del "4+2" si propone come soluzione strategica, puntando su una didattica innovativa e un rapporto più stretto con il mondo dell'impresa.

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di Barbara Pigoli | La formazione professionale italiana volta pagina, si allinea agli standard europei e propone il modello 4+2. È questo il messaggio chiave su cui il 14 novembre scorso, a Palazzo Giustiniani a Roma, si sono confrontati esperti e rappresentanti istituzionali, partendo dall’analisi dell’impatto della recente riforma della filiera tecnologico professionale.

Fondazione Cnos-Fap Ets e Pts, come promotori e organizzatori del convegno dedicato alla formazione professionalizzante, hanno voluto stimolare la riflessione sull’importanza di continuare a investire nella formazione professionale, per il futuro dei giovani e soprattutto per la competitività dell’intero Sistema Paese.

Il modello “4+2”come soluzione strategica

Stiamo assistendo a una ridefinizione del rapporto tra formazione e lavoro, dove flessibilità, velocità di risposta e qualità devono coesistere. Non è più solo questione di riforma ordinamentale, ma di un cambiamento culturale profondo che coinvolge tutti gli attori del sistema. Dal convegno è emerso un quadro in profonda trasformazione, dove la sperimentazione del “Modello 4+2” rappresenta un’opportunità strategica per allineare formazione e mercato del lavoro, potenziare le filiere professionalizzanti, rispondere alle sfide delle imprese e valorizzare le specificità territoriali.

Il convegno si è aperto con l’intervento del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, il quale ha fornito un inquadramento sulla nuova riforma “4+2”, sottolineando il valore delle intelligenze multiple e di quanto sia importante farle emergere per contribuire allo sviluppo della personalità di ogni giovane. Il ministro ha evidenziato il ruolo centrale che la filiera formativa ricopre nello sviluppare percorsi formativi che siano in linea con le esigenze e le aspettative delle imprese. Questo nell’ottica di poter garantire ai giovani prospettive occupazionali certe, rapide e coerenti con i loro talenti e i loro sogni. “Dobbiamo avere il coraggio di rompere con una mentalità radicata in certi ambienti della nostra società”, ha affermato il ministro Valditara, “per cui l’impresa è vista come qualcosa di distante dal mondo della cultura e della scuola”. Un dato interessante è quello della Svizzera, dove il 69% delle famiglie sceglie l’istruzione tecnico-professionale per i propri figli. In Italia è tempo di superare l’idea che i percorsi professionali siano una scelta di “serie B”.

La nuova riforma e il modello 4+2

La nuova riforma e il modello “4+2” punta, infatti, su: didattica innovativa, partnership con le imprese, competenze base potenziate, docenti anche dal mondo professionale, campus formativi (integrazione tra formazione regionale, istituti tecnici, licei, Its, università, imprese).

Il ministro ha condiviso con il pubblico un dato allarmante: secondo le previsioni di Unioncamere, nel 2027 il 47% delle domande di lavoro rimarrà insoddisfatto per mancanza di competenze adeguate, con un potenziale danno al Pil italiano stimato in 35 miliardi di euro. Per contrastare questo scenario, la riforma del “4+2” si propone come soluzione strategica, puntando su una didattica innovativa e un rapporto più stretto con il mondo dell’impresa.

“La scuola ha due grandi finalità”, ha specificato Valditara, “insegnare la libertà con la cultura e quindi essere cittadini maturi, liberi, veramente autonomi rispetto a qualsiasi condizionamento e dall’altra parte anche la cultura del lavoro, cioè la scuola deve anche servire a creare quelle premesse perché un giovane possa realizzare i suoi talenti concretamente nel mondo lavorativo”.

Un elemento chiave della riforma è il modello del campus, che rappresenta una visione innovativa di cooperazione tra diversi attori del sistema formativo. “Il campus è destinato a raccogliere le varie esperienze, le varie competenze”, ha spiegato il ministro, “a mettere insieme la formazione professionale regionale, l’istruzione tecnico professionale statale, e perché no anche il sistema dei licei, gli Its, le università e il mondo delle imprese”.

La riforma, che per la prima volta integra pienamente la formazione professionale nel sistema educativo repubblicano, permette l’accesso diretto alla maturità e quindi all’università, nonché al sistema degli Its. Il ministro ha evidenziato con soddisfazione la crescita delle iscrizioni agli Its, pur sottolineando che “siamo ancora dei nani rispetto al modello tedesco con 900mila iscritti”. A seguire, un interessante confronto su queste tematiche, che ha delineato le prospettive concrete della riforma della filiera tecnologico-professionale.

Le politiche di formazione e lavoro in Italia

I dati dell’Osservatorio sulle Politiche Attive del Lavoro e della Formazione presentati da Sara Frontini di Pts e l’inquadramento della Vet (Vocational education and training) italiana nel sistema europeo realizzato da Mattia Dolci di Pts, uniti alle esperienze concrete dei territori, dimostrano che la formazione tecnico-professionale rappresenta una leva strategica per lo sviluppo del Paese e non può e non deve essere considerata un “piano B” del sistema educativo, come sottolineato anche da don Giuliano Giacomazzi, direttore generale di Cnos-Fap, che ha aperto il convegno. Dall’analisi delle politiche di formazione e lavoro in Italia risulta che nel 2023 sono stati pubblicati 250 avvisi, di cui 182 relativi alla formazione e 68 alle politiche del lavoro.

Gli investimenti nel settore hanno raggiunto i 2,1 miliardi di euro, con una netta prevalenza della formazione professionale (1,48 miliardi, pari al 70% del totale degli stanziamenti) rispetto alle politiche attive del lavoro (640 milioni, pari al 30% del totale). Analizzando i 250 avvisi regionali, risultano evidenti le tendenze significative nell’evoluzione del sistema. Si registra una significativa crescita degli investimenti in formazione (1,48 miliardi di euro) rispetto alle politiche attive (640 milioni di euro), invertendo la tendenza storica. La formazione ordinamentale assorbe il 74% delle risorse, con focus su IeFP e percorsi duali (62% del totale). Per quanto riguarda le politiche attive del lavoro, il programma “Gol” (Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori) ha giocato un ruolo centrale, con 24 avvisi dedicati per un totale di 347 milioni di euro.

Tuttavia, nel 2023 si è registrato un calo complessivo negli investimenti per le politiche attive rispetto al 2022, passati da 1 miliardo a 640 milioni di euro. Nella sezione Gol si può osservare che, a fronte di uno stanziamento totale di 347 milioni di euro, la gran parte degli avvisi regionali è stata finanziata da risorse Pnrr. Oltre al programma Gol, le misure risultate maggiormente finanziate hanno riguardato il bonus all’assunzione “Incentivo Occupazione Giovani” (con 132 milioni di euro) e la formazione mirata a inserimento e reinserimento lavorativo (con 123 milioni di euro).

La necessità di un cambiamento sistemico

Carmela Palumbo, capo dipartimento per il Sistema Educativo di Istruzione e Formazione del Ministero, ha delineato una visione chiara della sperimentazione “4+2”, sottolineando come questa rappresenti una vera riforma pur mantenendo l’architettura ordinamentale esistente. Punto cruciale: la “reingegnerizzazione del curriculum” che, pur mantenendo invariato il monte ore, richiede un ripensamento profondo della didattica e dell’organizzazione scolastica.

Massimo Temussi, direttore generale del Ministero del Lavoro, ha evidenziato come il mercato del lavoro stia attraversando una trasformazione radicale. La sua analisi ha sottolineato come i giovani abbiano un approccio diverso al lavoro e come emerga l’urgenza di ripensare il tempo di processo formativo: 5 anni diploma + 5 anni per la laurea magistrale o più per un master, è un tempo non più allineato con le esigenze del mercato. A 30 anni il lavoro per cui hai studiato non c’è più, per questo serve ripensare agli strumenti formativi in ottica più flessibile, attraverso micro-credenziali e percorsi formativi più agili.

Paola Nicastro, presidente di Sviluppo Lavoro Italia, ha chiuso il cerchio enfatizzando l’importanza di connettere la formazione al mercato del lavoro. Integrare i programmi e le politiche formative, rafforzare il legame tra formazione professionale e mercato del lavoro e utilizzare strumenti previsionali per anticipare i fabbisogni delle imprese, sono attività su cui si vuole focalizzare l’azione di Sviluppo Lavoro Italia.

Modello 4+2: competitivo per le nuove generazioni

Negli ultimi 10 anni abbiamo perso 1,5 milioni di persone in età lavorativa, con un ulteriore calo previsto del 3% al 2030 e del 16% al 2050.

La grande opportunità per il sistema della formazione professionale in Italia, in questo momento, è quella di diventare un modello competitivo per le nuove generazioni, mantenendo le identità storiche, ma innovando profondamente l’approccio formativo. Non si può fermare il calo demografico, ma si può e si deve aumentare la qualità della formazione per ogni singolo giovane. La nuova filiera “4+2” rappresenta una svolta storica per il sistema IeFP italiano.

Come ha evidenziato Dario Eugenio Nicoli nel suo intervento, il quarto anno diventa uno snodo decisivo che rende effettivo il diritto-dovere dei giovani alla crescita umana e all’inserimento nel mondo del lavoro. Non è più un punto di arrivo, ma una tappa fondamentale di un percorso più ampio. Come già detto, un elemento innovativo della riforma è il concetto di campus, che integra centri di formazione, Its Academy e reti di scuole. La sperimentazione, già avviata in 176 istituti, sta ridisegnando gli spazi di apprendimento. “Le aule si trasformano in laboratori disciplinari”, spiega Mattia Dolci di Pts, “e l’approccio didattico si basa su progetti reali, seguendo il modello del Project Based Learning”.

Il dibattito del convegno è stato moderato da Gianni Bocchieri, esperto in politiche formative e del lavoro, e ha coinvolto rappresentanti delle istituzioni, delegati regionali ed esperti di settore, cercando un confronto costruttivo su come questa riforma rappresenti un passo decisivo verso l’allineamento ai modelli europei più avanzati e di come il successo dell’iniziativa dipenderà dalla capacità di tutti gli attori – istituzioni, scuole, imprese – di fare sistema e di interpretare. Tra le sfide ancora aperte emerge la necessità di garantire un’offerta formativa omogenea su tutto il territorio nazionale, il potenziamento delle competenze trasversali e una maggiore integrazione tra formazione e mondo del lavoro.

 

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