Upskilling, Reskilling e Lifelong Learning

In un’Europa che sta vivendo una crisi demografica senza precedenti, e che fatica a vedere l’immigrazione di forza lavoro come un’opportunità, e in cui il tessuto industriale è in grande difficoltà, la formazione rimane uno strumento primario di competitività

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la formazione dei lavoratori rimane strumento primario di competitività

di Cesare Damiano |

Giunto a un quarto del suo percorso, il XXI Secolo presenta sfide severe per lo sviluppo economico e, di conseguenza, di un mercato del lavoro di qualità.

Sfide che possono essere indicate nella demografia, nella produttività e nella formazione. Ciò vale per il mondo intero, con allarmi particolari per l’Europa e per l’Italia.Una visione globale dello stato delle cose è delineata nel rapporto World Employment and Social Outlook: Trends 2025, pubblicato dall’Ilo, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, a metà gennaio.

Se “nel 2024, l’occupazione globale è cresciuta in linea con la forza lavoro, mantenendo il tasso di disoccupazione stabile al 5%” afferma il rapporto, “la disoccupazione giovanile ha mostrato pochi miglioramenti, rimanendo alta al 12,6%”. Ancora, “il rapporto indica sfide come le tensioni geopolitiche, l’aumento dei costi legati ai cambiamenti climatici e questioni di debito irrisolte, che stanno mettendo sotto pressione i mercati del lavoro. Sebbene l’inflazione sia diminuita, rimane alta, riducendo il valore dei salari”.

Produttività e protezione sociale

L’aumento della produttività e delle protezioni sociali sono tra le raccomandazioni indicate dal Rapporto per affrontare le sfide attuali. Venendo all’Europa – e quindi al nostro Paese – l’attualità vede la crisi strutturale dell’economia dell’area euro rischiare di precipitare. La manifattura di tutta Europa, in un’epoca di grande incremento dell’alta tecnologia, nella quale guidano la corsa Stati Uniti e Cina, è in una crisi serissima.

L’avvio dell’amministrazione Trump porta con sé il rischio di violente guerre commerciali. E l’Europa si trova nella posizione di essere il vaso di coccio tra i due giganti che si confrontano per il dominio dell’economia mondiale: Stati Uniti, per l’appunto, e Cina. Presentando, a settembre, il suo Rapporto sul futuro della produttività in Europa, Mario Draghi ha delineato il fosco scenario che dobbiamo affrontare. La crescita in Europa è rallentata da decenni. Attraverso diverse misure si è aperto un ampio divario nel Pil tra l’Unione Europea e l’America. Le famiglie europee hanno pagato il prezzo in termini di standard di vita perduti. Su base pro capite, il reddito disponibile reale è cresciuto di quasi il doppio negli Stati Uniti rispetto all’UE dal 2000.

In un articolo pubblicato sull’Economist, Draghi afferma che “per gran parte di questo periodo, il rallentamento della crescita poteva essere visto come un inconveniente, ma non come una calamità. Non più. La popolazione europea è destinata a diminuire e dovrà fare maggior affidamento sulla produttività per crescere. Se l’UE dovesse mantenere il suo tasso medio di crescita della produttività dal 2015, sarebbe sufficiente solo a mantenere costante il Pil fino intorno al 2050. Tuttavia, la necessità di crescita in Europa sta aumentando. L’UE mira a decarbonizzare e digitalizzare la propria economia e aumentare la propria capacità di difesa. Deve preservare il suo modello sociale mentre le sue società invecchiano. Le necessità di investimento sono enormi. Secondo le ultime stime, la quota di investimenti dovrà aumentare di circa cinque punti percentuali del Pil ai livelli visti l’ultima volta negli anni 60 e 70”.

La formazione dei lavoratori come priorità

La prima priorità, per Draghi, “è colmare il divario di innovazione con l’America. L’Europa ha in gran parte perso la rivoluzione digitale guidata da Internet e l’incremento di produttività che ha portato. Infatti, il divario nella produttività tra l’UE e l’America dal 2000 è in gran parte spiegato dal settore tecnologico. L’UE rimane debole nelle tecnologie emergenti che guideranno la crescita futura. Le aziende europee si specializzano in tecnologie mature dove il potenziale per le innovazioni è limitato”.

Tra gli impegni prioritari che l’Unione deve assumere c’è quello della formazione dei lavoratori. “Il Rapporto pone il miglioramento delle competenze al centro di questa agenda, affinché le aziende europee possano trovare i talenti di cui hanno bisogno per innovare e adottare tecnologie. Cosicché le persone in Europa possano beneficiare appieno del cambiamento tecnologico. Mentre l’UE dovrebbe mirare a eguagliare l’America in innovazione, dovrebbe superarla nella formazione e nell’apprendimento degli adulti”.

Upskilling, reskilling e lifelong learning sono, dunque, strumenti primari di competitività ancor più in una situazione di crisi demografica come l’attuale. Più che mai in un’Europa che fatica a vedere l’immigrazione di forza lavoro come un’opportunità. E la affronta, sotto la spinta dell’ondata sovranista, in primo luogo, come una minaccia esistenziale.

La crisi del nostro tessuto industriale

Stringendo il fuoco della nostra osservazione sulla situazione italiana, il nodo gordiano che aggredisce la nostra economia è il potenziale collasso del tessuto industriale. Spinto dalla crisi brutale del settore automotive europeo, che trascina con sé le vaste filiere dell’indotto. Lo stato di crisi dei settori industriali è assai più strutturale di quanto non mostrino i dati assoluti sull’occupazione che, decontestualizzati, ci parlano di numeri da record.

L’Italia non ha mai registrato una quantità simile – oltre 24 milioni – di lavoratori occupati dal 1970. Ma si deve fare molta attenzione nell’analizzare la sostanza di questo andamento del mercato del lavoro. Cosa che ha fatto il nostro Centro Studi di Lavoro&Welfare nel suo ultimo Rapporto “Occupazione: il punto su Europa e Italia, aggiornato a settembre 2024”. In primo luogo, se allarghiamo lo sguardo al contesto europeo, scopriamo che quel 62% di tasso di occupazione, registrato il Italia nel secondo trimestre 2024, è ben lontano dalla media europea del 70,8%. E ancor più dal 77,6% di occupati in Germania.

Se poi rivolgiamo lo sguardo all’occupazione femminile, le donne rappresentano poco più del 42% del totale degli occupati. E se dal genere ci spostiamo alle classi di età, l’occupazione dei giovani tra 15 e 24 anni si ferma in Italia a uno striminzito 19,7%. A fronte di oltre il 51% della Germania. C’è un altro fenomeno da tenere in massimo conto: la dinamica delle ore lavorate per macrosettori ci rivela uno spostamento strutturale dell’economia italiana verso il terziario, mentre il manifatturiero regredisce.

Infatti, se le ore lavorate nel terziario, nel secondo trimestre 2024 sono superiori del 6% al livello del secondo trimestre del 2008, la contrazione nell’industria, rispetto a quello stesso anno, è di circa il 19%. E quelle del terziario sono le attività nelle quali si annidano maggiormente, oltre al nero, il lavoro a tempo, lo stagionale, il part-time, che è talvolta finto, e le partite Iva che non sono realmente tali.

La conseguenza, ovvia, è una diffusione del sotto-salario. La crescita della stabilità del lavoro è, perciò, in parte più apparente che concreta. È, dunque, necessario prendere pienamente coscienza della dimensione progettuale di politica industriale, occupazionale e della formazione che dobbiamo adottare. Come osserva Draghi, il rallentamento sempre più accelerato della crescita ci mette in uno stato di concreta calamità. La sfida della competizione è quantomai severa.

Cesare DamianoChi è Cesare Damiano

Nato a Cuneo nel 1948, è stato Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale nel secondo Governo Prodi ed è ricordato per essere l’artefice del Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro. Dal 2006 al 2018 è Deputato della Repubblica eletto nelle liste del PD e dal 2013 al 2018 è Presidente della Commissione Lavoro della Camera. Cesare Damiano svolge oggi attività di ricerca, formazione e consulenza in materia di sicurezza, diritto del lavoro, politiche dell’occupazione, relazioni industriali, contrattazione collettiva, welfare e previdenza. Inoltre, è Presidente dell’Associazione Lavoro&Welfare e del Centro Studi Mercato del Lavoro e Contrattazione.

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