Aziende e lavoratori: che anno sarà?

Quest’anno, più che in passato, abbiamo vissuto un gennaio intenso per la normativa lavoristica. L’avvocato Olimpio Stucchi ci aiuta a comprendere gli interventi più rilevanti e le ulteriori implicazioni connesse alla transizione tecnologica e all’ evoluzione delle HR

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novità normativa lavoristica 2025

di Maria Cecilia Chiappani | Dalla Legge di Bilancio al Collegato Lavoro, passando per una normativa lavoristica fatta di proroghe, novità e sentenze che provano a regolare la complessità e le rinnovate esigenze di aziende e lavoratori.

Abbiamo fatto il punto sul panorama giuslavoristico del 2025, tra sfide, lacune e opportunità, con l’avvocato Olimpio Stucchi dello Studio Uniolex – Stucchi & Partners, consulente legale esperto diritto del lavoro nazionale e internazionale.

Il primo mese dell’anno è sempre denso di novità per la normativa lavoristica. Quali sono i temi di maggiore interesse per il 2025?

Gennaio 2025 si è confermato (forse anche più dei precedenti anni!) un mese “pieno” di interventi di rilievo: non solo l’approvazione della Legge di Bilancio, ma anche il nuovo Collegato Lavoro e il Decreto Milleproroghe coinvolgono da vicino le imprese. Un insieme articolato di norme dalle quali emerge che i temi di maggior interesse saranno legati alla flessibilità lavorativa.

Da intendere non solo come ricorso a forme contrattuali “diverse” dal tempo indeterminato (es. lavoro o somministrazione a termine, oggetto di “maquillage” normativo), ma anche a livello di smart working e conciliazione vita-lavoro. Da aggiungere, inoltre, la sicurezza sul lavoro e la lotta a evasione contributiva e lavoro sommerso. Su quest’ultimo argomento, segnalo un intervento normativo molto recente. La conversione in legge del D.L. Pnrr-quiquies (Legge n. 199 del 20 dicembre 2024) ha infatti confermato l’introduzione degli Isac (Indici Sintetici di Affidabilità Contributiva).

Sulla falsa riga di quanto previsto per gli Isa (Indici Sintetici di Affidabilità Fiscale), gli Isac mirano a individuare e prevenire la sottrazione di basi imponibili all’imposizione contributiva. Entro il 31 dicembre 2025 saranno approvati gli Isac per i primi due settori di applicazione, ovvero strutture ricettive e grande distribuzione alimentare. Inoltre, saranno stabiliti premialità, criteri e modalità per il loro aggiornamento periodico. Verrà poi regolata l’estensione graduale degli Isac ad almeno sei ulteriori settori a rischio entro il 31 agosto 2026. Per come attualmente disciplinati, questi indici dovrebbero costituire uno strumento di “compliance” per contrastare il lavoro irregolare, verificando la congruità della manodopera con le prescrizioni dei contratti collettivi applicati.

La Legge di Bilancio sembra confermare l’attenzione a welfare, genitorialità e supporto all’imprenditorialità. Avete riscontrato “sorprese” o si tratta di interventi attesi?

Come osservato da molti, la manovra è composta per due terzi dall’intervento per rendere strutturali, almeno per i prossimi cinque anni, la riduzione del cuneo fiscale per i redditi fino a 40mila euro e il passaggio a tre aliquote Irpef. Un provvedimento che vorrebbe aiutare, anzitutto, i redditi medio bassi a contrastare l’inflazione, con circa 100 euro in più in busta paga. Seguono gli interventi che toccano più da vicino la genitorialità, quali decontribuzione per le lavoratrici madri di due figli o ampliamento del congedo parentale indennizzato all’80% a tre mesi entro il sesto anno di vita del figlio, il welfare e il supporto all’imprenditorialità.

Su quest’ultimo tema, potrebbe aver sorpreso la “scomparsa” della Decontribuzione Sud, comunque preannunciata a giugno. La misura introdotta nel 2021 per sostenere l’occupazione nelle Regioni del Sud Italia, in delega alla disciplina europea sugli aiuti di stato, era sostenuta da un fondo pluriennale. La Commissione Europea ha però concesso l’applicazione del provvedimento solo fino alla fine del 2024. Di conseguenza, per garantire il mantenimento dei livelli occupazionali e contribuire alla riduzione dei divari territoriali, in sostituzione vi sono due nuovi esoneri contributivi. Uno diretto alle Pmi fino a 250 dipendenti e l’altro alle aziende con organici superiori a 250 persone.

Dal 12 gennaio è in vigore il Collegato Lavoro, che parla soprattutto di sicurezza, contratti a termine e partite Iva. Punti di forza e debolezze?

Premesso che un giudizio esaustivo potrà essere dato solo in presenza dei decreti attuativi, e dopo aver compreso come le nuove regole saranno interpretate e applicate sia dai Tribunali sia dalle autorità amministrative (tra cui, l’Ispettorato del Lavoro), si possono individuare due punti di forza.

Primo, la risoluzione del rapporto di lavoro per assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine stabilito dal contratto collettivo o, in mancanza di previsione contrattuale, oltre quindici giorni, senza la necessità di applicare la disciplina sulle dimissioni telematiche. Secondo, nell’ambito della sorveglianza sanitaria, la possibilità di svolgere visite mediche preventive per valutare l’idoneità alla mansione specifica anche in fase pre-assuntiva. E aver rimesso alla valutazione del medico competente la decisione di effettuare o meno le visite mediche precedenti alla ripresa del lavoro a seguito di assenze superiori a 60 giorni continuativi.

Tra i punti di debolezza, invece, oltre alla tecnica legislativa utilizzata, la formulazione contraddittoria della norma sul periodo di prova nei contratti a termine (art. 13). Forse per una svista, l’intervento parrebbe riferirsi solo ai contratti di durata inferiore a 12 mesi, rischiando di creare regimi di prova parzialmente diversi e di non facile coordinamento. La norma, inoltre, non precisa se per “contrattazione collettiva” possa intendersi anche la contrattazione di secondo livello.

Contratti a tempo determinato e altre forme flessibili sono al centro del dibattito e dei contenziosi. Come si sta evolvendo la normativa?

Guardando i dati del Ministero della Giustizia, si “scopre” che le cause di lavoro avviate nei tribunali italiani nel 2023 sono state 281.306. Un rialzo del 6,7% continuato anche nei primi mesi del 2024. Già nel 2022 si segnalava l’aumento del numero di fascicoli dopo otto anni di continuo calo. Inoltre, l’aumento più consistente nel 2023 è legato al pubblico impiego, seguito dalle cause contro i licenziamenti individuali e collettivi.

Le controversie originate dai contratti a termine non sono, quindi, le più ricorrenti. E questo è, con molta probabilità, il risultato di scelte normative che, fino al 2018, avevano molto semplificato la materia per garantire flessibilità alle aziende senza rinunciare alle tutele che la Direttiva Europea 1999/70/CE riconosce ai lavoratori. Vero però che, nell’ultimo quadriennio, il quadro normativo è diventato più frammentario. Soprattutto a seguito dei continui “rimaneggiamenti” delle norme legati o all’emergenza covid o alla proroga dei regimi derogatori. Circostanze da cui potrebbe discendere un nuovo innalzamento del numero delle vertenze.

Una conferma di questa frammentarietà si trova nell’ultimo Milleproroghe, dove si proroga al 31 dicembre 2025 la norma dell’art. 19, comma 1, D.Lgs. 81/2015 che consente ai datori di lavoro di stipulare contratti a tempo determinato di durata superiore a 12 mesi (ma inferiore a 24) anche in assenza di causali individuate dai contratti collettivi, ove sussistano esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti.

Altrettanto attuale, il tema del controllo a distanza dei lavoratori. Qual è la situazione?

Un tema complesso, in quanto si tratta di un argomento in cui la disciplina giuslavoristica (anzitutto l’Art. 4 St. lav.) si intreccia con la tutela della privacy (D.Lgs. n. 196/2003 modificato dal Gdpr). Per questo non basta una lettura della previsione normativa per potersi “orientare”, ma occorre conoscere come la normativa è interpretata dalla giurisprudenza più recente e quali sono le decisioni assunte dal Garante della Privacy.

Facendo un sintetico accenno alle ultime novità, quella di maggior rilievo riguarda una recentissima decisione della Cassazione (sentenza del 13 gennaio 2025), relativa ai controlli difensivi “in senso stretto”. Vale a dire quelli diretti ad accertare ex post comportamenti illeciti dei lavoratori. Secondo la Corte, il controllo informatico su file di log contenenti informazioni di epoca antecedente all’alert generato dal sistema informatico aziendale viola l’Art. 4. In concreto, si trattava di informazioni sulle e-mail inviate da un dirigente a gennaio 2017, a fronte di un alert di febbraio 2017.

Per la Corte, il datore può effettuare controlli tecnologici solo su comportamenti posti in essere dopo l’insorgenza di un fondato sospetto. In poche parole, il punto di equilibrio tra l’esigenza di protezione di interessi aziendali e la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore viene superato se si consente al datore, pur in presenza di un fondato sospetto, di estendere i controlli difensivi a tutti i dati raccolti e conservati nel sistema.

Principi identici erano già stati applicati dalla Corte d’Appello di Venezia, nel maggio 2024, quando un datore aveva richiesto a un’agenzia investigativa accertamenti sull’illecito di un dirigente. Anche qui, i risultati erano stati giudicati inutilizzabili perché l’indagine si era svolta con modalità invasive per la sfera privata del dirigente e svolte prima dell’insorgenza del fondato sospetto.

Cosa sta succedendo, invece, allo smart working? Riscontrate difficoltà nella sua gestione?

A dicembre 2024 ha fatto molto clamore la decisione di Amazon di “richiamare” in ufficio i dipendenti. Nulla di simile dovrebbe accadere in Italia dove, numeri alla mano forniti dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, si prevede nel 2025 una crescita del 5% del lavoro a distanza. Dal punto di vista normativo e gestionale, con il venir meno dall’aprile scorso della norma che riconosceva ai genitori di figli minori di 14 anni il diritto allo smart working, sono cessate le difficoltà legate al ricorso abusivo.

Non sembrano invece risolte le criticità previdenziali/assistenziali che insorgono quando il dipendente chiede di lavorare dall’estero. Oppure quelle legate alla mancata previsione, nell’accordo individuale, della possibilità per il datore di modificare le modalità di svolgimento della prestazione in “agilità” al sopravvenire di nuove esigenze organizzative.

Inoltre, il Collegato Lavoro 2024 prevede che la comunicazione del datore, in via telematica al Ministero del Lavoro, dei lavoratori e della data di inizio e fine del lavoro agile, debba essere resa entro cinque giorni dalla data di avvio del periodo. Oppure entro cinque giorni successivi al verificarsi dell’evento modificativo la durata o cessazione del periodo di lavoro in modalità agile. Infine, il 10 gennaio 2025 la Cassazione ha stabilito che il datore deve accogliere la domanda di smart working del lavoratore disabile, anche se l’accordo aziendale per le sue mansioni lo esclude, a meno che ciò non generi oneri finanziari sproporzionati per l’azienda. L’affermazione è destinata a fare “scalpore”, considerato che la legge prevede solo il diritto di precedenza dei lavoratori con disabilità grave.

Diversità, inclusione e parità di genere sono principi più rilevanti rispetto al passato?

Da anni il diritto euro-unitario promuove i contributi che nascono dalle differenze di genere nel luogo di lavoro e considera diversità e inclusione elementi strategici per l’organizzazione aziendale. Già con le Direttive n. 2006/54/CE e n. 2014/95/UE il legislatore europeo si era mosso per contrastare la discriminazione sul luogo di lavoro e per promuovere l’uguaglianza di genere.

Dal 2021, è entrata in vigore in Italia la Legge n. 162/2021 in materia di pari opportunità, in rafforzamento della tutela già offerta dal D.Lgs. n. 198/2006 (Codice delle Pari Opportunità). Inserendo un inedito sistema di certificazione e conseguente premialità per le aziende virtuose e inasprendo l’apparato di sanzioni e controlli.

Più recentemente, con la direttiva 2023/970/UE del 10 maggio 2023, il Parlamento Europeo e il Consiglio hanno deciso di intervenire per dare effettiva attuazione al principio della parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o lavoro di pari valore (art. 157 Tfue) e al divieto di discriminazione (art. 4, direttiva 2006/54/CE). Per raggiungere tali obiettivi, la direttiva agisce attraverso specifici meccanismi. Tra cui l’obbligo per i datori con almeno 100 dipendenti di comunicare alle autorità competenti informazioni dettagliate sul divario retributivo di genere. Gli Stati membri hanno tempo fino al 7 giugno 2026 per recepire la Direttiva.

Quali implicazioni comporta il crescente utilizzo dell’AI nella gestione delle risorse umane? Aumenta la complessità nella protezione dei dati?

Il punto di partenza di ogni riflessione su questa prospettiva dovrebbe essere uno: le nuove tecnologie possono creare opportunità, ma anche potenziali rischi. Per questo è interessante leggere il Regolamento 2024/1689/UE, in vigore dal 1° agosto 2024. Le cui previsioni, molto complesse, si focalizzano sull’idea di stabilire norme più stringenti dove aumenta il rischio di compressione / limitazione di diritti fondamentali. Da un punto di vista strettamente giuslavoristico, le imprese dovrebbero sapere che il Regolamento vieta talune pratiche di AI.

Per esempio, i sistemi che utilizzano tecniche subliminali, manipolative e ingannevoli per distorcere il comportamento di una persona, pregiudicandone la capacità di prendere una decisione informata. Oppure quelli che valutano o classificano le persone sulla base di comportamento sociale, caratteristiche personali o di personalità note, inferite o previste. Infine, è vietata l’AI che classifica individualmente le persone sulla base dei dati biometrici per trarre deduzioni o interferenze in merito a etnia, opinioni politiche, appartenenza sindacale, convinzioni religiose o filosofiche, vita od orientamento sessuale.

Passando alla vostra esperienza, quali sono le problematiche sottoposte dalle aziende?

Gli avvocati dello Studio Uniolex vantano una lunga esperienza maturata in law firm internazionali. Anche oggi assistiamo gruppi nazionali o multinazionali, in diversi comparti merceologici, perciò le problematiche spaziano dalla consulenza al contenzioso. I temi più rilevanti possono essere, in sintesi, le grandi ristrutturazioni delle aziende industriali, rispetto alle quali seguiamo procedure sindacali, consulenza e contenzioso. Le politiche di remunerazione per le aziende di credito e l’assistenza a tutto tondo sui reclutamenti nel settore private banking. Ma anche gli accordi sindacali di secondo livello o di prossimità per diversi settori e la consulenza circa i contratti di lavoro internazionali.

Trattiamo inoltre policy e accordi sindacali per l’utilizzo di strumenti informatici o di Intelligenza Artificiale, l’ormai classico smart working o la fidelizzazione di Top Manager con piani di Long Term. Infine, l’assistenza nelle questioni con enti previdenziali e ispettivi. Un ventaglio di attività che spesso ci impongono di attingere alle competenze multidisciplinari nei settori del diritto civile e commerciale, o del diritto della privacy, maturate dopo tanti anni di professione.

Come è cambiato il ruolo degli avvocati che si occupano di lavoro e come si evolverà in futuro?

Ho iniziato molti anni fa e, allora, la professione ci chiedeva di essere tipicamente “contenziosisti”, talvolta chiamati a svolgere anche attività di consulenza stragiudiziale. Successivamente mi sono trovato a operare in uno studio internazionale, incontrando il modello professionale richiesto dalle multinazionali, che anche oggi prevede, ovviamente, di operare in lingua inglese e di fornire un’approfondita consulenza preventiva, funzionale alla gestione ottimale di un eventuale contenzioso.

Quindi un approccio concreto, direi aziendalistico, rispetto alle singole questioni, e non “dotti” pareri o valutazioni legali, che impone di lavorare per scenari alternativi e soluzioni concrete. Infatti, mi sono trovato più volte a partecipare a processi decisionali interni, nei quali l’avvocato era più che un partner per il cliente.

Oggi, siamo all’inizio dell’era dell’AI, che certamente impatterà sulle nostre attività, ma nel lungo periodo meno di quanto possiamo ipotizzare. Vale a dire che inciderà sulle attività ripetitive e più semplici, supporterà l’acquisizione di conoscenza diffusa. Ma credo che la mente umana e la relativa qualità nelle competenze potrà sempre fare la differenza rispetto a qualsiasi macchina predittiva o decisionale. Rispetto alla quale non posso che esprimere la mia seria preoccupazione ove mai la macchina potesse prevalere sull’uomo.

In conclusione, penso che la professione proseguirà sulla strada delle specializzazioni, che andrebbero coltivate maggiormente sin dall’università, e sull’incremento delle attività a valore aggiunto di natura intellettuale. Anche in ragione della progressiva presenza, nelle aziende, di legali in grado di gestire bene un buon ventaglio di tematiche di vari livelli.

Avvocato Olimpio Stucchi dello studio Uniolex - Stucchi & PartnersChi è Olimpio Stucchi

Olimpio Stucchi è Managing Partner di Uniolex – Stucchi & Partners e consulente in diritto del lavoro nazionale ed europeo, previdenziale, sindacale, contenzioso lavoristico, outsourcing e correlato contenzioso. Assiste importanti gruppi e aziende in materia di riorganizzazioni del personale, contrattazioni collettive e relazioni industriali, licenziamenti, outsourcing, politiche retributive e schemi incentivanti, regolamenti, sicurezza e distacchi internazionali. Relatore in corsi di alta formazione presso istituzioni accademiche e associazioni imprenditoriali, si è laureato all’Università Cattolica di Milano, è iscritto all’Ordine degli Avvocati dal 1990 ed è abilitato al patrocinio presso la Corte Suprema di Cassazione e altre Magistrature Superiori dal 2002.

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