Errori e ritardi in busta paga? Nell’ultimo anno hanno colpito 4 lavoratori su 10, e per quasi uno su 5 (18%) gli errori sono stati tre o più nel giro di 12 mesi.
È quanto emerge dallo “State of payroll report 2024” basato su un’indagine condotta su 2.500 professionisti nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Germania, e 1.300 responsabili HR e payroll. E non è tutto: oltre 4 lavoratori su 10 (42%) hanno ammesso che questo tipo di disguidi può impattare in maniera negativa sulla loro soddisfazione. Generando mancanza di fiducia nei confronti del datore di lavoro.
Sarebbe sbagliato, tuttavia, ritenere che i ritardi in busta paga possano generarsi esclusivamente nelle piccole realtà. Oltre la metà degli intervistati ha avuto almeno un problema di questo tipo nella propria carriera e il 50% che ne ha sperimentato uno nell’ultimo biennio. Quasi l’11% ha subito un errore in busta paga solo nel mese precedente al sondaggio.
Le conseguenze dei ritardi in busta paga
L’errore più comune? Un ritardo nei pagamenti, che è anche la tipologia di “incidente” con le conseguenze più antipatiche. Gli intervistati hanno infatti riferito che l’impatto più comune di un pagamento tardivo è una condizione di “stress e ansia” (47%). La “pressione familiare” è la terza conseguenza (23%), dopo il “rinvio di pagamenti necessari”. Il 37,6% degli intervistati ha riferito che i ritardi nella percezione del salario li ha costretti a saldare in ritardo bollette e affitti o li ha messi in situazioni di scoperto.
Le donne, inoltre, hanno maggiori probabilità di soffrire di ansia correlata a errori e ritardi in busta paga rispetto agli uomini. L’impatto emotivo degli errori è avvertito in modo più acuto dalle dipendenti: oltre la metà (52%) si sente stressata rispetto al 42% degli uomini. A livello anagrafico, invece, i più colpiti sono i giovani. Oltre il 70% degli intervistati di età compresa tra i 16 e i 24 anni ha riscontrato un errore in busta paga negli ultimi due anni, rispetto a solo il 30% di quelli di età pari o superiore a 55 anni.
Come leggere questi dati
Il motivo? Sebbene i lavoratori della Gen Z siano i meno propensi a controllare la propria busta paga (il 47% non la controlla ogni mese), questo tasso di errore più elevato potrebbe essere dovuto a una minore stabilità. I più giovani, infatti, in genere cambiano ruolo più spesso, sia per necessità sia per scelta.
Un’altra curiosità riguarda i lavoratori che godono di full smart working. Nei tre mesi antecedenti al sondaggio, un numero inferiore di dipendenti da remoto (17%) ha riscontrato un errore rispetto a quelli in ruoli ibridi o completamente in presenza (22%). Sebbene, come i giovani, anche i lavoratori completamente da remoto controllino la busta paga meno frequentemente, questo potrebbe essere correlato al fatto che le aziende completamente smart abbiano strumenti più precisi a disposizione per monitorare l’erogazione dei pagamenti.
Secondo Cristina Danelatos, CEO Area HR Innovation e IT Corporate di Zeta Service, “in uno scenario altamente competitivo per le imprese diventa assolutamente fondamentale dimostrarsi trasparenti nell’elaborazione delle buste paga e dei pagamenti. Ritardi in busta paga ed errori minano il rapporto di fiducia tra il dipendente e l’azienda e rischiano di inficiare il clima sul luogo di lavoro”.
Le sfide per i responsabili HR
Non è, tuttavia, solo una questione legata ad aspetti umani. Tocca infatti spesso agli uffici HR la selezione dei fornitori che si occupano di payroll e HR administration. Errori in questo ambito quindi producono delle conseguenze destinate a ripercuotersi in maniera significativa sulla vita degli addetti alle risorse umane in azienda. A proposito di gestori in outsourcing dei servizi payroll, sembrerebbero proprio questi, rispetto a una gestione interna, a garantire una maggiore accuratezza. In 7 organizzazioni su 10 (71%) che esternalizzano le buste paga si riporta un impatto positivo sulla precisione delle buste.