di Annalisa Cerbone |
L’Italia si conferma tra i primi Paesi al mondo per la distanza tra offerta e domanda di lavoro, vale a dire che le imprese hanno bisogno di figure professionali che però non trovano.
Circa il 47% delle aziende non riesce a reclutare talenti con le giuste competenze. Si tratta perlopiù di figure professionali con competenze tecniche, operai specializzati quali elettricisti, saldatori, meccanici, operatori Cnc, tecnici meccanici. Persiste dunque uno scollamento tra il mondo del lavoro e quello dell’istruzione e della formazione. Paradossalmente c’è una significativa richiesta di figure professionali che non viene colmata perché non reperibili sul mercato e non dotate delle competenze adeguate e richieste.
L’introduzione della misura Reddito di cittadinanza avrebbe potuto impattare positivamente questo gap se si fosse fatta una ricognizione delle figure professionali di cui vi è carenza e si fosse fatta un’attenta analisi dei fabbisogni. Patto della formazione e patto del lavoro sarebbero andati a braccetto e si sarebbe creata reale occupazione.
Il problema del disallineamento tra domanda e offerta rappresenta un fenomeno su cui intervenire con politiche adeguate, che non possono prescindere dall’ascolto dei fabbisogni delle aziende, soprattutto di quel tessuto di piccole e medie aziende che rappresentano il cuore del sistema produttivo italiano e dall’analisi dei settori lavorativi in via di sviluppo. Lo skills mismatch non va confuso con lo skills gap: il problema non è l’assenza di potenziali lavoratori, ma la mancanza di corrispondenza tra le loro competenze e le mansioni che devono svolgere.
Competenze tecniche e tecnologiche
La mancanza di dialogo tra settore privato e sistema educativo ha provocato un netto divario tra gli obiettivi formativi e le competenze professionali.
Tale gap può essere colmato grazie agli ITS, gli Istituti Tecnici Superiori in grado di formare professionisti dotati delle competenze tecniche specialistiche richieste dalle aziende e immediatamente pronti a entrare nel mondo del lavoro. Gli ITS costituiscono il segmento di formazione terziaria non universitaria che risponde alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche per promuovere i processi di innovazione.
Rappresentano un’opportunità di assoluto rilievo nel panorama formativo italiano in quanto espressione di una strategia fondata sulla coesione delle politiche d’istruzione, formazione e lavoro con le politiche industriali, con l’obiettivo di sostenere gli interventi destinati ai settori produttivi con particolare riferimento ai fabbisogni di innovazione e di trasferimento tecnologico delle piccole e medie imprese. Accedono ai corsi, i giovani e gli adulti in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore e coloro che, in possesso di un diploma quadriennale di istruzione e formazione professionale, abbiano frequentato un corso annuale IFTS.
Almeno il 30% della durata dei corsi è svolto in azienda stabilendo subito un legame molto stretto con il mondo produttivo attraverso stage anche all’estero. Durante questo periodo di formazione professionale, gli studenti hanno l’opportunità di sperimentare direttamente sul campo le competenze acquisite e di contribuire allo sviluppo dei processi di digitalizzazione aziendali. Il corpo docente proviene per almeno il 50% dal mondo del lavoro, si tratta di professionisti di settore messi a disposizione dalle aziende che collaborano con l’ITS, che portano in aula le competenze e le tecnologie che utilizzano quotidianamente nel proprio lavoro.
I corsi si articolano di norma in quattro o sei semestri e sono strutturati per competenze anziché per materie, con un approccio didattico basato sull’“imparare facendo” con un taglio pratico ed esperienziale e l’utilizzo delle tecnologie che caratterizzano Industria 4.0. I corsi si concludono con verifiche finali, condotte da commissioni d’esame costituite da rappresentanti della scuola, dell’università, della formazione professionale ed esperti del mondo del lavoro. L’esperienza lavorativa in azienda può essere svolta in regime di apprendistato, garantendo una maggiore integrazione tra formazione e lavoro, per ridurre il disallineamento tra domanda e offerta di figure e competenze professionali. Al termine del corso si consegue il Diploma di Tecnico Superiore con la certificazione delle competenze corrispondenti al V livello del Quadro europeo delle qualifiche – EQF.
Gli ITS visti da un esperto
Abbiamo chiesto a Paolo Lanzilli presidente dell’Istituto Tecnico Superiore per la Mobilità Sostenibile Trasporti Ferroviari di Maddaloni (CE) di raccontarci la sua esperienza.
Presidente Lanzilli in che modo intende attrarre l’attenzione delle grandi Imprese e delle Pmi sul sistema formativo dell’ITS?
L’obiettivo è quello di proseguire su una strada tracciata da tempo, ossia attraverso un coinvolgimento sempre più ampio e una partnership più strutturata con le imprese. L’inserimento di allievi provenienti da percorsi ITS consente alle aziende di garantire la possibilità di ridurre i costi di reclutamento di lavoratori completamente esperti e disporre di un gruppo di persone con competenze pratiche, conoscenze e qualità specifiche. Un ulteriore vantaggio è rappresentato proprio dalla rispondenza dei percorsi formativi ai profili richiesti dal mercato del lavoro, dalla possibilità di poter contare su risorse con una formazione di qualità e personalizzata in grado di integrare formazione tecnico scientifica e sviluppo di soft skill.
Come può un’offerta formativa rispondere alle sollecitazioni del mercato e assicurare un futuro lavorativo alle nuove generazioni?
In una società in continuo cambiamento, nella quale l’innovazione tecnologica è permanente e ove nascono professioni nuove che richiedono specifiche ed approfondite competenze tecniche, credo che gli ITS possano colmare una mancanza importante nel sistema produttivo del Paese e rispondere ad un mercato del lavoro che richiede una formazione di livello terziario dedicata, specifica e fortemente radicata nei contesti produttivi locali. È la flessibilità dei percorsi formativi degli ITS il loro punto di forza. Al definirsi di una nuova domanda nel mercato del lavoro essi possono garantire la preparazione di figure specifiche, adattando i propri percorsi alla rapida innovazione messa in atto dall’azienda e offrendo importanti opportunità di collocamento professionale ai nostri giovani. Sono queste caratteristiche strategiche che impongono di sostenere il modello ITS, oggi, ma anche negli anni a venire, che saranno sempre più caratterizzati da un mercato del lavoro con richieste di specifiche e qualificate competenze tecniche.
Secondo lei quale sarà il futuro degli ITS e della formazione tecnica?
Ritengo che gli ITS debbano diventare un punto di riferimento per la formazione tecnica specialistica non solo nella transizione scuola-lavoro, ma anche per la formazione lungo tutto l’arco della vita lavorativa, per la ricerca applicata e per ogni attività ad essa connessa come nelle migliori esperienze internazionali. È necessario, inoltre, chiarire e valorizzare, anche al fine di rendere strutturali le risorse dedicate al Sistema ITS, la relazione con le diverse istituzioni di riferimento: Regioni, Miur, Mise, Ministero del Lavoro.
Riuscirà la formazione tecnica a colmare quel gap tuttora esistente tra formazione e lavoro?
L’Istruzione Tecnica Superiore nasce con lo scopo di rispondere efficacemente, tramite la formazione, al gap tra domanda e offerta di lavoro, concentrandosi su tutte quelle professionalità che le aziende cercano e che non ritrovano poi nei giovani che terminano il percorso di studi. Riponiamo grande fiducia nei giovani che frequentano l’ITS perché essi rappresentano un mix vincente tra teoria e pratica: sommano infatti una buona formazione accademica all’esperienza sul campo, fatta di attività lavorativa e di conoscenza delle aziende del settore. Le imprese, quindi, possono avere a disposizione una risorsa “fresca”, da formare e vedere crescere e, se i risultati sono positivi, inglobare in organico, con un bagaglio di esperienza professionale che è la caratteristica più richiesta quando si cerca personale giovane, ma che difficilmente si concilia con un curriculum prettamente universitario.
È stato nominato presidente da pochi mesi; che idea si è fatto del funzionamento degli ITS e quale elemento innovativo vorrebbe apportare?
Oggi la meccanica tradizionale si sta sempre più evolvendo nella meccatronica. L’entrata in vigore della quarta rivoluzione industriale è stata oggetto di importanti evoluzioni, in primo luogo, il nuovo modello di produzione industriale totalmente automatizzata e interconnessa, implica, sul piano della qualificazione e riqualificazione delle competenze professionali, la conoscenza delle cosiddette Tecnologie abilitanti (Big data, Realtà aumentata, super connessione degli impianti ecc.). Gli studi e gli investimenti rivolti all’evoluzione delle aziende mettono in luce la necessità di formare personale specializzato nelle nuove mansioni necessarie per il passaggio della manifattura italiana a Industria 4.0. Per queste ragioni, nel breve periodo ci auspichiamo che l’ITS possa avviare una evoluzione degli attuali profili, attribuendo ad essi un carattere più innovativo a partire dal rafforzamento della didattica relativamente a tutti gli aspetti legati ai temi della sicurezza ferroviaria, della mobilità sostenibile, dell’automazione industriale.
GLI ITS IN ITALIA, QUALCHE NUMEROSono 104 gli ITS sul territorio correlati a 6 aree tecnologiche:
La maggior parte degli ITS è localizzato in Lombardia (20); seguono Campania (9); Lazio (8); Emilia- Romagna, Piemonte, Toscana e Veneto con 7 ITS; Puglia con 6 ITS; Sicilia, Calabria e Abruzzo con 5 ITS; Marche, Liguria, Friuli Venezia Giulia con 4 ITS, Sardegna 3 ITS; una sola Fondazione è presente in Molise, Umbria e Basilicata. Emilia-Romagna, Piemonte e Lombardia sono le regioni ad avere almeno una Fondazione ITS in tutte le aree tecnologiche. |