Politiche attive per la cultura e il turismo

I beni culturali, il turismo e le politiche attive del lavoro sono il nostro unico bene comune e rappresentano la soluzione per aiutare il nostro Paese a uscire dalla più grande crisi socio-economica della storia.

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di William Scolastico* |

Si stima che l’Italia possegga oltre il 50% dei beni culturali al mondo (scavi archeologici, chiese, musei, pinacoteche, biblioteche ecc.). Tale percentuale non è intesa solo come siti Unesco: deteniamo il maggior numero di siti inclusi nella lista dei patrimoni dell’umanità (58), che rappresentano il 5,02% dei siti sul totale mondiale.

Quanto spende l’Italia in “Turismo” e “Tutela dei Beni Culturali”? Le svariate crisi socio-economiche degli ultimi 20 anni hanno ridotto sempre di più gli stanziamenti nelle Leggi di Bilancio. Nel 2008 abbiamo raggiunto il minimo storico di spesa dello 0,08% del Pil fino ad arrivare nel 2019 al solo 0,15% del Pil. Per il 2020 il dato resta più o meno invariato rispetto all’anno precedente. La media europea è dello 0,40%, Francia 0,60%, Spagna e Germania 0,40%, l’Ungheria sfiora l’1,3%.

L’Italia possiede anche un altro primato negativo, la più alta percentuale europea di disoccupati, circa il 10%. Nel 2013 abbiamo sfiorato quasi il 13%. Il tasso di disoccupazione nell’area euro si attesta al 7,7%. Il tasso di occupazione italiana è al 56,6%, mentre nell’area euro è al 73,1%. Quanto spende l’Italia in politiche attive del lavoro? La spesa italiana resta tra le più basse in Europa, in politiche attive non raggiungiamo neanche lo 0,08% del Pil, mentre per i servizi per l’impiego siamo prossimi allo zero, 0,04% del Pil. Di contro, la spesa per le politiche passive è pari al 1,29% del Pil. Altro dato che deve farci riflettere è la bassa percentuale di popolazione italiana in età lavorativa (25-64 anni) in possesso dell’ istruzione terziaria, meno del 19,6% contro il 33,2% dell’Ue.

Turismo e cultura in Italia

Quanti beni culturali vediamo in giro per il Bel Paese, senza alcuna cura, restauro, valorizzazione, accesso e investimento? Quanti inoccupati e disoccupati conosciamo e colloquiamo senza concrete e vincenti politiche attive del lavoro?

Le istituzioni del nostro Paese trattano i due argomenti di così grande importanza, in maniera identica e disinteressata. Molti beni culturali e attrazioni turistiche sono chiusi, invisibili, non fruibili e curati, finché non crollano. Gli attuali e i prossimi inoccupati o disoccupati sono lì fermi, e a loro vengono fornite solo politiche passive e assistenziali. Siamo detentori del maggior numero di beni culturali al mondo, ma facciamo poco o nulla per farli divenire la più grande “fabbrica” al mondo, aperta tutto l’anno, h24. Abbiamo la più alta percentuale di disoccupati e di non scolarizzati in Europa, ma non facciamo nulla per convertire la nostra spesa (la più alta in Europa) da politiche passive in politiche attive, unite a una nuova e forte scolarizzazione, educazione e formazione.

Mancano da troppo tempo investimenti, sensibilità, idee, progetti che curino, restaurino e valorizzino i beni culturali, il turismo e le politiche attive del lavoro. Il turismo e la cultura in Italia valgono ad oggi il 6,1% della ricchezza totale prodotta dal Pil, dando lavoro a un milione e mezzo di persone, numeri che salirebbero fino a raddoppiare se si sfruttassero a pieno tutte le risorse disponibili.

Interventi, progetti e soluzioni

Il Consiglio superiore dei beni culturali lo scorso 24 dicembre 2020 ha richiesto interventi urgentissimi e non più procrastinabili per quanto riguarda la carenza delle risorse umane. In media, la carenza complessiva di personale rispetto alle dotazioni organiche si attesta attorno al 40%, in aumento tendenziale verso il 50% nel 2021, e la carenza di dirigenti raggiunge punte anche del 60%, fino ad arrivare addirittura al 75% nel settore degli Archivi.

Alcune Regioni negli ultimi anni hanno promosso alcuni progetti utili a una ricollocazione e formazione di disoccupati nel settore culturale e turistico, ma come sempre accade sono stati sprazzi di lucidità limitati nel tempo e disarticolati sul territorio nazionale. La soluzione esiste, ma che non sia la replica di tirocini di inclusione, cantieri lavoro, Puc, ecc. che nella maggioranza dei casi non hanno creato nuovi posti di lavoro; soprattutto perché inseriti presso soggetti pubblici con profili professionali molto bassi, dove per assumere erano e sono necessari concorsi, selezioni pubbliche e formazione.

Iniziamo a decentralizzare la detenzione dei curricula di inoccupati e disoccupati in possesso di ogni Centro dell’Impiego o altro Ente pubblico, includendo anche le Agenzie per il Lavoro; analizziamoli e associamoli alle carenze organiche del personale di musei, pinacoteche, archivi, biblioteche, scavi, chiese ecc. In assenza di preparazione, esperienza, titoli ecc. si procederà a percorsi formativi professionalizzanti, attraverso un catalogo formativo nazionale, nel rispetto delle figure professionali Mibac.

Gli inoccupati e disoccupati potrebbero essere divisi, rispetto alle caratteristiche possedute e al profilo professionale che si andrà a ricoprire, in 3 gruppi (vedi riquadro); tale divisione aiuterà subito le istituzioni culturali e turistiche a fare richiesta di personale, soprattutto a tempo determinato come fosse un Corso concorso (modalità di assunzione agli impieghi nelle amministrazioni pubbliche). I servizi dell’impiego pubblici e privati, attraverso un sistema centralizzato e unico, potranno divenire il collante e referente unico tra le istituzioni culturali e turistiche per gli inoccupati/disoccupati. Quest’ultimi si potranno così convertire ad essere il nuovo “Capitale Umano” della più grande fabbrica d’Italia, regolarizzando anche un mercato, come quello turistico, spesso sottopagato, stagionale e non regolare.

Negli anni abbiamo investito male o per nulla ogni fondo nazionale ed europeo; non abbiamo creato un progetto duraturo nel tempo ma solo estemporanei; non abbiamo saputo educare i cittadini, le imprese e le istituzioni ad attendere i buoni risultati. Abbiamo voluto tutto e subito, senza guardarci attorno, senza valutare che ogni “malato” ha bisogno di cure a volte lunghe, di accudimento, di passione, di bellezza per ritornare ad essere ammirato, utile, produttivo, unico. Il bene culturale, come l’inoccupato e il disoccupato, hanno bisogno delle stesse tante cure per ritornare ad essere “vivi”.

TRE POSSIBILI PERCORSI

Gli inoccupati e disoccupati potrebbero essere divisi, rispetto alle caratteristiche possedute e al profilo professionale che si andrà a ricoprire, in 3 gruppi:

1| Formazione – Contratto TD – Concorso – Contratto TIn
Dopo un periodo di formazione, i migliori inoccupati e disoccupati riceveranno un contratto a tempo determinato fino a 24 mesi anche in somministrazione lavoro con le agenzie per il lavoro con l’aggiunta di incentivi e premialità assunzionali. Al termine e con buon esito del contratto a tempo determinato parteciperanno a specifici concorsi per aggiudicarsi un possibile contratto a tempo indeterminato.

2| Formazione – Concorso – Contratto TI
Dopo un periodo di formazione, gli inoccupati e disoccupati parteciperanno a specifici concorsi per aggiudicarsi un possibile contratto a tempo indeterminato con l’aggiunta di incentivi e premialità assunzionali.

3| Concorso – Contratto TD o Contratto TI
Gli inoccupati e disoccupati parteciperanno a specifici concorsi per aggiudicarsi un possibile contratto a tempo determinato fino a 24 mesi, anche in somministrazione lavoro con le agenzie per il lavoro o indeterminato, con l’aggiunta di incentivi e premialità assunzionali.travel


* William Scolastico è responsabile Nazionale Politiche Attive del Lavoro di Quanta, Agenzia per il Lavoro.

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