di Paola Cozzi |
L’annuale indagine condotta dal Centro Studi di Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza, Lodi in tema di gestione delle risorse umane, dinamiche retributive e tempi di lavoro, vede, per l’edizione 2018, la collaborazione dell’Unione Industriali di Torino, Associazione Industriale Bresciana, Confindustria Bergamo, Confindustria Vicenza e Confindustria Cuneo. Sotto la lente, i differenziali retributivi, le politiche retributive, i sistemi di incentivazione, i piani di inserimento, welfare aziendale e smart working riferiti a 1.500 imprese con quasi 280 mila dipendenti, dislocate nelle province di Milano (con Lodi e Monza), Torino, Brescia, Bergamo, Vicenza e Cuneo, ovvero il cuore economico dell’Italia. Al corposo lavoro ha contribuito OD&M Consulting che, nello specifico, ha selezionato i cinquanta profili professionali più rappresentativi del territorio, riconducibili a dodici aree: amministrazione, finanza e controllo; direzione generale; marketing; ricerca e sviluppo; produzione; qualità; risorse umane; servizio clienti; sicurezza, salute e ambiente; sistemi informativi; supply chain; vendite. Una parte del rapporto è, poi, dedicata a orari e assenze dal lavoro nel solo territorio di Milano, Monza e Brianza e Lodi. Ma entriamo nel vivo dell’indagine retributiva, guardando ai numeri emersi.
Gli stipendi di operai e impiegati
Sulla base dei dati raccolti, il salario medio lordo annuo del personale operaio si attesta a 29.000 euro circa. Nella definizione della retribuzione, si osserva, per questa categoria, una maggiore importanza dell’esperienza sul campo piuttosto che della conoscenza teorica. Il che significa che un lavoratore anziano può guadagnare anche il 20% in più del collega meno esperto. La presenza di personale femminile tra gli operai è ridotta e rappresenta poco meno del 12% dei casi osservati, con un salario inferiore a quello medio (gap di genere intorno al 14%). L’analisi per tipologia aziendale rileva una correlazione tra dimensione dell’azienda e stipendi, che risultano più elevati del 17% nelle grandi realtà rispetto alle piccole, con punte superiori nelle imprese multinazionali rispetto alle nazionali (+3%) e nel terziario rispetto all’industria (+8%).
Per quanto riguarda, invece, il personale impiegatizio, le informazioni rilevate indicano che la retribuzione totale annua lorda media è di circa 39.600 euro. Rispetto al grado di scolarizzazione, in questo caso, chi è in possesso di un elevato titolo di studio guadagna di più. Il personale femminile tra gli impiegati rappresenta oltre il 36%, è più giovane e più scolarizzato, ma percepisce uno stipendio inferiore a quello medio, con un gap di genere intorno al 16,5%. Anche in questo caso, l’analisi per tipologia di azienda mette in luce il rapporto positivo tra dimensione di impresa e salari, che risultano più elevati (+26%) nelle grandi realtà.
Focus su quadri e dirigenti
La retribuzione annua lorda media del personale con la qualifica di “quadro” risulta di 68.300 euro circa, con differenze del 15% tra le singole aree di lavoro. I dati evidenziano che solo il 2,5% dei quadri ha meno di 35 anni e che la retribuzione dei giovani è del 17% più bassa di quella dei colleghi più anziani. Rispetto al grado di istruzione, chi non possiede un titolo di studio adeguato guadagna il 3% in meno dei colleghi più qualificati. La presenza di personale femminile quadro rappresenta poco meno del 23%. Le donne, anche in questo caso, risultano più giovani degli uomini, un po’ meno esperte ma più scolarizzate. Tuttavia, il livello salariale è inferiore di circa 3.300 euro rispetto a quello medio, con un gap di genere intorno al 6%.
Relativamente ai dirigenti, questi percepiscono uno stipendio totale annuo lordo di 132.400 euro, con differenze tra le singole aree di lavoro: un direttore generale arriva a guadagnare quasi il doppio di un dirigente della qualità. Qui conta decisamente meno l’anzianità: rispetto al grado di istruzione, coloro che non possiedono un titolo di studio elevato guadagnano il 15% in meno dei colleghi in possesso di titoli più alti. La presenza delle donne – in media più giovani degli uomini, più esperte e con un livello di istruzione equivalente – è molto ridotta (13% circa). E, come accade per le categorie di operai, impiegati e quadri, anche in questo caso permangono i gap di genere: la retribuzione di una donna dirigente è inferiore a quella media, con una differenza rispetto allo stipendio dei colleghi uomini che arriva al 18%.
Il valore delle competenze digitali
Per la prima volta, quest’anno, l’indagine di Assolombarda entra nel mondo 4.0, inquadrando i differenziali retributivi tra chi ricopre determinati ruoli professionali in modo tradizionale e chi, invece, possiede le competenze digitali richieste dalle nuove tecnologie. La presenza dei cinque profili declinati in versione “tradizionale” e “4.0” – progettista nell’ambito di ricerca e sviluppo, responsabile di produzione e tecnico di manutenzione nell’area produzione, tecnico di assistenza nel servizio clienti, specialista logistica nella supply chain – è stata rilevata in 350 aziende, con 80mila dipendenti. Il differenziale retributivo legato al possesso delle competenze digitali è del +16%. Tuttavia, tale vantaggio a livello salariale non trova conferma in tutti i territori presi in esame: dai dati raccolti, nelle politiche retributive di aziende non lombarde, infatti, è l’anzianità professionale a prevalere sul possesso delle conoscenze digitali. Una scelta che espone queste imprese al rischio di perdere risorse preziose dopo averle formate. Eventualità, questa, concreta, trattandosi, nel caso del personale 4.0, di lavoratori giovani e scolarizzati e, dunque, più mobili professionalmente. In ogni caso, se a livello territoriale emergono differenze riguardo all’entità del valore del sapere digitale, le caratteristiche anagrafiche e professionali dei lavoratori che lo possiedono sono le stesse in tutte le aree analizzate.