Una buona retribuzione non è più sufficiente ad assicurare la felicità in azienda. il mercato del lavoro sta mutando e, nonostante il livello di disoccupazione sia ancora altro, dimettersi non fa più paura.
Un fenomeno americano, la Great Resignation, oggi ben presente anche in Italia. Ecco perché creare ambienti piacevoli, stimolare il senso di appartenenza e assicurare un approccio empatico, sono elementi imprescindibili. Anzi, oggi possono proprio cambiare il destino di un’azienda.
Quanto conta la felicità in azienda
Su un campione di 478 aziende di diverse dimensioni, l’ultima ricerca di 4 M.A.N. Consulting ha riscontrato che il 20% dei dipendenti vuole cambiare lavoro per la mancanza di relazione interna. Il 32% ritiene che la gestione umana del proprio superiore incida negativamente sulle proprie performance. L’87% pensa che i sistemi di incentivazione economica, in assenza di riconoscimento formale della relazione, siano nulli. Il 57% degli intervistati afferma anche che in presenza di gentilezza ed empatia si è maggiormente motivati a produttivi.
Il 95% ritiene infine che alla base di una peak performance ci sia il rapporto “comprensivo” con il proprio capo e i colleghi. I lavoratori, dunque, prendono sempre più consapevolezza che la gentilezza è sinonimo di salute. Un approccio empatico aiuta a sentirsi felici e benvoluti, fa risolvere più facilmente i conflitti e spinge a essere più produttivi.
Gentilezza ed empatia sono le carte vincenti
A tal proposito, l’Università Popolare degli Studi di Milano ha intervistato un ulteriore campione rappresentativo di 348 aziende italiane di diverse dimensioni e operanti in vari settori. Qui, si rileva una produttività superiore del 68% nelle realtà in cui i rapporti interpersonali sono basati su gentilezza ed empatia. Rispetto a chi, invece, continua a mantenere un approccio più formale tra colleghi, capi, sottoposti, clienti o fornitori.
Da evidenziare, soprattutto, i dati relativi alla fiducia, che cresce del 75%. Ma anche alla soddisfazione di chi lavora o collabora con quella specifica azienda, che segna un +93%. Dati alla mano, è dunque necessario che imprenditori e manager prendano sempre più coscienza che un clima di lavoro ostile non porta benefici, anche e soprattutto in termini di business.
Felicità in azienda: c’è il Chief Happiness Officer
“Sono anni che il sistema di welfare aziendale si interroga su come si possano aumentare i livelli di benessere percepito, andando ad impattare positivamente su riduzioni drastiche di assenteismo, malattia e scarsa produttività. – fa presente Roberto Castaldo, presidente e fondatore di 4 M.A.N. Consulting -. Eppure, ancora oggi, nonostante le evidenze, il concetto di felicità in azienda viene visto con diffidenza, anche se finalmente qualcosa sta cambiando”. Alcune aziende, infatti, si stanno dotando di uno Chief Happiness Officer o manager della felicità. Una figura professionale nello staff HR con competenza in coaching che si occupa dello stato di benessere dei dipendenti e del loro livello di soddisfazione.
Una miglior qualità di vita all’interno dell’azienda, rende possibile l’acquisizione e la fidelizzazione dei migliori talenti. Gentilezza ed empatia, dunque, sono la vera rivoluzione da mettere in atto per determinare il destino di un’azienda. Una buona brand reputation, infatti, tenderà a fidelizzare non solo i talenti ma anche i clienti.