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Come imboccare la via della crescita? Quale ruolo spetta alle istituzioni pubbliche? Quale sarà il ruolo della formazione? La parola al presidente di Inps Pasquale Tridico

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Inps e futuro: intervista al presidente Tridico

di Andrea Crocioni e Mauro Meda |

Negli ultimi due anni, la pandemia di Covid-19 ha condizionato in modo drammatico gli sviluppi dell’economia e della società. L’emergenza sanitaria ha rappresentato uno shock improvviso e senza precedenti, destabilizzando profondamente il mercato del lavoro.

Nel 2020, il prodotto interno lordo italiano si è ridotto dell’8,9%, a fronte di un calo nell’Unione Europea del 6,2%. In questa fase emergenziale, l’Inps ha messo in campo uno sforzo straordinario a supporto dei cittadini, in ottemperanza delle disposizioni governative. Oggi l’Italia è un Paese che guarda al futuro con maggiore fiducia e al Next Generation EU come a un’opportunità imperdibile di sviluppo. Alla Pubblica Amministrazione spetta un ruolo determinante nel rilancio del Paese. Ne abbiamo parlato con Pasquale Tridico, Presidente dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.

Per imboccare la via della crescita e arginare il debito pubblico, occorre affrontare due importanti nodi: il ruolo della Pubblica Amministrazione nel rilancio del Paese e il tema demografico. Qual è il suo punto di vista al riguardo?

Partiamo da una considerazione: non avremmo potuto affrontare efficacemente lo shock pandemico se lo Stato e il suo welfare non fossero stati strutturati e reattivi come hanno dimostrato di essere. Dalla sanità ai servizi, dalla previdenza all’erogazione di nuove forme di assistenza: c’è stata una buona risposta. Il Paese e i governi hanno adottato scelte che hanno garantito la coesione sociale e permesso una più rapida e robusta ripresa.

Il valore di uno Stato centrale nella vita economica e sociale richiede da oggi in poi una maggiore collaborazione con il settore privato. Anche dialogo continuo con nuovi stakeholder nel mondo dell’associazionismo, in aggiunta a quello sindacale, e massicci investimenti in formazione e in innovazione tecnologica. La trasformazione digitale e le nuove opportunità di incremento di servizi saranno il vero punto di svolta della Pubblica Amministrazione in Italia. Anche se in questa trasformazione dobbiamo – per dovere costituzionale e per imperativo etico – considerare le necessità di tutti i cittadini. Specie di coloro che devono affrontare il digital divide, cioè la difficoltà pratica o culturale nell’accesso alle prestazioni e ai servizi tramite i canali digitali.

Dal punto di vista delle competenze, i prossimi anni saranno cruciali per rivitalizzare il tessuto della Pubblica Amministrazione. Sono convinto che il Pnrr sarà un perno di questo cambiamento. Sta a noi renderlo profondo e strutturale. Anche il problema demografico è collegato a una Pubblica Amministrazione più efficiente e vicina ai cittadini. Se i servizi alle persone diventano più immediati, semplici e allargati, aumentano le tutele che aiutano le famiglie e i giovani a pianificare i percorsi di vita. Lo stesso istituto dell’Assegno Unico, che sostituisce una serie di aiuti frammentati e allarga i benefici a categorie prima non tutelate, è una riforma che mira a sostenere la natalità. Il calo demografico nel nostro Paese è oggettivo. Ogni politica inclusiva, ogni razionalizzazione della spesa e un nuovo modello di welfare devono prepararsi a gestire le conseguenze del calo della popolazione attiva nei prossimi decenni.

Gli indicatori socioeconomici ci segnalano che la pandemia ha colpito le categorie più deboli. Quale ruolo dovrà assumere un’istituzione pubblica come Inps?

La pandemia ha messo a nudo e approfondito fragilità già presenti nel nostro tessuto sociale e lavorativo. Offrire maggiori opportunità di lavoro e tutele sociali a giovani e donne – che a oggi sembrano aver pagato il prezzo più alto della pandemia – è un obiettivo che deve interessare tutti. Come presidente Inps ho sempre sostenuto ogni iniziativa in tal senso. A partire dalle proposte di decontribuzione per il lavoro femminile, cui aggiungere ulteriori sgravi di tre anni per le donne al rientro dalla maternità. O per i giovani, con le ipotesi di riscatto gratuito per i periodi di studio universitario o di alta formazione e della pensione di garanzia.

Qual è la sua valutazione sulle politiche attive e quali sono le opzioni che ritiene utili per rilanciare il mercato del lavoro?

Sono due temi complessi e complementari. Permettetemi di ribadire almeno due cose: prima di tutto, sulle cosiddette politiche attive si discute spesso attraverso slogan e luoghi comuni anziché attraverso una seria analisi. Domanda e offerta si devono poter incontrare e questo in Italia è sempre stato difficile e non si è sufficientemente investito nei centri per l’impiego. da questi ultimi raramente arrivano proposte per i percettori di Naspi. Inoltre, l’offerta funziona prima di tutto se c’è domanda. In Italia quest’ultima è stata piuttosto scarsa, frenata dalla crisi del 2008 e poi totalmente bloccata dal Covid. Ora la domanda è in forte ripresa, ma il rimbalzo ha messo in evidenza il mismatch di competenze, che non si creano in pochi mesi.

In secondo luogo, ritengo che sia arrivato il momento di offrire una piattaforma salariale adeguata. Sostengo da tempo l’ipotesi di introdurre il salario minimo, che non crea spiazzamento nel mercato del lavoro, aumenta la produttività e migliora la qualità della vita dei nuclei familiari. Diminuendo indirettamente i costi sanitari e sociali.

La pandemia ha cambiato il modo di lavorare, ma anche la concezione stessa del lavoro. Ora si apre un orizzonte nuovo. Quale sarà il ruolo della formazione?

Di primissimo piano. Mai come ora il capitale umano e quello delle conoscenze fruibili è stato così ampio, mai come ora si moltiplicano nuove prospettive che richiedono formazione continua. Il lifelong learning è il nuovo paradigma e la gestione del cambiamento è diventata un elemento strutturale. Lo smart working ha offerto l’occasione per accelerare l’adozione del digitale nella quotidianità. Ma anche per acquisire nuove competenze. Già prima della pandemia, in Inps avevamo introdotto l’opzione dello smart working. Aver anticipato i tempi ci ha permesso poi di “scalare” questa modalità su quasi tutte le attività e i lavoratori dell’Istituto. Arrivando a picchi del 92% e con un aumento della produttività del 13% nel 2020.

La formazione deve avere un ruolo costante e “per tutti”: è lo stesso Pnrr a indicare la rotta. Come Paese, abbiamo notevoli ritardi da colmare, sia per il numero di laureati in materie scientifiche sia per le competenze rispetto ai parametri internazionali. Ma abbiamo anche una altissima qualità del sistema universitario, soprattutto pubblico. Un patrimonio su cui dobbiamo far leva offrendo ai giovani maggiori prospettive e tutele.

L’impegno di Inps durante la fase emergenziale è stato fondamentale per attenuare gli effetti economici e sociali della pandemia. Oggi per gestire il cambiamento nel mondo del lavoro e per offrire servizi sempre migliori ai cittadini, l’Istituto sta vivendo un momento di trasformazione. Come lo state affrontando? Quali sono gli asset del vostro piano di change management?

L’impegno dell’Istituto nella fase pandemica è stato enorme. Sia a livello di elaborazione di nuove procedure amministrative per le nuove misure emergenziali, sia per le erogazioni a sostegno dei cittadini. Per emergenza Covid, tra marzo 2020 e giugno 2021, sono stati erogati quasi 45 miliardi di euro per oltre 15 milioni di beneficiari. In aggiunta alla “quotidianità” di erogazioni da parte dell’Inps a una media di 42 milioni di utenti tra cittadini e imprese. La cassa integrazione è stata erogata solo in quel periodo a quasi 7 milioni di lavoratori per 33 milioni di mensilità, con picchi di attività di venti volte rispetto alla media ordinaria.

L’Inps lo ha fatto con lo stesso personale, sostenuto da una macchina tecnologicamente adeguata. Sulla quale stiamo investendo ulteriormente per dare compimento al piano strategico di innovazione e al piano strategico Ict per il triennio 2020- 2022. La spinta al cambiamento in Inps non è una novità, ma ora ha avviato una ulteriore accelerazione che si spinge fino all’uso dell’intelligenza artificiale, alla progettazione in ottica “agile”, alla semplificazione spinta per l’interfaccia utente. Un contesto in cui il capitolo della formazione e del change management è centrale, fondamentale.

In conclusione, come si immagina l’Inps del futuro?

Lo immagino con una forte spinta all’innovazione, ma senza dimenticare nessuno. Penso a un Istituto che interpreta il suo ruolo di protezione e previdenza in modo esteso, secondo un concetto di welfare moderno, inclusivo e sostenibile. Un Inps che ha scelto di posizionarsi su una frontiera tecnologica sempre più avanzata, capace di investire e di attrarre giovani. Già oggi stiamo facendo concorsi importanti per personale specializzato.

Pur posizionandoci su una frontiera produttiva sempre più avanzata del digitale, sappiamo anche che la nostra utenza è costituita principalmente da anziani, disoccupati e persone svantaggiate, o minori. Un’utenza fragile per definizione, poco digitalizzata o non pienamente autonoma. Per questo stiamo rafforzando la nostra presenza e la nostra rete sul territorio, anche grazie ad accordi non solo con le nostre sedi, i Punti Inps o i patronati, ma anche con l’assistenza di altre associazioni di orientamento sociale e assistenziale e con le categorie professionali. L’Inps non sarà più solo un ente erogatore, ma un ente che dialoga e si avvicina a tutti coloro che hanno diritti riconosciuti dalla nostra Repubblica. Un istituto moderno che sviluppa nuove soluzioni nel mondo che cambia.

CHI È PASQUALE TRIDICO

Inps: il presidente attuale Pasquale Tridico
Pasquale Tridico, presidente dell’Inps

Dal 2019 Presidente dell’Inps (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale), Pasquale Tridico è professore Ordinario di Politica economica e Docente di Economia del lavoro presso l’Università Roma Tre. Laureato in Scienze politiche, oltre al dottorato in Economia e diverse attività di ricerca in università europee, ha conseguito master in economia e relazioni internazionali e in economia dell’Unione Europea.

Numerose le sue attività di ricerca e pubblicazioni internazionali. In particolare sui temi di economia del lavoro, le diseguaglianze di reddito, i sistemi di welfare, la politica economica italiana ed europea, lo sviluppo economico e le crisi finanziarie.


L’intervista è stata pubblicata su formaFuturi, bimestrale di cultura e formazione manageriale promosso da Asfor e Apaform.

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