Il Covid ha portato una dispersione di personale tecnico e artistico senza precedenti e i lavoratori dello spettacolo si trovano senza certezze. 1/5 dei tecnici ha abbandonato il settore che nel 2019 produceva 1,4 miliardi di euro (0,6% del Pil italiano).
Lo afferma la ricerca della Fondazione Centro Studi Doc sulla situazione lavorativa dei tecnici dello spettacolo a seguito della pandemia. Il settore è stato fortemente colpito, con una perdita dal 2019 al 2020 di 8 miliardi di euro e del 21% dei lavoratori, di cui il 12,7% tecnici dello spettacolo. Per capire meglio il significato di questi numeri, la Fondazione Centro Studi Doc ha condotto una ricerca quantitativa basata su questionari ai quali hanno risposto oltre 1000 tecnici e 40 service.
L’indagine tra i lavoratori dello spettacolo
I dati raccolti mostrano che la maggioranza dei lavoratori (78%) ha ripreso a lavorare nell’ambito dello spettacolo e degli eventi. Ma il 21,7% ha abbandonato il settore. In particolare, un decimo del totale (10,3%) sta cercando ancora lavoro nello spettacolo, mentre poco più di un decimo (11,4%) ha deciso di abbandonare definitivamente il settore.
La crisi ha colpito soprattutto le donne e i lavoratori tra i 30 e i 50 anni con una famiglia a carico o con un mutuo. Un maggiore tasso di abbandono si osserva per coloro che lavoravano nei settori produzione, allestimenti e scenografie e strutture nei settori più colpiti, cioè eventi live e teatro. Si tratta soprattutto di lavoratori di basso-medio livello con impieghi stagionali e competenze difficilmente spendibili in altri settori dello spettacolo, ma fondamentali per la riuscita degli eventi.
Una fragilità esistente
I risultati della ricerca mostrano che la crisi legata al Covid non ha fatto altro che esacerbare le pregresse condizioni di fragilità dei lavoratori dello spettacolo. Tra le esigenze principali, dai questionari sono emerse:
- la questione dei compensi (pagamenti certi e adeguati alla mansione);
- l’accesso alle protezioni sociali;
- continuità del lavoro.
Dati che confermano quanto sia necessaria una riforma e, in particolare, provvedimenti come l’indennità di discontinuità (nei prossimi giorni nuovamente discusso l’emendamento relativo). Onde evitare che le perdite di personale tecnico continuino a pesare su un settore già in estrema difficoltà.
“Vorrei sfatare il mito per il quale tecnici e artisti svolgono lavori diversi – commenta Alberto “Bebo” Guidetti, che ha scritto la postfazione della ricerca –. Abbiamo gli stessi inquadramenti. Riuscire a farsi riconoscere come lavoratori e lavoratrici è stato difficile e c’è ancora tanto da fare. Quello che c’è in gioco non è solo la salute e la stabilità di un settore, ma la salute e la stabilità delle persone. Perché i settori non sono cose che stanno lì, nel cielo, imponderabili, ma sono composti da persone”.