di Mario Pagano |
Una delle forme contrattuali spesso utilizzate per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro è senza ombra di dubbio il contratto part-time o a tempo parziale.
Nello stesso tempo, come detto, offre vantaggi per entrambe le parti del contratto di lavoro. Lo stesso datore di lavoro può a determinate condizioni sfruttare le ulteriori peculiarità del contratto a tempo parziale, richiedendo l’ampliamento della prestazione lavorativa, mediante lavoro supplementare, ovvero inserendo particolari condizioni contrattuali che consentono, ad esempio, l’attivazione di clausole elastiche.
Le caratteristiche del tempo parziale
Vediamo, dunque, quali sono le caratteristiche principali del contratto part-time. Innanzitutto, per comprendere correttamente cosa si intenda per lavoro a tempo parziale è necessario partire dalla definizione di orario normale di lavoro, contenuta nell’art. 3 del D.Lgs. 66/2003. Secondo tale disposizione l’orario normale di lavoro è fissato per legge in 40 ore settimanali. Soglia che può essere ridotta dai contratti collettivi. A questo punto appare decisamente più chiaro il disposto dell’art. 4 del D.Lgs. 81/2015, la prima norma del Capo II, sezione I, che disciplina il contratto a tempo parziale. L’art. 4 citato, infatti, prevede in linea generale che, nel rapporto di lavoro subordinato, anche a tempo determinato, l’assunzione può avvenire a tempo pieno, ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. 66/2003, o a tempo parziale. Esemplificando, laddove il contratto collettivo fissa l’orario normale di lavoro in 36 ore settimanali, un’assunzione a tempo pieno prevede l’obbligo di far lavorare il dipendente per tale monte ore. Diversamente qualunque contratto che garantisse al lavoratore un numero di ore inferiore alle 36 è da ritenersi a tempo parziale.
Tale impostazione comporta una ricaduta anche sotto il profilo della formalizzazione del contratto. Il successivo articolo 5 stabilisce, innanzitutto, che il contratto part-time debba essere redatto in forma scritta ai fini della prova. Ciò che più conta, tuttavia, è che il legislatore prevede tassativamente, al successivo comma 2 del medesimo art. 5, che il contratto contenga sia la puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa, sia la collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. In altre parole, occorre che dal contratto emergano elementi tali da poter non solo comprendere quante ore di lavoro sono garantite contrattualmente al lavoratore. Ma anche in quale preciso momento della giornata, della settimana, del mese o dell’anno tali ore debbano essere lavorate. L’indicazione del numero di ore contrattuali può avvenire anche indirettamente, attraverso, ad esempio, l’individuazione di una percentuale.
Ove l’orario normale di lavoro sia pari a 40 ore settimanali, quando si parla di part-time al 50% si intende, evidentemente, un contratto che prevede un numero di ore settimanali pari a 20. Naturalmente, come abbiamo visto, la semplice indicazione della percentuale non è sufficiente. Occorre, infatti, stabilire anche quando queste 20 ore devono essere lavorate. Pertanto, il contratto dovrà indicare se l’attività lavorativa si svolge la mattina dalle 8 alle 12 per 5 giorni la settimana o se il lavoratore sarà impegnato nei primi due giorni della settimana dalle 8 alle 12 e dalle 14 alle 18 e il terzo giorno unicamente la mattina dalle 8 alle 12. In passato si parlava di part-time orizzontale per definire il contratto che obbligava il lavoratore a lavorare tutti i giorni della settimana ma a tempo ridotto (4 ore tutti i giorni) per distinguerlo dal part-time verticale, in ragione del quale il lavoratore era impegnato a tempo pieno ma solo per alcuni giorni della settimana o per alcune settimane o mesi dell’anno. Una distinzione normativa che è stata poi superata, ma è rimasta nella prassi definitoria dell’istituto.
La tutela del lavoratore
I requisiti contrattuali sopra riportati non costituiscono un dato meramente formale. Ma hanno una valenza di natura sostanziale e la loro indicazione è prevista per la legittimità dello stesso contratto. Peraltro, in ottica di tutela dello stesso lavoratore, l’articolo 10 stabilisce una serie di sanzioni sul piano civilistico. Innanzitutto, in difetto di prova in ordine alla stipulazione a tempo parziale del contratto di lavoro, su domanda del lavoratore è dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno. Fermo restando, per il periodo antecedente alla data della pronuncia giudiziale, il diritto alla retribuzione e al versamento dei contributi previdenziali dovuti per le prestazioni effettivamente rese.
Se, invece, vengono a mancare gli elementi contenutistici della durata e della collocazione delle ore di lavoro, la norma prevede che, in difetto della durata, sempre su domanda del lavoratore, sia dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla pronuncia. Se, diversamente, manchi la sola collocazione temporale dell’orario, il giudice determina le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale, tenendo conto delle responsabilità familiari del lavoratore interessato e della sua necessità di integrazione del reddito, mediante lo svolgimento di altra attività lavorativa, nonché delle esigenze del datore di lavoro.
Da questa prima parte appare possibile comprendere le caratteristiche e i vantaggi del contratto part-time. Le parti, infatti, si impegnano per un numero di ore inferiori rispetto al tempo pieno. Una circostanza che, ad esempio, consente al lavoratore di poter lavorare ma, allo stesso tempo, di avere a disposizione più ore di tempo libero da dedicare alle proprie necessità familiari. Dall’altra, il datore di lavoro, che in ragione della propria attività non necessita di un lavoratore a tempo pieno potrà, comunque, contare su un proprio dipendente. Obbligandosi però a retribuirlo e a farlo lavorare per un numero di ore coerenti con le proprie esigenze imprenditoriali. Va detto che il contratto part-time, come sopra anticipato, può anche essere gestito con ulteriore flessibilità, soprattutto lato datore di lavoro.
Il lavoro supplementare
Il primo profilo è quello attinente al lavoro supplementare. È tale il tempo di lavoro che un lavoratore a tempo parziale svolge in più rispetto all’orario ridotto, contrattualmente pattuito e fino al raggiungimento della soglia, prevista quale orario normale di lavoro, fissata dalla legge e dal contratto collettivo. In buona sostanza, ritornando all’esempio iniziale del contratto part-time al 50%, sono da considerare ore di lavoro supplementare quelle prestate dalla ventunesima alla trentanovesima ora. Anche in questo caso, secondo quanto stabilito dall’art. 6, sono ancora una volta i contratti collettivi a dover disciplinare le modalità di svolgimento del lavoro supplementare. I contratti, ad esempio, potranno stabilire la percentuale di maggiorazione retributiva garantita per tali ore, un po’ come avviene per il lavoro straordinario. Ovvero possono fissare il monte ore complessivo annuale entro il quale il datore di lavoro può far svolgere ore di lavoro supplementare. O, ancora, individuare il preavviso entro il quale richiedere tali prestazioni e le condizioni, in presenza delle quali, il lavoratore risulta obbligato o meno all’attività supplementare.
In difetto di disciplina contrattuale interviene ancora una volta la norma di legge, la quale consente al datore di lavoro di richiedere al lavoratore lo svolgimento di prestazioni di lavoro supplementare in misura non superiore al 25% delle ore di lavoro settimanali concordate. In tale ipotesi, il lavoratore può rifiutare lo svolgimento del lavoro supplementare ove giustificato da comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale. Inoltre, il lavoro supplementare sarà retribuito con una maggiorazione del 15 % della retribuzione oraria globale di fatto. Comprensiva dell’incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti.
Le clausole elastiche del tempo parziale
Un’altra soluzione per sfruttare la flessibilità nel contratto a tempo parziale è quella delle clausole elastiche. Parliamo di condizioni contrattuali che consentono al datore di lavoro unilateralmente sia di richiedere al lavoratore un numero di ore in più rispetto a quelle contrattualmente stabilite. Sia di variare la collocazione temporale della prestazione lavorativa, che resterà nei limiti percentuali stabiliti ma sarà svolta in momenti differenti a quelli concordati. Anche in questo caso la prima condizione è che i contratti collettivi prevedano la possibilità di apporre al contratto individuale le clausole elastiche. In caso positivo le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono pattuire, per iscritto, dette clausole. In ragione delle quali il prestatore di lavoro ha diritto a un preavviso di due giorni lavorativi, fatte salve le diverse intese tra le parti, nonché a specifiche compensazioni, nella misura ovvero nelle forme determinate dai contratti collettivi. Se diversamente difetta la disciplina contrattuale, le clausole elastiche possono essere inserite solo attraverso le commissioni di certificazione. In questo caso la legge stabilisce che la misura massima dell’aumento, derivante dalle clausole inserite sempre per iscritto, non può eccedere il limite del 25% della normale prestazione annua a tempo parziale. E deve essere garantita una maggiorazione di almeno il 15%.
Infine, non va dimenticato che il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento penalizzante rispetto al lavoratore a tempo pieno di pari inquadramento. Avendo i medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile. Inoltre, il suo trattamento economico e normativo è riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa. Senza contare che, a determinate condizioni e per certe particolari tipologie di lavoratori, l’articolo 8 stabilisce anche il diritto a vedere trasformato il proprio contratto da tempo pieno in tempo parziale ovvero ne viene riconosciuta la precedenza. Dal punto di vista del datore di lavoro, ai fini della applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale, per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti dello stesso, i lavoratori a tempo parziale sono computati in proporzione all’orario svolto, rapportato al tempo pieno.
Mario Pagano è collaboratore della Direzione Centrale Coordinamento Giuridico dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Le considerazioni esposte sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.