Stage in Italia: 25anni e non sentirli, guardando ai numeri e alle opinioni dei diretti interessati.
Mentre entra nel vivo il dibattito sul possibile ridimensionamento dei tirocini extracurricolari, questo strumento continua a rappresentare una base imprescindibile per l’avvio di molte carriere professionali in diversi settori. A dirlo, sono soprattutto i dati: nel 2021 il 63% degli stage si è trasformato in occupazioni stabili e il 53% di questi in contratti di apprendistato. Nel 2011 la percentuale copriva solo il 30% e, sempre in dieci anni, siamo passati da circa 7mila a più di 13mila stage attivati.
Proprio l’analisi di quanto emerso dall’Osservatorio Sportello Stage di JobFarm ha dato il via all’incontro organizzato insieme a Gidp (Associazione dei Direttori delle Risorse Umane), lo scorso 23 giugno a Milano, per fare il punto sul tirocinio e offrire testimonianze concrete sulla sua applicazione.
Stage: un imprescindibile trampolino
L’Osservatorio Nazionale Anpal ci dice che dal 2014 a oggi sono stati completati quasi 2 milioni e 115 mila stage. “Si tratta di un trampolino di lancio per la vita lavorativa”, commenta Massimo Gaudina, direttore della rappresentanza a Milano della Commissione Europea. “Per questo offriamo opportunità come il tirocinio ‘Blue Book’, la European Skills Agenda e l’Alleanza europea per l’apprendistato. I primi vantaggi sono la possibilità di apprendere maggiori conoscenze e di incontrare una nuova cultura aziendale”.
Gli fa eco Gianmarco Senna, presidente della IV Commissione Attività produttive istruzione formazione e occupazione di Regione Lombardia: “Il collegamento tra scuole e aziende è una occasione d’oro. I ragazzi devono poter completare il percorso scolastico con una esperienza sul campo, anche per capire quale professione sia effettivamente nelle loro corde. Per esempio, c’è un significativo +140% di iscrizioni agli Its che, coadiuvati da stage, possono venire in aiuto alle aziende in cerca di figure professionali adeguate”.
Cosa pensano i tirocinanti
La valutazione dei diretti interessati è buona. Per esempio, sempre secondo lo sportello JobFarm, il 98% dei tirocinanti del 2021 ha chiuso positivamente la propria esperienza, eccellente nel 62% dei casi e ottima nel 36%. Il 56% si dice anche soddisfatto circa l’acquisizione di competenze specifiche e un altro 55% in tema di competenze trasversali. Interessante anche il tasso di inserimento a sei mesi dal termine dello stage e per tipo di professione.
Tornando ai dati Anpal, prevalgono conduttori di impianti, operai di macchinari fissi e mobili e conducenti di veicoli, con il 61,8% di “successo”. Seguiti da professioni tecniche (59,1%), professionisti intellettuali, scientifici e di elevata specializzazione (57,4%), attività commerciali e servizi (55,2%), artigiani, operai specializzati e agricoltori (54,8%) e impiegati (54,3%). Chiudono le professioni non qualificate con il 33,6%.
L’esperienza delle aziende
Eccoci all’opinione “sul campo” di tre note aziende: Nestlé, Danone e BTicino. Laura Perla, Talent Acquisition Manager del Gruppo Nestlé in Italia, dice: “Il nostro impegno ruota intorno al progetto Nestlé Needs YOUth, lanciato nel 2013 per coinvolgere 10 milioni di giovani entro il 2030. Anche in Italia offriamo, entro il 2025, 1.450 assunzioni dirette e 1.400 stage. Ci assicuriamo di fornire il sostegno necessario per far esprimere il pieno potenziale di un talento in un luogo di lavoro dove ci si senta valorizzati”.
Veronica De Sanctis, HR Business Partner & Talent Acquisition Lead di Danone, aggiunge: “Lo stage è un momento che allena la persona alle sfide professionali future e valorizza il contributo originale di ognuno, permettendo di comprendere le proprie aspirazioni. Da alcuni anni Danone ha firmato anche un accordo di secondo livello con le Parti Sociali riconoscendo il welfare anche alle persone in stage”. Chiude il giro di tavolo Lucio Tubaro, direttore Risorse Umane di BTicino: “Se gestito correttamente, lo stage è un ottimo strumento per tutti. I tirocini formativi strutturati e seri orientano gli studenti verso il mondo del lavoro, permettendo loro di acquisire una prima visione e potersi poi inserire più rapidamente nella stessa o in altre aziende. Al contempo, offrono alle aziende l’opportunità di incentivare il proprio employer branding sul mercato e anche di vivere esperienze costruttive con i collaboratori nel ruolo di tutor”.
Perché cambiare ciò che funziona?
“I dati e le esperienze dimostrano quanto sia fondamentale continuare a sostenere lo stage” interviene Marina Verderajme, presidente nazionale di Gidp/Hrda. “È di certo importante migliorare alcuni aspetti, aumentare la tutela dei tirocinanti ed evitare che qualche datore di lavoro usi impropriamente lo strumento. Tuttavia, riteniamo che le norme contenute nella Legge di Bilancio 2022, relative alla circoscrizione degli stage extracurricolari ai soggetti con difficoltà di inclusione sociale, arrecherebbero un grave danno ai giovani che cercano di farsi strada nel mondo del lavoro”.
Il comma 721 della Legge 234/2021 potrebbe infatti stravolgere lo strumento per come lo conosciamo oggi, a fronte di vantaggi non del tutto chiari. “Da una prima valutazione, se le regioni dovessero applicare nei termini più rigorosi le indicazioni, si ridurrebbe del 90% l’accesso ai tirocini, con la conseguente diminuzione dei contratti di lavoro. Chiediamo pertanto ai decisori politici una revisione delle linee guida in materia”.
Il sostegno degli enti promotoriI dati dell’indagine “Le performance degli enti promotori di tirocini in Italia” realizzata da Fondazione Studi Consulenti del Lavoro in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, contribuiscono a sostenere la bontà dello strumento. Sui 1.492.838 tirocini complessivamente attivati tra gennaio 2014 e giugno 2020, 756.464 si sono conclusi con la firma di un contratto. Circa la metà ha ottenuto un ingaggio a carattere permanente (16,4% a tempo indeterminato e 33,9% in apprendistato) e il 41,2% ha avuto un contratto a termine. Nel caso dei tirocini attivati tramite Fondazione Lavoro, si passa al 55,3% di contratti permanenti. Un altro punto di vista vincente, quello della relazione tra consulente e azienda, che si riflette sul successo della formazione e sulla capacità dei datori di lavoro di attrarre e trattenere risorse preziose. |