Basta orario di lavoro fisso: lo chiedono i dipendenti

Secondo una ricerca di ManpowerGroup, in Italia il 51% dei lavoratori vuole maggiore autonomia nella scelta dell'orario di inizio e fine lavoro

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orari di lavoro: gli italiani vogliono un lavoro flessibile

I lavoratori chiedono ai loro datori di lavoro di passare dalla fase di emergenza pandemica a una nuova era dove “dimenticare” l’orario di lavoro fisso e dare priorità alla flessibilità, alla fiducia e al benessere.

La ricerca What Workers Want: dalla Ricerca alla Realizzazione sul Lavoro di ManpowerGroup e Thrive si basa su un’indagine condotta su oltre 5.000 lavoratori in cinque Paesi di cui più di un migliaio in Italia e rivela che la quasi totalità dei lavoratori italiani (96%) considera la flessibilità importante.

Orario di lavoro: cambia la percezione

La natura di tale flessibilità varia. In questo momento la richiesta delle persone è di una flessibilità ritagliata sulle loro esigenze. Il 51% che vuole scegliere l’orario di inizio e fine lavoro e il 17% sarebbe disposto a rinunciare a un giorno di stipendio per lavorare quattro giorni alla settimana. I risultati indicano anche che il ruolo dei leader sta cambiando, poiché la fiducia e i valori condivisi sono sempre più importanti e i lavoratori sono disposti ad andarsene se non si sentono adeguatamente supportati.

A ciò si aggiunge un fattore chiave nel mercato del lavoro odierno, ovvero la scarsità dei talenti. I datori di lavoro prevedono assunzioni in crescita del 23% per il terzo trimestre di quest’anno. Ma a tale dato si contrappone una sempre maggiore difficoltà a trovare i talenti necessari, come riportano quasi tre aziende su quattro.

Questione di fiducia

Secondo l’indagine, la fiducia è un fattore chiave per una forza lavoro sana e felice. La fiducia nei colleghi è giudicata importante dall’82% dei lavoratori italiani, seconda solo all’equità della retribuzione (88%) e alla sicurezza delle condizioni di lavoro (87%). Mentre la fiducia nei leader è stata giudicata un requisito necessario da più di due terzi degli intervistati (69%). Inoltre, le persone vogliono lavorare per aziende con cui condividono valori e convinzioni (69%), e il 73% cerca un significato personale nel proprio lavoro quotidiano.

Va aggiunto che i lavoratori vedono ora il benessere come una responsabilità condivisa con i datori di lavoro. I livelli di stress sono diminuiti rispetto al picco della pandemia (dal 42% al 36%), ma sono ancora superiori a quelli precedenti al marzo 2020 (29%). Sempre più spesso i datori di lavoro saranno chiamati ad affrontare il burnout, a contribuire a costruire la resilienza e a supportare azioni per il miglioramento del benessere delle persone.

Come possono muoversi le aziende?

ManpowerGroup ha collaborato con Thrive per identificare le azioni che i datori di lavoro possono intraprendere subito per sostenere il benessere delle persone. Si può creare un cambiamento culturale duraturo, ad esempio, adottando pratiche come l’Entry Interview. Cioè il colloquio tra un neoassunto e il suo manager che avviene il primo giorno di lavoro e in cui si chiarisce cosa è importante per la persona al di fuori del lavoro. Oppure le aziende possono creare una cultura di “sincerità solidale”, consentendo alle persone di condividere feedback e nuove idee. Infine, serve incoraggiare le persone a praticare i microsteps, cioè piccoli gesti sostenuti da basi scientifiche per costruire nuove abitudini salutari nelle aree che contano di più.

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