5 consigli per ridurre il rischio burnout

Dal 2019 è riconosciuto dall'Oms come fenomeno occupazionale e, negli ultimi anni, si riscontra sempre più frequentemente tra i dipendenti italiani: i consigli di Reverse per gli HR manager

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Burnout dei dipendenti: come prevenirlo?

Negli ultimi anni, complici la pandemia, il lockdown e la situazione economica, si è registrato un numero sempre crescente di casi di burnout sul lavoro, soprattutto tra i giovani.

Addirittura, secondo l’edizione 2022 dello STADA Health Report, i livelli di burnout siano passati dal 49% del 2021 al 59% di quest’anno. Soprattutto in riferimento alla fascia d’età tra i 18 e i 34 anni e alle lavoratrici di sesso femminile. Il 70% di entrambe le categorie ha dichiarato infatti di aver vissuto almeno un episodio di burnout. “Si tratta di un fenomeno catalogato nel 1974 dallo psicologo americano Herbert Freudenberg come una estinzione della motivazione o degli incentivi, che rende difficoltoso trovare stimoli e affrontare gli ostacoli – racconta Alessandro Raguseo, Ceo e Founder di Reverse -. Benché riconosciuto da molto tempo, mai come in questi ultimi anni se ne è riscontrata una frequenza così alta, né è stato considerato con l’attenzione che effettivamente merita”.

Come prevenire il burnout dei dipendenti?

Le imprese sono sempre più impegnate nel prevenire o arginare questo fenomeno, che può provocare gravi danni non solo alla salute del singolo individuo, ma anche all’intera azienda. In seguito, i 5 consigli elaborati dagli esperti di Reverse.

  1. Mettere al centro il benessere del dipendente: alcune aziende nominano la figura del Chief Happiness Officer (CHO), una buona scelta per creare la giusta cultura, ma controproducente se rimane solo di facciata. L’ideale sarebbe non sentirne il bisogno e dare per assodato che la felicità dei dipendenti sia già una priorità di tutti i manager.
  2. Impostare una cultura aziendale per obiettivi e non per ore lavorate: lasciare che i dipendenti si autogestiscano, coordinandosi con il team, dando più peso agli obiettivi da raggiungere, ben definiti e condivisi. Una sana cultura aziendale per obiettivi si appoggia su una maggiore cultura della fiducia del datore di lavoro nei confronti dei dipendenti, che riduce il rischio di stress patologico.
  3. Prestare attenzione all’home working, che spesso non si traduce in smart working: non è scontato che il lavoro da remoto porti benessere, a volte aumentano alienazione, isolamento, poco dialogo tra i colleghi, disorganizzazione e orari di lavoro dilatati. Anche qui, impostare una cultura aziendale per obiettivi aiuta a contrastare i rischi causati da un eccessivo home working.
  4. Vigilare e prevenire molestie psicologiche e/o fisiche e casi di mobbing: comportamenti di questo tipo sono purtroppo molto comuni ed è importante che il dipendente si senta al sicuro e tutelato all’interno dell’organizzazione. Per questo va definito un piano strategico di prevenzione, creando momenti di ascolto e facilitando le segnalazioni di eventuali episodi, per attivare le dovute sanzioni quando necessario.
  5. Attivare un piano benefit asostegno del work-life balance: servizi per la famiglia, assistenza sanitaria, convenzioni per gli acquisti. Ma anche momenti dedicati al benessere del dipendente in azienda con formazione, corsi di mindfulness e team building tra colleghi.

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