Gli studenti provano a fare un passo verso il futuro, anche dal punto di vista lavorativo, badando al concreto e alle opportunità delle professioni digitali. Le scuole, invece, quando si tratta di orientamento restano troppo spesso ancorate al passato.
Come segnala una ricerca condotta da Skuola.net in collaborazione con l’Università Telematica Internazionale UniNettuno, su un campione di 2.650 alunni delle scuole superiori, circa un terzo (31%) dei diplomandi sta valutando di intraprendere una professione basata sulle nuove tecnologie. Complessivamente per 1 intervistato su 10 si tratta della prima opzione per il post-diploma. Detto così, il risultato potrebbe sembrare non esaltante. Ma alla luce di quanto succede a scuola, viene ritenuto confortante, perché questi settori continuano a essere colpevolmente messi in secondo piano in molti istituti italiani. La fetta più grande dei ragazzi (57%), infatti, non ha mai affrontato l’argomento con orientatori o docenti, mentre il 25% ha avuto giusto un’infarinatura.
Dove orientarsi sulle professioni digitali?
Per fortuna, i ragazzi raccolgono altrove le informazioni che occorrono. Soprattutto nella cerchia delle conoscenze, ma anche in modo autonomo. Il 14% ha approfondito il tema “mestieri del futuro” in famiglia con i propri amici. La stessa percentuale (14%) si è attivata autonomamente per avere maggiori dettagli sui lavori emergenti e sugli ambiti di specializzazione innovativi.
Un approccio che bada al sodo confermato anche nelle motivazioni. Tra gli interessati, quasi 1 su 2 punta a massimizzare le opportunità di trovare un lavoro e di fare carriera. Ma ci sono anche tanti ragazzi (30%) che lo farebbero per mettere a frutto una propria passione. Per ora, solo il 22% mette le professioni digitali al primo posto per le prospettive di guadagno.
I luoghi e i modi della formazione
Quasi tutti gli studenti intervistati ritengono che, per poter spiccare in questi settori innovativi, serva una forte specializzazione. Che deve passare quasi necessariamente per l’università: a pensarla così sono ben 7 intervistati su 10. E se per il 23% può bastare una laurea triennale, il 28% fissa nel titolo quinquennale (o magistrale) il livello minimo da raggiungere. Mentre il 19% ritiene che serva anche un titolo post-laurea. Appena il 12% crede che possa bastare un corso non universitario e il 18% baserebbe tutto sulla pratica concreta.
Anche la tipologia di ateneo scelto può fare la differenza. La porzione più ampia del campione (40%) pensa che siano le università “telematiche” quelle in grado di fornire una formazione migliore, rispetto alle tradizionali, per svolgere professioni digitali. Agli occhi dei ragazzi possono infatti contare su un vantaggio competitivo dato dalla filosofia di base: per il 56%, infatti, hanno già un modello didattico all’avanguardia, per il 22% sono abituate alla dimensione online (alla base di queste professioni), per il 18% perché abbattono i limiti fisici e quindi sono già addentro alle dinamiche di tali mestieri.
In più, per completare il pacchetto, durante gli studi sarebbe opportuno arricchire il proprio bagaglio con degli “extra”. Imprescindibili, l’esperienza sul campo e una visione internazionale. Per circa 6 su 10 è fondamentale fare un buon tirocinio curricolare e passare un periodo di studi fuori dai confini nazionali. E per un terzo abbondante (37%), pur non essendo indispensabili sono comunque attività molto importanti. Stessa cosa per la formazione continua: per il 56% è fondamentale, per il 37% quantomeno consigliabile.
Le professioni digitali più ambite
Ma quali sono i mestieri che, attualmente, attraggono di più i futuri diplomati? Nella classifica, i primi posti sono occupati da:
- Coding e sviluppo software o siti web (15%);
- Sostenibilità e Green (13%);
- Digital e Influencer Marketing (13%);
- Psicotecnologie (11%);
- Intelligenza Artificiale (11%);
- Fintech (9%).
“L’orientamento e la consapevolezza sono invece la base da cui partire per “dominare” la tecnologia, per controllarla – spiega Maria Amata Garito, rettore di UniNettuno -. Cerchiamo di fare proprio questo, sperimentare nuove tecnologie – come avviene attualmente con il Metaverso o con i visori per la Realtà virtuale e aumentata – per poi metterle a disposizione degli studenti durante il percorso di formazione. Solo così si può comprendere concretamente cosa vuol dire maneggiare questa dimensione in continua evoluzione”.