Trasformazione digitale: l’innovazione parte dagli HR

È un ruolo fondamentale quello che attende gli HR manager: supportare l’azienda nel cambiamento della cultura aziendale legata alla trasformazione digitale Qualche suggerimento su come prepararsi per affrontare le sfide del futuro viene da una indagine europea condotta da Idc e Cornerstone.

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Per il terzo anno consecutivo Idc, in collaborazione con Cornerstone OnDemand, ha realizzato uno degli studi più completi su professionisti HR, responsabili IT e manager di linea in aziende con oltre 500 dipendenti. Condotta su un campione di oltre 1.900 intervistati in 14 Paesi europei, Italia compresa, l’indagine “Future Culture: costruire una cultura di innovazione nell’era della trasformazione digitale” parte identificando i diversi approcci all’innovazione sulla base di quattro archetipi organizzativi mutuati dai generi musicali che rispecchiano, mostrandone di ciascuno i punti di forza e i tratti caratteristici, per arrivare a far comprendere come, indipendentemente dal profilo di innovazione di un’azienda, sia necessario costruire una nuova cultura aziendale.

La trasformazione digitale

L’indagine dimostra come la trasformazione digitale sia una delle principali priorità strategiche. A oggi, solo il 7% delle aziende italiane sostiene di non aver ancora iniziato un percorso di trasformazione digitale, contro il 9% del 2017, a dimostrazione di come, da questo punto di vista, l’Italia stia raggiungendo il resto dei Paesi europei. Tuttavia, confrontando i dati di quest’anno con il sondaggio del 2017, la “resistenza culturale al cambiamento” costituisce ancora la sfida principale delle aziende italiane, che si collocano in cima alla classifica anche nel 2018. Le altre sfide che le aziende si trovano ad affrontare sul fronte della trasformazione digitale riguardano i sistemi IT legacy (30%); la mancanza di innovazione interna (24%) e la carenza di partnership (20% rispetto all’11% del 2017). È interessante inoltre notare come il numero delle aziende che dichiara di essere incapace di trovare talenti e competenze sia quasi dimezzato, passando dal 26% del 2017 al 14% del 2018.

Gli strumenti di recruiting

La selezione interna (52%) e le piattaforme social (43%) costituiscono gli strumenti maggiormente utilizzati per il reclutamento dei talenti in Italia.
Anche per le aziende europee la selezione interna costituisce lo strumento principale per occupare un posto vacante (51%) e l’uso delle piattaforme social per pubblicizzare le posizioni aperte e trovare candidati sembra essere allo stesso livello dell’Italia, con una differenza di soli 2 punti. Per molti versi, questa dipendenza dalla selezione interna, associata a una maggiore incidenza delle referenze in Italia, rispecchia un processo ben consolidato, in cui i dipendenti sono motivati principalmente da mobilità interna, fedeltà e capacità di adattarsi alla cultura specifica di ogni azienda. A sua volta, questo comportamento è ricompensato con promozioni e maggiori responsabilità, che aumentano la fedeltà e il coinvolgimento. Questo processo può essere gratificante ed efficiente, ma presenta alcuni svantaggi, poiché per certi versi è fossilizzato e incorporato in una cultura che si oppone al cambiamento e che costituisce ancora il principale ostacolo all’esperienza digitale. Tuttavia, le aziende italiane sembrano utilizzare le piattaforme di recruiting molto meno delle rispettive controparti europee, e lo stesso vale per le agenzie di selezione, poiché solo il 30% degli intervistati afferma di preferire questo metodo per ricercare i talenti di cui ha bisogno.

I criteri di selezione

Come avviene nel resto dell’Europa, i requisiti professionali sono l’aspetto più importante per le aziende italiane (52%), con alcune differenze a favore della media europea (59%), cosa che costituisce la differenza principale. Queste aziende in genere desiderano verificare se le competenze del candidato sono in linea con i requisiti del lavoro da svolgere. I requisiti scolastici sono in linea con la media europea del 41%, ma in Italia le referenze e la diversità hanno un punteggio lievemente superiore rispetto agli altri Paesi d’Europa. Tuttavia, mentre ai candidati nel resto d’Europa viene spesso chiesto di risolvere test e problemi per dimostrare le proprie capacità di pensiero critico e laterale, le aziende italiane sembrano attribuire a questi aspetti un’importanza inferiore (il 33% contro il 38%). Ci sono differenze anche per quanto riguarda la capacità di adattamento alla cultura aziendale, a cui viene attribuita un’importanza inferiore di 2 punti percentuali. Questo denota una minore attenzione all’adattamento culturale rispetto agli altri Paesi.

La formazione dei dipendenti

Uno degli obiettivi principali delle iniziative di sviluppo e formazione dei dipendenti consiste nella costruzione delle capacità organizzative che permettono alle aziende di raggiungere i propri obiettivi più rapidamente o a costi inferiori. In un’epoca di cambiamenti e con esigenze di innovazione in tutti i settori, le priorità e gli investimenti negli schemi di sviluppo devono essere allineati agli obiettivi strategici dell’azienda. Tanto per la media delle aziende europee, quanto per le aziende italiane, la formazione sul lavoro costituisce chiaramente la pratica più importante per lo sviluppo dei dipendenti. Inoltre, le aziende italiane sembrano attribuire molta importanza ai programmi di tirocinio e al coaching, che costituiscono le pratiche di sviluppo più importanti del Paese, abbastanza in linea con la media europea.

Diversamente dalla media europea, le aziende italiane in genere sfruttano molto meno (13%) i programmi di inserimento (onboarding) rispetto a quelle europee (29%). Questa è probabilmente la differenza più significativa e potrebbe indicare un grave allontanamento dalle best practice adottate dalle altre aziende europee in tale area. È interessante sottolineare che questa scarsa attenzione all’inserimento potrebbe rispecchiare un ambiente aziendale che, diversamente dal resto dell’Europa, non cerca di integrare immediatamente i nuovi assunti all’interno del team, né di metterli nelle condizioni iniziali ottimali per adottare la cultura aziendale. Ciò è sintomatico di una debolezza generale delle aziende italiane e del loro utilizzo dei moderni strumenti di apprendimento digitale per sviluppare le competenze dei dipendenti. Inoltre, le valutazioni inferiori attribuite ai corsi online, così come la differenza con il resto dell’Europa per quanto concerne l’utilizzo di piattaforme di reclutamento dedicate e i problemi creati dai sistemi IT legacy nel percorso digitale, evidenziano una serie di problematiche che stanno frenando le aziende in Italia. Pur essendo estremamente efficaci nell’innovazione a livello di prodotto, le aziende italiane sembrano prive dei livelli di agilità e flessibilità necessari per gestire i processi e gli aspetti operativi del business.

La valutazione delle performance

La revisione annuale delle performance è stata molto criticata nel corso degli anni, ma continua a costituire una pratica comune in molte aziende europee. Il classico processo di revisione annuale delle prestazioni richiede valutazioni formali fra dipendenti e responsabili, che potrebbero avere scarse occasioni di interazione e faticare a ricordare situazioni concrete da valutare. D’altro canto, questa valutazione potrebbe produrre un impatto notevole sulla promozione e la negoziazione degli stipendi. Questo sembra oggi controproducente; molte delle aziende più importanti (da Microsoft a General Electric) hanno infatti abbandonato la revisione annuale delle performance dei dipendenti. Pur avendo comunque perso popolarità negli negli ultimi tre anni, la revisione delle performance è ancora molto diffusa e certamente non scomparirà a breve, poiché sia i dipendenti sia i datori di lavoro apprezzano la possibilità di avere un momento specifico nel corso dell’anno per fare un passo indietro e risolvere problemi di vecchia data.


« Le direzioni HR italiane devono incoraggiare il cambiamento e coordinare la gestione dei talenti in tutte le fasi del ciclo di vita del dipendente, dalla selezione all’onboarding, dalla revisione delle performance allo sviluppo. il coordinamento di questi sforzi aiuterà le aziende a prevedere possibili carenze di competenze e pianificare i cambiamenti futuri, aumentando al tempo stesso produttività e innovazione. »


Qualche consiglio per i responsabili HR in Italia

Idc ha proposto alcune indicazioni di base per le aziende europee e le rispettive divisioni che si occupano di risorse umane.

• Conoscere l’archetipo
Il settore HR deve consentire l’allineamento organizzativo e garantire il coinvolgimento dei dipendenti nell’ambito di una trasformazione culturale più ampia. Sapere in che modello rientra un’azienda aiuta i professionisti HR a identificare le best practice per migliorare le operazioni interne e guidare l’organizzazione verso gli obiettivi prefissati.

• Riorganizzare l’ambiente IT legacy
La riprogettazione la ristrutturazione dell’ambiente IT legacy dovrebbe costituire una priorità per le aziende italiane.

• Espandere gli strumenti di selezione
È necessario espandere gli strumenti di selezione del personale, includendo agenzie specializzate e piattaforme di recruiting che selezionano i candidati dotati delle competenze appropriate, ma che potrebbero anche avere una mentalità diversa e introdurre nuove idee.


 

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