Grandi dimissioni femminili? Il punto in Italia

Una ricerca di Fondazione Studi Consulenti del Lavoro conferma che le donne italiane sono meno soddisfatte del proprio lavoro rispetto agli uomini: il 55,7% delle intervistate, infatti, dichiara di volerlo cambiare

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Grandi dimissioni femminili: la ricerca di fondazione studi

Uno stipendio più alto, ma anche prospettive di crescita professionale, flessibilità e, soprattutto, un migliore equilibrio psicofisico: lo chiedono le donne italiane, protagoniste nel 2022 di un fenomeno inedito.

Secondo l’elaborazione di Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su dati Inps, nei primi nove mesi del 2022 sono state assunte 2 milioni 616 mila donne, una cifra record. Ma, allo stesso tempo, oltre 642mila hanno deciso di lasciare volontariamente il proprio impiego (+21,5% rispetto al 2021), perlopiù a tempo indeterminato (54,8%).

La ricerca, effettuata su un campione di 1.000 occupati, dimostra come le donne stiano interpretando, più dei colleghi uomini, le trasformazioni in atto. Portando a una cultura più in linea con i cambiamenti epocali che attraversano questa dimensione di vita delle persone.

I motivi delle grandi dimissioni femminili

I dati parlano chiaro: le donne sono in media meno soddisfatte del proprio lavoro rispetto agli uomini (25% contro 18,8%). Le cause sembrerebbero legate più a scarse prospettive di crescita all’interno del contesto lavorativo attuale (il 43,4% le reputa basse o molto basse) che alla retribuzione (elemento meno rilevante). Oltre a ciò, la scarsa attenzione delle aziende verso gli elementi di welfare aziendale che possono disegnare un contesto lavorativo più funzionale alle esigenze delle lavoratrici madri. Il 49,4% giudica questo aspetto insoddisfacente.

A guidare le grandi dimissioni femminili, infatti, anche la ricerca di stimoli nuovi e la voglia di rimettersi in gioco. Infatti, a fronte del 36,4% di donne che hanno cambiato lavoro o lo stanno cercando perché non più soddisfatte, vi è un 34,6% che cerca un cambiamento a prescindere.

I fattori chiave nella scelta del lavoro

Tra i fattori ritenuti imprescindibili dell’occupazione ricercata, al primo posto spiccano il miglioramento retributivo e quello psicofisico. Tuttavia, a fronte di una metà di lavoratrici per cui il passaggio a un altro impiego dipende dalla possibilità di un salario migliore, vi è un’altra metà per cui questo aspetto non è così decisivo e che cambierebbe anche a costo di un downgrade retributivo. La sicurezza del posto di lavoro è una condizione indispensabile per il 27,2% delle intervistate. Un valore di poco superiore al 24,1%, invece, guarda ai contenuti del lavoro e alle prospettive di carriera. A seguire, per il 22,1% sarebbe fondamentale trovare un impiego vicino casa o che riduca i tempi di spostamento. Per il 20,4%, un ambiente di lavoro più ‘accogliente’ e una quota simile, infine, mira a una maggiore flessibilità organizzativa.

Più dimissioni tra le giovani donne

Il report traccia anche un identikit delle donne dimissionarie: si tratta perlopiù di giovani. Il 32% ha meno di 30 anni, quasi la metà (49,2%) tra i 30 e i 50 anni. Oltre un terzo (38,6%) era occupata nel commercio e nelle attività turistiche (38,6%). Seguono le attività professionali, scientifiche e tecniche (23,3%). A livello geografico, il Nord Ovest ha contribuito al 34,6% delle grandi dimissioni femminili nel 2022 e la sola Lombardia ne ha raccolte quasi un quarto (24,2%).

“La ricerca dimostra ciò che i Consulenti del Lavoro ripetono da tempo: puntare sul welfare aziendale è un investimento, non un costo a perdere – commenta Rosario De Luca, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro -. In un mercato del lavoro così mobile, che richiede figure professionali nuove, i lavoratori devono essere incentivati a restare attraverso benefit e strumenti capaci di valorizzarli come risorse. Di conseguenza, lo sforzo delle imprese deve essere quello di avviare un sistema di welfare personalizzabile, calibrato sulle esigenze di ogni singolo dipendente”.

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