La decisione di mantenere una forza lavoro flessibile è messa in discussione da una serie di variabili, tra cui gli imminenti rinnovi dei canoni di affitto degli uffici, con i manager alle prese con difficili decisioni di investimento.
Le domande che sorgono sono diverse. Bisogna spingere per il ritorno in ufficio per giustificare le spese destinate ai contratti di locazione, rischiando però l’insoddisfazione dei dipendenti? Oppure, meglio continuare a perseguire politiche di lavoro ibride a lungo termine, riducendo così gli spazi riservati agli uffici ma forse con un impatto sulla collaborazione, l’innovazione e, in alcuni casi e in modo controverso, la produttività?
L’approccio al lavoro flessibile si sta normalizzando, tuttavia, i vertici di Twitter e Starbucks hanno eliminato il lavoro da casa e imposto il rientro in ufficio. Dunque, il modello ibrido sembra in qualche modo minacciato. Soprattutto quando le aziende si trovano a gestire alcune complicazioni e nuovi dibattiti che ne derivano, come la sorveglianza da remoto, la cultura del team e l’innovazione sul luogo di lavoro.
Cosa preferiscono i dipendenti
Tuttavia, i dipendenti che hanno sperimentato modelli di lavoro ibrido non desiderano lavorare per aziende che impongono rigide politiche “office-only”. Qui sta la sfida per le organizzazioni. Tra due aziende che offrono lo stesso ruolo, con stipendi e benefit simili, la scelta del dipendente ricadrà su quella che offre il lavoro flessibile come standard. I responsabili d’azienda, soprattutto, si trovano di fronte a un bivio: rinnovare o disdire i contratti di locazione nelle grandi città?
Alcuni hanno già preso la loro decisione. La ricerca VMware evidenzia che, dopo la pandemia, un’azienda su dieci nell’area EMEA ha completamente eliminato gli uffici fisici, e più della metà ha ridotto gli spazi. Eppure, il dilemma dell’innovazione ci porta a pensare che la soluzione sia l’ufficio o lo spazio di lavoro fisico.
Se la libertà incide sul fatturato
Il modello ibrido è concepito come un compromesso per supportare una forza lavoro distribuita, pur riconoscendo il valore delle connessioni di persona. Tuttavia, i nostri dati dimostrano che le politiche di lavoro flessibile hanno un impatto negativo sulla capacità di un’organizzazione di innovare con successo. I dipendenti si aspettano una cultura della libertà, ma se questa incide sul il fatturato, il modello ibrido sta forse fallendo nell’impresa?
Il dilemma dell’innovazione è alla base del rinnovo dei canoni di affitto immobiliare. Quasi due terzi degli intervistati affermano che il loro lavoro è più innovativo se in ufficio. Anche se questo potrebbe non essere ciò che i lavoratori da remoto vorrebbero sentirsi dire, i risultati rivelano una dura verità. I team che faticano a innovare da remoto minacciano la longevità della stessa organizzazione. Oggi, gli output di innovazione sono fondamentali per il successo del business. Se i dipendenti non sono in grado di essere creativi e di proporre idee da remoto, l’ascesa del lavoro ibrido avrà vita breve.
La strada da prendere, anche per i canoni di affitto
Etichettare il lavoro flessibile come un fallimento in risposta alla mancanza di innovazione sarebbe tuttavia sbagliato. I team distribuiti sono la nuova realtà, visto che la stragrande maggioranza della forza lavoro EMEA (81%, dato quasi analogo in Italia, con il 79%) si sente maggiormente soddisfatto se può lavorare da qualsiasi luogo. Ovviamente questo dipende dalla natura della funzione lavorativa del dipendente.
Le politiche di lavoro da remoto post-pandemia hanno avuto un impatto positivo su tutta la linea, con la metà degli intervistati in EMEA che ha riscontrato miglioramenti nella comunicazione con i manager, nel morale e nella collaborazione. Sono finiti i tempi della “cultura da ufficio”, dove i dipendenti si aspettavano di essere sorvegliati dai manager come “parte del lavoro” o accettava lunghe giornate estenuanti alla scrivania. I responsabili aziendali non possono permettersi di dubitare del valore del lavoro flessibile, perché rischiano di far crollare la fidelizzazione dei dipendenti (employee retention). Abbiamo visto tutti il contraccolpo generato quando Elon Musk ha chiesto ai lavoratori di Tesla di tornare in ufficio.
Tuttavia, spazi open space non dovrebbero essere abbandonati senza criterio come risposta non ragionata alla mania dell’ibrido. Né tantomeno le alternative di postazioni di lavoro ibride. La risposta sta, come sempre, nel raggiungere un equilibrio. La strategia risiede nei vantaggi della tecnologia, nella cultura aziendale e, naturalmente, nelle persone stesse. Alle quali deve venir garantito di poter fare la propria parte nel luogo migliore per loro e per l’organizzazione, che sia completamente a casa o in ufficio.
Cavalcare bene la trasformazione digitale
Come attrezzare e far sì che l’organizzazione possa raggiungere questo equilibrio? Creatività e tecnologia non si escludono a vicenda. La tecnologia ha potenziato ogni canale di lavoro e ogni aspetto della vita quotidiana. Se si dà la giusta base, la creatività digitale può prosperare. Accelerare l’accesso sicuro all’intelligence aziendale per tutti i dipendenti, indipendentemente dalla loro ubicazione, sarà fondamentale per consentire la creatività digitale. L’impegno per un “refresh” del luogo di lavoro dovrebbe fare leva sulla tecnologia, portando al contempo i programmi di aggiornamento, la sicurezza del lavoro a distanza e gli obiettivi aziendali a un nuovo livello.
L’introduzione di obblighi di presenza sarebbe un approccio sbagliato al dilemma dell’innovazione. Innovazione e produttività non devono soffrire il fatto che i dipendenti non siano in ufficio. Le aziende che oggi stanno crescendo si stanno configurando come “remote-first”, senza cittadini di seconda classe a casa o in ufficio. Lavorare da qualsiasi luogo è ormai parte integrante del moderno DNA aziendale e la riduzione dello spazio fisico potrebbe essere necessaria per fare posto all’inevitabile futuro digitale.
Ciò su cui i manager devono concentrarsi è l’investimento giusto per la longevità della loro azienda.