Strategie e metodi di gestione HR, a tre anni dall’inizio della pandemia e sull’orlo di una recessione: la novità, che come sempre arriva dagli Stati Uniti, si chiama quiet hiring.
Le prime apparizioni di questo termine risalgono a un articolo della rivista americana Inc. dedicato al metodo utilizzato da Google per ricollocare i dipendenti in nuovi ruoli all’interno dell’azienda. Ma l’assunzione silenziosa ottiene particolare visibilità grazie a Emily Rose McRae, Senior Director of Research di Gartner, autrice per la Cnbc del testo “Quiet hiring will dominate the U.S. in 2023, says HR expert, and you need to prepare for it”. Nell’articolo dedicato ai trend del nuovo anno, l’esperta colloca questo fenomeno nel momento in cui un’azienda decide di acquisire nuove competenze senza assumere nuovi dipendenti. Sostanzialmente, si spingono i dipendenti a ricoprire temporaneamente nuovi ruoli, che possono essere altrimenti affidati anche a collaboratori esterni.
“La carenza di talenti di cui abbiamo parlato per tutto il 2022 non è scomparsa”, spiega Emily Rose McRae. “Contemporaneamente a essa, i datori di lavoro cercano Il 2023 sembra aver portato con sé un nuovo tassello nella repentina evoluzione delle HR: dopo “smart working”, “great resignation” e “quiet quitting”, che abbiamo imparato a conoscere, si sta facendo strada il tema dell’ assunzione silenziosa. Ovvero il “ricollocamento” dei dipendenti, con aggiornamento di competenze e mansioni, all’interno dell’azienda stessa. di sopperire alle molteplici problematiche non assumendo più nuovi dipendenti e chiedendo ai lavoratori già in forza un cambio di attività. Innescando, se necessario, percorsi formativi dedicati e aggiungendo nuove mansioni”.
Vantaggi e svantaggi dell’assunzione silenziosa
Che tutto questo convenga all’azienda, in una fase realmente emergenziale di mismatch tra domanda e offerta di lavoro, è chiaro. Ma come nel caso di ogni nuovo fenomeno professionale, sociologico e culturale, diventa utile approfondire i risvolti di questa prassi sotto tutti i punti di vista. Il quiet hiring fa risparmiare ai datori di lavoro tempo, denaro e risorse.
Le imprese si trovano infatti a “guerrigliare” in un panorama della talent acquisition altamente competitivo, in un periodo di forti pressioni economiche e di necessario contenimento dei costi. Dunque, se trovare nuovi talenti è una difficoltà tanto sentita quanto quella di cercare di trattenere i dipendenti più meritevoli, l’applicazione del quiet hiring è presto giustificata. L’azienda si trova infatti a poter contare su persone strategiche invece di affrontare un lungo processo di recruiting, soprattutto quando deve soddisfare un’esigenza immediata. Ciò vale per esempio quando serve assegnare un ruolo chiave per un breve periodo, oppure istituire nuovi comparti per aiutare l’azienda a crescere o ad affrontare un’emergenza. Inoltre, l’aggiornamento delle competenze dei dipendenti può aumentare la fidelizzazione, il coinvolgimento e la produttività delle proprie persone.
In ogni caso, quando questo metodo non è applicabile in relazione alle figure interne, si possono percorrere alternative come l’assunzione di lavoratori a tempo determinato oppure l’ingaggio di consulenti e collaboratori esterni. Il rovescio della medaglia? I lavoratori potrebbero sviluppare un sentimento di frustrazione legato al fatto di non sentirsi apprezzati. O semplicemente non considerare affatto l’idea di ricoprire ruoli che non sono di loro interesse. Attenzione, dunque, a non semplificare troppo l’approccio a questo metodo. Il dipendente temporaneamente assegnato a un ruolo differente, che vede comunque rimanere vacante la sua precedente posizione, potrebbe pensare che il suo contributo non avesse un particolare valore per l’azienda.
Un’occasione per tutto il capitale umano
In quest’ottica diventa ancor più delicato il ruolo di datori di lavoro e manager, chiamati ad arginare i possibili malcontenti. Come accompagnare efficacemente il quiet hiring? La soluzione è sempre nella corretta comunicazione. Si può per esempio chiarire il perché di una richiesta, in relazione a un progetto specifico. La condivisione aiuterà il dipendente a sentirsi apprezzato e con tutta probabilità scongiurerà l’insorgere di conseguenze come le dimissioni volontarie o il quiet quitting.
Anzi, le assunzioni silenziose possono diventare un modo per invogliare i “quiet quitter”, lavoratori demotivati in lento abbandono, a puntare su attività che ritengono interessanti. Riportandoli potenzialmente nella sfera della proattività. Certo, non tutti i luoghi di lavoro sono uguali e non tutte le persone ragionano allo stesso modo. L’ideale sarebbe far comprendere a tutti la necessità di lavorare verso un obiettivo comune. Per questo Emily Rose McRae suggerisce di allocare i dipendenti sulle priorità assolute. In questa prospettiva, il quiet hiring rappresenta un’ottima occasione di confronto con i manager, il team delle risorse umane e più in generale con l’azienda. Insomma, uno strumento per ridefinire in positivo la propria carriera.
Quiet hiring vs quiet firing
Come anticipato, il quiet hiring può essere una soluzione al quiet quitting. Anche se in alcune occasioni può sembrare un’imposizione – molto dipende appunto dalla strategia e dalle capacità dei manager – resta comunque molto lontano dal fenomeno del “quiet firing”. Il “licenziamento silenzioso” può essere assimilato a ciò che normalmente definiamo un ambiente di lavoro tossico. Ovvero a quell’insieme di comportamenti scorretti messi in atto da manager HR non in grado di gestire le esigenze del personale, che viene così lasciato “scappare”.
Questo lento allontanamento delle persone dall’azienda si verifica quando i datori di lavoro o i responsabili dei reparti mettono i dipendenti nelle condizioni di subire esperienze stressanti, pensando di ottenere il meglio. Oppure quando non forniscono feedback al team, non impostano obiettivi, non danno supporto. Una sostanziale assenza di investimento sulle persone e, dunque, un mancato spazio per la crescita professionale. L’assunzione silenziosa, se opportunamente gestita, può invece fare la differenza nello sviluppo di visioni imprenditoriali vincenti.
HR E SFIDE FUTURE
L’analisi di Gartner “9 Future of Work Trends For 2023 future works” evidenzia le prossime grandi tendenze per il mondo del lavoro, connesse soprattutto alla guerra dei talenti e alla necessità di contenere i costi. Per questi e altri motivi, gli analisti hanno individuato 9 tendenze pronte a guidare la strategia HR delle aziende. Al primo posto, appunto, il quiet hiring, utile a contrastare il quiet quitting. Lo scopo è inglobare nuove competenze senza assumere, seguendo una duplice direttrice. Da un lato la promozione della mobilità interna, concentrata sulle priorità dell’azienda, dall’altro la formazione come opportunità per accrescere le competenze dei dipendenti e la loro soddisfazione. Ecco l’elenco delle tendenze più rilevanti:
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