Le aziende non sono ancora in grado di cogliere a pieno i vantaggi della digitalizzazione e dell’automazione per la sicurezza sul lavoro.
A dirlo una ricerca di Ascom Ums su 551 aziende italiane nei settori dell’industria, del retail e della logistica, condotta in collaborazione con NetConsulting Cube. L’indagine “Il potenziale della tecnologia per processi di lavoro efficaci e sicuri” analizza infatti il livello di adozione di soluzioni digitali per la sicurezza dei dipendenti. Guardando a molteplici quali: fonti di pericolo identificate dalle imprese interpellate, stato dell’utilizzo di soluzioni tecnologiche, propensione all’investimento e criticità nella gestione della sicurezza sul lavoro.
“L’adozione di misure di sicurezza per la protezione del personale è una delle principali priorità aziendali secondo gli intervistati,” afferma Patrich Villa, Head of Channel Sales della società di soluzioni informatiche -. Tuttavia, quasi due terzi delle imprese mostrano ancora scarsa consapevolezza dei vantaggi che la tecnologia può fornire. Sia in termini di riduzione del rischio per i lavoratori, sia di conformità a normative e applicazione delle policy”.
Digitalizzare la sicurezza sul lavoro? I dati
Solo il 16,3% del campione ha digitalizzato e automatizzato almeno uno dei processi aziendali legati alla sicurezza sul lavoro. L’identificazione delle situazioni di pericolo è il processo caratterizzato da un maggior livello di automazione e digitalizzazione (9,8%). Seguono rilevamento di incidenti (8,9%) e localizzazione di personale in solitaria (3,3%).
Le 3 principali fonti di pericolo
Secondo Ascom Ums, le principali fonti di pericolo identificate dalle aziende che gestiscono in modo digitale almeno un processo di sicurezza sono:
- modalità operative e attrezzature di lavoro (53,3%);
- caratteristiche dell’ambiente in cui viene svolta l’attività (52,2%);
- tipologia di attività caratterizzate da fattori di rischio elevato (32,2%) o in ambienti confinati (16,7%) dove gli operatori lavorano in solitario.
Le imprese del settore industriale distinguono per il maggior numero di fonti di pericolo, in linea con l’eterogeneità delle attività svolte. Per gli operatori logistici, le criticità sono legate unicamente all’ambiente di lavoro. Ovvero alla guida dei veicoli, al rumore, alle vibrazioni e alla natura del materiale trasportato. Le aziende del retail hanno invece indicato ambiente di lavoro, modalità operative (pulizia cisterne, serbatoi, ecc.) e fattori di rischio (chimico, biologico, fisico, di esplosione, d’incendio, ecc.). Particolarmente rilevanti, queste ultime, per le realtà del comparto agricolo.
Aree di intervento per la sicurezza sul lavoro
La sola adozione di soluzioni digitali e automatizzate non è però sufficiente per gestire in modo efficace la sicurezza sul lavoro. Gli intervistati si stanno impegnando anche in ulteriori aree di azione. In particolare:
- valutazione del rischio (73,3%);
- corsi di addestramento sulla gestione delle emergenze e di primo soccorso (68,9%);
- utilizzo di dispositivi di nuova generazione per la protezione individuale (65,6%);
- nomina di figure preposte (66,7%);
- piani di visite e controlli medici per il personale (65,6%);
- sviluppo di corsi di formazione generica (62,2%);
- ricorso a consulenti per ispezioni periodiche (57,8%).
Da un punto di vista settoriale, le realtà industriali sono quelle più attive, soprattutto nel breve periodo. In generale, le aziende più grandi (oltre 50 milioni di fatturato) si distinguono per una più alta incidenza di iniziative nei prossimi 12-24 mesi. L’impegno delle aziende nelle diverse aree è guidato principalmente dalle normative in materia di sicurezza sul lavoro.
Ostacoli e criticità nella gestione
Le normative, però, sono anche il principale ostacolo nella gestione della sicurezza sul lavoro. A causa soprattutto della loro complessità, come dichiarato dal 45,6% degli intervistati. Tra le criticità rilevate emergono inoltre la scarsa cultura della prevenzione in azienda o nell’intero settore (34,4%) e la mancanza di responsabilità dei lavoratori (24,4%). A evidenziare queste difficoltà sono in particolare l’industria e il retail, dove in molti casi l’organizzazione del lavoro è basata su un approccio artigianale.
L’entità dei costi delle iniziative è il quarto fattore di freno agli investimenti (17,8%). Soprattutto per le aziende del mondo retail e della logistica, sensibili agli aspetti di recupero di efficienza. Solo un numero molto esiguo di imprese, il 2,2%, ha indicato la gestione dei rischi derivanti da interferenze, come disciplinato dal DUVRI (Documento Unico di Valutazione dei Rischi Interferenti). Tematica che assume maggiore importanza in presenza di attività in appalto.
Gli investimenti nella sicurezza sul lavoro
Analizzando la propensione agli investimenti, le aziende appaiono più focalizzate sulla digitalizzazione e automazione dei processi che garantiscono continuità operativa ed efficienza rispetto a quelli che supportano la sicurezza del personale. I progetti di digitalizzazione e automazione riguardano infatti principalmente il funzionamento di attrezzature (61% delle risposte) e la manutenzione preventiva (41,9%) e correttiva (20,5%) dei macchinari. Solo il 16,3% cita i processi legati alla sicurezza sul lavoro.
Analogamente, le leve di investimento citate hanno a che fare con la ricerca di efficacia attraverso una riduzione dei tempi di svolgimento delle attività (36,7%) e di fermo (circa 35,8%). Mentre l’incremento del livello di sicurezza sul lavoro risulta solo al quinto posto, al 20%, delle priorità. L’ambito della gestione di attività e processi legati alla sicurezza sul lavoro, quali ad esempio la localizzazione di personale a rischio o la rilevazione di pericoli e incidenti, appare dunque più scoperto.
Ulteriore dimostrazione della scarsa consapevolezza di molte aziende circa il potenziale supporto di strumenti digitali e automatizzati in questo campo.