di Virna Bottarelli |
Che in Emilia-Romagna “si stia bene” non è solo un modo di dire. Nella terra tanto apprezzata per la sua tradizione culinaria, i suoi colli e le sue spiagge, i dati economici parlano chiaro, primi su tutti quelli relativi al lavoro.
La regione, stando ai numeri disponibili per i primi nove mesi del 2022, ha un tasso di occupazione del 69,4%, quasi 10 punti in più della media nazionale. Il tasso di inattività è poco sotto al 27%, mentre la disoccupazione è al 5,2% (ndr: la media nazionale nel 2022 era dell’8,1%). Vincenzo Colla, Assessore regionale allo Sviluppo economico e Green economy, Lavoro, Formazione e Relazioni internazionali, conosce bene la realtà emiliano-romagnola e ne conferma il momento positivo. “Nel 2022 è continuata la ripresa delle attivazioni di lavoro dipendente dopo la pandemia, raggiungendo il record nella serie storica e continuando a marcare un saldo positivo rispetto alle cessazioni. Prometeia stima una dinamica positiva ancora nel 2023 (+0,9%) e sulla base degli attuali scenari, il recupero del livello di occupazione pre-Covid dovrebbe essere raggiunto nel corso del 2024”.
Qual è il “segreto” di questa regione, che ha sempre saputo rialzarsi anche nei momenti più difficili? Se si ascolta Colla, si capisce che non c’è nulla di misterioso. La chiave è l’impegno costante delle istituzioni locali, che si sforzano di ascoltare le esigenze della comunità e di favorire il dialogo tra pubblico e privato. “Il nostro impegno oggi”, continua “è innanzitutto quello di accrescere la partecipazione al mercato del lavoro elevando il tasso di occupazione. Il nostro obiettivo è il 74,5% nel 2025 e oltre il 78% nel 2030. Sappiamo che l’anello debole nel mercato del lavoro sono i giovani e le donne. Per questo stiamo investendo in particolare per ridurre il disagio occupazionale giovanile, portando la quota dei neet sotto il 10%, e per ridurre il ‘lavoro povero’ e la sottoccupazione, che riguarda soprattutto la componente femminile”.
Partirei dalle attribuzioni della sua carica di assessore. Accanto a sviluppo economico, lavoro e formazione figurano i termini “green economy” e “relazioni internazionali”: ci spiega perché e come questi ambiti sono collegati nella vostra politica?
Fra le deleghe affidatemi dal presidente Stefano Bonaccini, abbiamo voluto specificare la delega sulla “green economy” per mettere in risalto le azioni volte allo sviluppo sostenibile della nostra Regione. La difesa ambientale, la decarbonizzazione, l’economia circolare, le energie pulite, la riduzione degli sprechi sono tutti obiettivi strategici che l’Emilia-Romagna si è data. Non a caso sono stati condivisi con tutti i soggetti territoriali di rappresentanza che hanno firmato il Patto per il Lavoro e per il Clima, il nostro documento strategico che dice in che direzione vogliamo andare nei prossimi anni. È chiaro che la green economy abbraccia tutto l’ambito delle attività produttive, ma delinearla come obiettivo strategico vuol dire impostare apposite politiche di transizione ecologica, mettendo la sostenibilità come obiettivo primario.
Quanto alle “relazioni internazionali”, ricordo che l’Emilia-Romagna è la Regione con il più alto valore aggiunto fra import ed export: dei 46 miliardi realizzati dal nostro Paese nel 2021, ben 23 sono stati fatti dalla nostra Regione. L’Emilia-Romagna sta nel mondo o non è. Le nostre imprese vendono prodotti di nicchia di altissima qualità. Il marchio “Emilia-Romagna” è riconosciuto nel settore automotive come nell’agroalimentare, nella moda come nella manifattura in generale. E da noi arrivano tante multinazionali per insediarsi, produrre, fare qui ricerca e sviluppo. La nostra regione va guardata in relazione al nostro Paese, ma anche alle regioni più avanzate del mondo.
Per quanto riguarda le politiche attive nella vostra regione, so che non amate definirvi come “un modello”, ma le cose effettivamente da voi funzionano bene, come dimostrato anche dai risultati conseguiti con Gol. Quali sono i fattori che determinano un sistema efficace di politiche attive?
Gol è una straordinaria opportunità per attuare politiche attive nel nostro Paese. Come Emilia-Romagna abbiamo a disposizione 50 milioni di euro all’anno per cinque anni per prendere in carico le figure più fragili, orientarle, accompagnarle in un percorso di formazione qualificata e incrociare domanda e offerta di lavoro. Per fare questa ricucitura sociale abbiamo investito da subito sui Centri per l’Impiego. Sia sulle sedi, riqualificando nuovi spazi e rendendoli più funzionali ed accoglienti, sia formando gli operatori, anche coinvolgendo le università, affinché siano in grado di relazionarsi con tutti i soggetti del territorio e di dar vita, a tutti gli effetti, a Centri per l’impiego di comunità.
Contestualmente sono stati coinvolti tutti i soggetti privati accreditati che costituiscono la rete attiva per il lavoro. Non amo definire l’Emilia-Romagna un modello, perché mi dà il senso di qualcosa di concluso, mentre vedo un magma che continua a muoversi. Però è vero che in questa Regione c’è una peculiarità che non si trova altrove. Qui pubblico e privato si parlano e si riconoscono a monte, e posizionano una strategia che impegna responsabilmente entrambe le parti alle azioni conseguenti. Questo avviene anche nel campo delle politiche attive. Abbiamo un sistema integrato pubblico-privato che funziona e intreccia misure e risorse per garantire adeguatezza, personalizzazione e unitarietà dei percorsi individuali. A monte c’è un grande lavoro sull’accreditamento dei soggetti privati, per garantire servizi per il lavoro di qualità e una specializzazione nei diversi ambiti formativi.
È recente la notizia inerente all’investimento di NTT Data a Bologna, un’operazione che avrà importanti ricadute occupazionali in un settore altamente tecnologico. Come riesce la vostra regione a rendersi attrattiva per gli investitori esteri?
Penso che l’Emilia-Romagna sia particolarmente “sexy” agli occhi degli investitori stranieri per la sua capacità di presentarsi come sistema. Con le istituzioni al fianco delle università, le imprese al fianco delle organizzazioni sindacali, il mondo associativo accanto a quello della ricerca. Quando un investitore arriva in Emilia-Romagna Sto arrivando! che tutti i soggetti, una volta presa una decisione, si muoveranno nella stessa direzione, evitando, per quanto possibile, che qualcuno si opponga e blocchi il progetto.
Le faccio un esempio: a fine marzo siamo andati a Houston per incontrare i massimi esponenti della Space Economy americana, a partire dalla Nasa. Ci siamo andati con le nostre imprese, le università, i cluster, i centri di ricerca, le start-up, le associazioni di categoria. Gli americani sono rimasti molto impressionati perché non pensavano che una delegazione regionale (parliamo di oltre 30 persone) potesse arrivare lì in modo così compatto per proporsi come partner nella ricerca, nella produzione, nelle relazioni. Questo è quello che intendo quando parlo di sistema. È chiaro che ognuno farà i propri interessi, ma tutti sono consapevoli che muoversi insieme dà una forza e una credibilità che il singolo non potrà mai raggiungere muovendosi in autonomia.
Il 2023 è l’anno europeo delle competenze. Quali sono quelle che nella vostra regione scarseggiano e come si possono colmare queste lacune?
L’Emilia-Romagna, come d’altra parte tutte le Regioni italiane, ha bisogno di imprimere una forte accelerazione sulle competenze digitali. Viviamo nell’economia della conoscenza, ma questa conoscenza si evolve a una velocità impressionante, come mai era avvenuto in passato. Per questo è indispensabile aggiornare le competenze di chi oggi lavora e formare i lavoratori del futuro, sapendo che i giovani dell’era digitale hanno un’adattabilità e una velocità di apprendimento incredibili, proprio in quei settori che chi è nato nello scorso millennio a volte guarda ancora con diffidenza.
L’Emilia-Romagna farà il più grande investimento della sua storia sui saperi e sulle conoscenze. Stanzieremo oltre 200 milioni all’anno su istruzione e formazione. Perché sappiamo che le teste vengono prima di qualsiasi manufatto. È l’unico modo per restare al passo con l’evoluzione tecnologica e non perdere la competitività dei nostri territori. Ed è in particolare la conoscenza tecnica e scientifica quella che dobbiamo promuovere e sviluppare.
L’umanesimo va benissimo, è la piattaforma culturale e di analisi critica per tutti, ma dobbiamo dire ai nostri giovani e alle loro famiglie che l’ultimo miglio da percorrere negli studi è nel campo delle discipline Stem. Perché è lì che si piò trovare un lavoro di qualità. Per questo diventa fondamentale un orientamento di qualità, che superi quelle indicazioni amicali, parentali o familistiche che fino ad oggi hanno guidato le scelte dei nostri ragazzi. Oggi non può più funzionare così, se vogliamo incrociare domanda e offerta di lavoro.
Il presidente Bonaccini non manca mai di sottolineare quanto impegno il Patto per il Lavoro e per il Clima richieda in termini di contrattazione e confronto. Quanto della sua esperienza sindacale torna utile a questo proposito?
Certamente nella mia esperienza personale ho molte ore di contrattazione alle spalle. Tuttavia, l’elemento fondamentale, in queste situazioni, più che l’esperienza di mediazioni è l’approccio, sia individuale che collettivo. Bisogna agevolare il dialogo, partire sempre dal riconoscimento che chiunque può portare utili istanze, pur nella diversità di opinioni o di interessi. In questa Regione, per fortuna, abbiamo l’abitudine al confronto. Non è un pranzo di gala, sia chiaro. Ci vogliono pazienza e determinazione. Ma questa è l’Emilia-Romagna che ci piace. E ce la teniamo stretta.
Chi è Vincenzo CollaNato nel 1962, a 18 anni è assessore alle Politiche giovanili e allo Sport del suo Comune, Alseno, in provincia di Piacenza. Intraprende l’attività sindacale in aziende dei settori metalmeccanico e legno. A metà degli anni Ottanta entra nella segreteria della Fiom Cgil di Piacenza, che poi guida da segretario generale. Nel 1996 diventa segretario generale della Camera del Lavoro di Piacenza e nel 2002 viene eletto nella segreteria della Cgil Emilia-Romagna, in cui dirige il dipartimento organizzazione. Nel 2010 diventa Segretario regionale della Cgil Emilia-Romagna e nel 2016 è eletto nella segreteria confederale della Cgil nazionale. Dal 24 gennaio 2019 al febbraio 2020 svolge il ruolo di vicesegretario generale della Cgil con funzioni vicarie. Dal febbraio 2020 è Assessore allo Sviluppo economico, Green economy, Lavoro e Formazione della Regione Emilia-Romagna. Nel 2023 assume anche la delega alle Relazioni internazionali. |