Innovare nell’anno europeo delle competenze

Innovare la formazione continua e il sistema dei Fondi Interprofessionali per innovare il Paese. Questo il tema cardine dell’evento “Il lavoro al centro” organizzato a Roma da Fondimpresa

0
301
Elvio Mauri, direttore generale di Fondimpresa

di Barbara Pigoli |

Lo scorso aprile, presso l’Auditorium della Tecnica di Roma, si è svolto l’evento istituzionale di Fondimpresa, Fondo Interprofessionale per la Formazione Continua che conta oltre 211.000 aziende aderenti per un totale di quasi 5 milioni di lavoratori.

Una due giorni di lavoro aperta alle riflessioni, alle esperienze e agli approfondimenti sul futuro del lavoro, sulle trasformazioni produttive, sui cambiamenti professionali e sulle sfide che i Fondi Interprofessionali dovranno affrontare. In cui sono state proposte e discusse anche innovazioni alle regole che governano l’azione dei Fondi Interprofessionali e alla normativa di riferimento sulla formazione continua.

Dopo i saluti e gli auguri di buon lavoro che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha fatto pervenire, il convegno è stato aperto da Annamaria Trovò, vicepresidente di Fondimpresa, che ha sollevato importanti interrogativi rispetto ai contenuti delle competenze su cui andranno formati i lavoratori, alla luce dei grandi processi di trasformazione tecnologica stanno caratterizzando la nostra epoca.

Come cambierà il mondo del lavoro? Quali nuove professioni nasceranno e quali cambieranno o spariranno? Il suo intervento ha anche messo in luce l’urgenza di una riflessione approfondita sul tema. In quanto il lavoro è un fattore di integrazione sociale e una forma fondamentale di espressione della persona. Il futuro del lavoro non è infatti unicamente determinato dalla tecnologia, ma dalle competenze dei lavoratori e per questo sono necessarie le “employability skill” per acquisire nuove competenze.

Nella prima giornata, le riflessioni si sono basate sulle principali trasformazioni produttive in atto e sui cambiamenti professionali, le sfide e le nuove opportunità che ne derivano per il sistema di formazione continua. Un primo panel di aziende ha affrontato il tema dei cambiamenti attesi da parte del mercato del lavoro. Dal confronto è emerso come la formazione tecnica non possa più restare separata dalla formazione di contesto e dalle prospettive aziendali e dei lavoratori. E anche come formazione non formale e formale non siano più così distinte per i lavoratori e per le imprese.

Il cambiamento che ci aspetta

Anna Maria Ajello, psicologa e professoressa ordinaria alla Facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università di Roma La Sapienza, è poi intervenuta sul tema della transizione ecologica e digitale e delle attività di reskilling e upskilling. Che, di fronte ai cambiamenti incombenti, mettono in luce la necessità di una diversa concezione della formazione: sostenere la costruzione di nuove identità professionali. “In questo scenario la formazione non può più essere intesa come elemento sporadico o periodico, quanto di attività di professionisti che conoscendo bene la realtà organizzativa e le persone che ci lavorano, accompagnino queste nel processo che le porterà a mutamenti più o meno radicali delle loro competenze professionali”.

Annamaria Simonazzi, economista e consigliera del Cnel ha messo in luce come una maggiore presenza delle donne nel mercato del lavoro sia una questione non solo di equità, ma di sostenibilità stessa del sistema economico. In quest’ottica la formazione deve essere progettata per superare la gamma di barriere esistenti. Il modello di leadership al maschile costituisce de facto un meccanismo di discriminazione intrinseco nel sistema del lavoro. Il divario occupazionale di genere si riduce con il livello di istruzione. E la formazione permanente è indispensabile soprattutto per chi ha un basso livello di scolarizzazione.

La formazione è uno strumento imprescindibile per affrontare e contrastare i meccanismi di autoesclusione (le donne con basse qualifiche difficilmente accedono alla formazione), e i fenomeni di segregazione orizzontale (le donne con bassa qualificazione sono generalmente più penalizzate) e verticale (la formazione viene generalmente realizzata nei livelli alti delle imprese, dove le donne sono meno numerose). Rispetto alle nuove tecnologie, nelle nuove generazioni non si rilevano significative differenze fra donne e uomini, che permangono rispetto alle competenze avanzate e al problem solving. Per evitare di incrementare il divario, occorre che la formazione non sia generica, bensì mirata a contesti e gruppi specifici di destinatari.

Una nuova organizzazione

Da segnalare l’intervento di Ivana Pais, docente di Sociologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che ha evidenziato come non sia più possibile applicare vecchi parametri ai nuovi modelli di lavoro. Forse stiamo superando il modello fordista, così come quello a rete, e stiamo assistendo all’affermarsi di un nuovo modello, il “modello piattaforma” (rappresentato da un nastro che non ha confini tra interno ed esterno).

Le aziende piattaforma cooptano utenti che non sono parte della piattaforma, ma che sono tenuti a rispettare le regole della piattaforma. Sono caratterizzate da un management algoritmico con potere centralizzato (il potere istitutivo delle norme è centrale) ma, per converso, le norme sono decentralizzate. Come naturale conseguenza, il middle management “sparisce” e il controllo viene esercitato dai clienti attraverso meccanismi reputazionali.

Le implicazioni per la formazione sono molteplici: cambia il valore delle credenziali sul lavoro e il titolo di studio pare non contare più nulla. Inoltre, emergono nuove competenze necessarie per lavorare (ogni lavoratore in piattaforma deve essere in grado di gestire la propria identità digitale) e sono valorizzate le competenze da algoritmo (chi ha competenza riflessiva guadagna di più). infine, con l’assenza del middle management, le responsabilità dell’organizzazione del lavoro sono scaricate sul lavoratore (ogni lavoratore risponde alla piattaforma direttamente). Michele Petrocelli, docente di Economia Politica all’Università Marconi, ha poi ribadito l’attuale mismatch di competenze e la necessità di formare i lavoratori alle competenze e alle soft skill per le attività che restano non delegabili alle macchine.

A seguire, Tiziana Catarci, direttore del Dipartimento di Ingegneria Informatica, Automatica e Gestionale dell’Università La Sapienza di Roma, ha spiegato l’impatto dell’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale sul mondo del lavoro. Ponendo l’accento sulla trasformazione digitale, precisando che deve essere indirizzata nella maniera giusta, creando consapevolezza e aumentando conoscenze e competenze digitali. Nell’intervento ha scardinato anche il dubbio che l’Intelligenza Artificiale possa sostituire l’uomo nel lavoro; non c’è ancora la possibilità di rimpiazzare il brain power, le macchine possono sollevare le persone dalla fatica e dalla ripetitività di alcuni processi e ampliare le loro capacità, ma non sono in grado di sostituire la creatività, l’innovatività e l’umanità: “Per fidarsi della tecnologia si deve avere familiarità con la tecnologia, le regole del gioco dovrebbero essere note e i giocatori devono potersi fidare del fatto che gli altri giocatori seguano le regole”.

Innovare il sistema dei Fondi

Nella seconda giornata, alla presenza delle Parti Sociali e di importanti personalità politiche, sono state proposte e discusse le innovazioni alle regole che governano l’azione dei Fondi Interprofessionali e alla normativa di riferimento sulla Formazione Continua in risposta alle nuove esigenze intervenute. Ha aperto i lavori Aurelio Regina, presidente di Fondimpresa, ribadendo che il Fondo opera con criteri di massima trasparenza. Il freno allo sviluppo del mercato è il mismatch di competenze.

A seguire è intervenuta Marina Calderone, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, che ha affermato che l’attività di Fondimpresa e dei Fondi Interprofessionali è importante nel panorama del mondo del lavoro, per le risorse notevoli che impiega per le attività di formazione. Il Ministro ha ribadito che la formazione è l’elemento centrale di quelle che sono le azioni del governo per rendere il mercato del lavoro più dinamico e dare alle imprese quelle professionalità che mancano. Il tema della formazione è strategico ed essenziale e bisogna creare una grande alleanza tra il mondo delle imprese, i Fondi Interprofessionali e le Regioni.

Fondamentale è pensare a un mercato del lavoro inclusivo, specialmente per tutti gli attori del lavoro e non è possibile lasciare fuori i Fondi interprofessionali creati dalla bilateralità. Un sistema industriale maturo sa creare strumenti che rispondono alle esigenze del territorio, nel rispetto di tutti i distretti. “Vi garantisco regole trasparenti e il massimo impegno per fare la differenza, che passa da regole certe e correlazione stretta”.

Elvio Mauri, direttore generale di Fondimpresa, è poi intervenuto sul tema del futuro dei Fondi e delle nuove iniziative già intraprese e da intraprendere, passando in rassegna alcuni dei temi più rilevanti come la certificazione delle competenze, le risorse da investire per le Politiche Attive, e l’impiego delle nuove tecnologie per l’erogazione e la fruizione della formazione.

Lavoro, persone, formazione

La prima tavola rotonda della seconda giornata ha attivato la riflessione sul dibattito di portata europea, con le europarlamentari Patrizia Toia, Isabella Tovaglieri, Maria Angela Danzì e Chiara Gemma, affrontando anche il tema degli Aiuti di Stato applicati alla formazione. Sono emersi molteplici elementi di confronto.

Gli obiettivi del Consiglio Straordinario di Lisbona, che prevedeva un costante tasso di crescita e miglioramenti in termini di occupazione in generale e in particolare femminile, sono stati disattesi e il sistema Eurozona è cresciuto meno di quanto previsto. Siamo ancora indietro con le competenze tecnologiche ed è necessario investire su una formazione finalizzata alla transizione ecologica (che dovrebbe essere esclusa dagli Aiuti di Stato nei Paesi membri) e anche fornire un modello di formazione condiviso. La formazione deve essere trasferibile e non specifica sulla singola impresa.

La seconda tavola rotonda della giornata ha visto il confronto tra Alessandra Nardini, Coordinatore della Commissione Lavoro e Formazione Professionale della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome e Annamaria Trovò, su uno dei temi centrali delle sfide delle transizioni ecologica e digitale, ossia il valore delle persone nel mercato del lavoro. Queste le parole della vicepresidente di Fondimpresa Annamaria Trovò:

“I Fondi interprofessionali che di formazione vivono, hanno indubbiamente bisogno di confrontarsi con le regioni per definire quali contributi dare per raggiungere gli obiettivi utili alla crescita delle competenze nel nostro paese, con attenzione alle persone, ai cittadini ed ai lavoratori. Esercitando il ruolo più consono per contribuire allo sviluppo del sistema Paese. Auspichiamo quindi un rapporto di concertazione e collaborazione costante”.

La terza tavola rotonda si è basata invece sul confronto tra Giorgio Graziani, segretario confederale Cisl, Pierpaolo Bombardieri, segretario generale Uil, Christian Ferrari, segretario nazionale Cgil, e Maurizio Stirpe, vicepresidente per il Lavoro e le Relazioni Industriali di Confindustria. Fra i temi discussi, la necessità di progetti di formazione partecipativi, anche supportati dalla bilateralità prevista nei Ccnl, la necessità di unione delle Parti Sociali nei cambiamenti, di adeguare la gestione dei contributi con i tempi delle imprese, nonché accelerare la gestione del Fondo Nuove Competenze da parte di Anpal. Il sistema confindustriale ha messo anche in luce come le proposte tra datoriale e sindacali siano ancora disarticolate. E come sia invece indispensabile che le parti sociali si mettano d’accordo sul tema delle politiche sociali, condividendo una visione comune sui singoli argomenti.

Una rotta tracciata

Le conclusioni del convegno sono state affidate al presidente Aurelio Regina, che ha sottolineato come in questi due giorni di lavoro “sia stata tracciata la rotta da percorrere per affrontare il futuro che ci aspetta”. Le transizioni ecologica, digitale e sociale mostrano che il driver principale per progettare e gestire il cambiamento è la formazione, sia per ampliare le competenze dei lavoratori sia per far crescere le imprese. Regina ha dichiarato: “Non c’è crescita senza risorse adeguatamente formate che siano in grado di progettare il cambiamento, gestirlo ed operare in modo efficace ed efficiente all’interno del processo”.

Nel solco del percorso virtuoso tracciato sinora da Fondimpresa, per andare avanti diviene dunque necessario “liberare le competenze” da:

  • preconcetti, per creare una vera e propria “cultura della formazione”, premiando le aziende che investono in formazione virtuosa;
  • vincoli normativi e burocratici, chiedendo alle istituzioni europee di escludere la formazione continua dal novero degli Aiuti di Stato in quanto diritto soggettivo dei lavoratori;
  • un mercato impari, ponendo le stesse regole e gli stessi criteri di trasparenza a tutti i Fondi Interprofessionali.

Il presidente ha concluso il suo intervento sottolineando l’importanza di costruire il futuro insieme alle aziende aderenti e ai lavoratori di Fondimpresa, permettendo loro di imparare e crescere insieme.

TRE PROPOSTE PER LA FORMAZIONE FINANZIATA

Di seguito le 3 proposte presentate da Elvio Mauri, direttore generale di Fondimpresa, a supporto delle attività svolte dai Fondi Interprofessionali e della formazione finanziata.

Servono controlli centralizzati

Quando ci chiedono quale è il modo per coinvolgere maggiormente le piccole e medie imprese, di solito diciamo che il modo migliore è quello di far rispettare le regole, perché da che mondo è mondo le regole favoriscono i piccoli. Quindi, per passare a un esempio pratico, bisogna rendere inefficaci tutte quelle azioni di comunicazione che finiscono per abusare della credulità della microimpresa che viene associata a grandi progetti con mirabolanti promesse che nell’atto si concretizzano nel pagare la consulenza per la formazione sulla legge 81.

Come facciamo? Esiste un modo facile, basato sulla centralizzazione dei controlli. Fondimpresa spende un milione l’anno più o meno per i controlli che vengono esternalizzati, come da circolare. Centralizziamo i controlli, facciamo sì che  che il valore della gara sia corrisposto pro quota oggi dai singoli fondi e realizziamo un sistema comune. Proponiamo ciò non perché? siamo desiderosi di realizzare controlli sceriffeschi. Ma proprio perché vogliamo destinare il massimo delle risorse possibili alla formazione e non ad altro. Oltretutto questa scelta potrebbe anche rendere più semplici e veloci i controlli svolti sull’attività dei fondi.

Serve un massimale di spese per la gestione

Anche la seconda proposta operativa si riconduce all’alvo di favorire sempre più la formazione come fonte principale di spesa. Destiniamo una cifra massima a spese di gestione e spese propedeutiche. Cifra che non può essere superata dal fondo agevolando la distinzione fra le due tipologie di spesa, con tutte le necessarie attenzioni alle dimensioni del fondo naturalmente. Perché vale lo stesso discorso di prima: la formazione deve essere il centro di ogni finanziamento e non la scusa per aggravi di costi o facilitazioni improprie.

Serve una disciplina unica che normi la portabilità

Altra proposta operativa, anche questa fattibile con circolare. Osservando con attenzione il nostro bilancio si coglie discrasia fra mobilità e portabilità. Abbiamo cioè molta differenza tra le aziende che arrivano e le risorse che si portano dietro: anche qui per evitare tentazioni. Una unica disciplina che superi le potestà regolamentari dei fondi e che disciplini con chiarezza questo tema. Non siamo mossi da intenti bulimici, ma da una esigenza che rappresenta un grande valore.

Il valore aggiunto dei fondi è che rappresentano una bilateralità efficace e credibile. Si impiega molto tempo a costruire la credibilità, ma assai poco a perderla. Le aziende – che dappertutto leggono che possono portarsi via almeno in quota parte il proprio patrimonio – non sempre, ma con una certa frequenza si vedono opposte una serie di eccezioni che tendono a limitare o addirittura a comprimere del tutto questa possibilità.


Barbara Pigoli è progettista, formatrice e consulente, ed è una profonda conoscitrice del sistema dei Fondi Interprofessionali e della formazione bilaterale.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here