Dove andare se vuoi fare il nomade digitale?

Il consulente del lavoro Luca Furfaro autore del libro “Lavoratori all’estero. Dalle trasferte al remote working internazionale”, fa chiarezza su come diventare un nomade digitale e quali Paesi prediligere

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Nomadi digitali

Chi è il nomade digitale? Oggi, in realtà, fa parte di una vera e propria comunità di persone che condividono uno stile di vita e dei valori comuni.

Il fenomeno ha trovato una grande solidità grazie alle opportunità emerse con la pandemia e ai cambiamenti che hanno investito il mondo del lavoro in toto. Non si tratta di un fenomeno recente, già negli anni 90 infatti si prospettava la possibilità di una vita mobile digitale, ma la consistenza che ha assunto in questi anni non trova paragoni. Tanto da contare oggi circa 35 milioni di nomadi digitali nel mondo.

Le sfide del nomade digitale

Se spostarsi da un paese all’altro lavorando costituisce un sogno oggi realizzabile, la mobilità del lavoro mette in discussione una serie di condizioni importanti per il lavoratore. Che dovrà autonomamente districarsi in materia normativa al fine di comprendere il quadro vigente dei paesi per tutelarsi correttamente. Tra i temi, la compliance amministrativa riguardo la legislazione applicabile. Ma anche la gestione del sistema previdenziale e la fiscalità lavoratore dipendente o ancora il tema dell’attrattività dei territori.

6 consigli utili

Luca Furfaro, specializzato nelle politiche del lavoro e del welfare, fornisce una serie di consigli utili per chi vuole entrare in questa comunità.

Tra gli aspetti chiave:

  • Natura del lavoro: i nomadi digitali possono essere lavoratori autonomi o subordinati e, a seconda della tipologia, occorrerà verificare come gestire lo spostamento;
  • Immigrazione: comprendere le attività permesse nel paese a seconda del permesso di soggiorno, anche nell’Unione europea;
  • Fiscale: lo spostamento della residenza fiscale deve essere valutato in base al paese nel quale ci si reca, ma anche verificando le norme Italiane. Il rischio è di rimanere residenti fiscalmente in Italia ed avere una doppia imposizione. In ogni caso andrà valutata l’iscrizione all’AIRE (Anagrafe degli Italiani all’Estero) che guida il concetto di residenza fiscale in Italia e che fornisce una serie di servizi all’estero.
  • Previdenza: se lo spostamento in un paese con un sistema previdenziale assente o con un basso prelievo può sembrare conveniente, nel lungo periodo può essere un problema;
  • Organizzativo: verificare che orari e connessioni siano adeguati alla collaborazione con clienti e fornitori;
  • Sicurezza: considerare i rischi di svolgere l’attività in un Paese differente, compresi lo scarso livello sanitario e i rischi geopolitici.

I paesi più attrattivi

I criteri di scelta sono precisi. In primis una connessione internet veloce ed accessibile, il costo della vita e degli affitti, la sicurezza e le politiche del paese riguardo il tema. Tra i paesi Ue spiccano Malta, Grecia, Spagna e isole Canarie. Anche paesi meno caldi come l’Estonia, che, però, ammette un reddito minimo netto da dichiarare di 3.504 euro al mese. Bali ha annunciato l’introduzione di un nuovo visto denominato Second-Home Visa che consente alle persone di rimanere quasi 10 anni, e da tenere d’occhio anche l’Argentina con il visto di 1 anno e un welcome kit (chip per cellullare, tessera per i trasporti e altri alcuni).

Si distinguono poi anche le isole Cayman e Dubai, oltre che per il loro clima, per chi viaggia con la famiglia. Le isole offrono un Global Citizen Concierge programme, per frequentare scuole internazionali, Dubai invece un visto di lavoro virtuale.

Essere nomade digitale in Italia

In Italia è stata creata una politica del rientro molto favorevole agli expat, con la creazione di regimi di vantaggio fiscale. Una misura che prevede un regime di tassazione agevolata temporaneo, riconosciuto ai lavoratori che trasferiscono la loro residenza in Italia. A condizione che la durata del trasferimento non sia inferiore ai due anni e che la maggior parte del lavoro venga svolto sul territorio italiano. Questi benefici fiscali si traducono nella riduzione dell’imponibile del 70%. Le imposte così dovute sono sul 30% dei redditi percepiti, 10% se la residenza è collocata in una regione specifica italiana: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia.

Se in passato questi benefici erano rivolti solamente a persone altamente qualificate, oggi questa norma è stata estesa a tutti i lavoratori. L’agevolazione fiscale, inoltre, è riconosciuta anche a coloro che vogliono trasferirsi in Italia o continuino a lavorare alle dipendenze del precedente datore di lavoro estero in smart working. L’Italia ha anche riconosciuto i nomadi digitali nel Testo Unico dell’immigrazione, agevolando il loro arrivo con un particolare permesso di soggiorno.

Le agevolazioni per gli impatriati tentano di portare in Italia professionalità e reddito. Ma tale misura ha il “prezzo” di rendere tali risorse più raggiungibili rispetto a quelle interne. Le quali, complice l’alto cuneo fiscale per raggiungere il medesimo risultato netto, sono molto più costose. Occorrerebbe, secondo Luca Furfaro, legare questa misura a un investimento sul territorio nazionale tale da garantire di aver acquisito quel soggetto e di non vederlo fuggire nuovamente al termine del beneficio fiscale. La misura potrebbe essere collegata alla condizione dell’acquisto, nell’arco dei due anni, di residenza di una abitazione principale, o all’investimento in società o imprese nazionali.

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