Contratto di prossimità, strumento prezioso

Gli accordi previsti dal contratto di prossimità devono essere finalizzati a una serie di obiettivi proficui per il lavoratore, per il datore di lavoro e per la società in genere. Ne parliamo con Domenico Mamone, presidente di Unsic, sostenitore di questo strumento

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Dettagli del contratto di prossimità

di Giampiero Castellotti |

I contratti di prossimità, regolati dall’articolo 8 del Decreto Legge n. 138 del 13 agosto 2011, convertito con modifiche dalla Legge n. 148 del 2011, in vigore dal 17 settembre 2011, costituiscono accordi di secondo livello, territoriali o aziendali, che possono prevedere intese anche in deroga alle norme contenute nelle leggi e nei contratti collettivi nazionali di lavoro.

Il loro ambito di applicazione riguarda la disciplina di materie riguardanti l’organizzazione del lavoro, cioè tutte le fasi del rapporto, dall’instaurazione allo svolgimento, fino alla sua risoluzione. Questi strumenti rappresentano, pertanto, un percorso ideale per oltrepassare i vincoli previsti dalla legge e dai contratti collettivi attraverso intese negoziali collettive, nell’ottica di soddisfare gli interessi della pluralità dei soggetti coinvolti. Uno degli scopi dell’abilitazione, da parte del legislatore, dei contratti collettivi a raggiungere tali intese, con poteri derogatori della legge e del contratto collettivo, è conseguente alla richiesta delle parti di regolare alcuni aspetti del rapporto di lavoro nel luogo più prossimo ai destinatari dell’accordo.

Gli obiettivi del contratto di prossimità

Benché non manchino critiche su più fronti, dalle accuse di “aziendalizzazione” della contrattazione collettiva fino al rischio dei cosiddetti “contratti-pirata” o all’eccessiva estensione delle materie in cui il contratto è consentito, il loro presupposto è comunque meritorio. Gli accordi debbono essere finalizzati a una serie di obiettivi proficui per il lavoratore, per il datore di lavoro e per la società in genere.

Tra questi, come recita il comma 1 dell’articolo 8 del Decreto Legge n. 138/2011, rientrano la migliore qualità dei contratti di lavoro, una maggiore occupazione e gli incrementi di competitività e di salario, l’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, ma anche l’emersione del lavoro irregolare o la gestione delle crisi aziendali e occupazionali. Pertanto, se il datore di lavoro ha interesse ad adattare sulla base delle proprie necessità aziendali le regole fissate dalla legge e dai contratti collettivi, gli interessi collettivi dei lavoratori sono salvaguardati proprio dall’esigenza della presenza di queste specifiche finalità, previste dall’articolo 8.

La sentenza della Corte Costituzionale

Una recente sentenza della Corte Costituzionale, la numero 52 del 2023, oltre a rigettare questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8 del Decreto Legge 13 agosto 2011, n. 138, sollevate dalla Corte d’Appello di Napoli, ha valorizzato il carattere tassativo dell’elenco delle materie che possono essere oggetto di accordo di prossimità e la conseguente natura eccezionale della norma. Inoltre, in tale pronuncia, la Corte Costituzionale ha evidenziato che, proprio ai sensi dell’articolo 8, le “specifiche intese” sono destinate ad operare nell’ambito di materie rientranti tutte nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, cioè non possono incidere – nel caso specifico preso in considerazione dalla Consulta – sulla legislazione regionale emanata in materia di tutela del lavoro, demandata alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni. In sostanza, la Corte ha ribadito che un contratto di prossimità non è tale per il solo fatto che sia così qualificato dalle parti sottoscriventi, essendo, invece, necessario che presenti tutte le condizioni previste dall’articolo 8.

Come recita, nel dettaglio, il comma 2 dell’articolo 8, le specifiche intese possono riguardare la regolazione delle materie inerenti all’organizzazione del lavoro e della produzione con riferimento agli impianti audiovisivi e all’introduzione di nuove tecnologie, alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale, ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro. Ma anche alla disciplina dell’orario di lavoro e alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite Iva, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio e il licenziamento della lavoratrice in concomitanza con il matrimonio.

Uno strumento qualificato utile alle imprese

Per sondare l’opinione della rappresentanza imprenditoriale su questo istituto non molto conosciuto, abbiamo parlato con Domenico Mamone, presidente di Unsic (Unione nazionale sindacale imprenditori e coltivatori), organizzazione sindacale datoriale che da qualche settimana è entrata a far parte del Cnel.

Domenico Mamone, presidente Unsic“Giudichiamo in modo positivo i contratti di prossimità, in quanto si tratta, comunque, di un qualificato strumento che offre alle imprese la possibilità di adeguare alcuni istituti normativi e contrattuali alle condizioni e alle specifiche esigenze delle diverse realtà aziendali” sottolinea Mamone. “Quindi garantiscono in primo luogo, grazie alla deroga, quella maggiore flessibilità che costituisce un volano per l’occupazione, specie dei più giovani e per lo sviluppo in genere. Una flessibilità comunque ‘controllata’ in quanto innanzitutto non mancano ‘vincoli di scopo’. Cioè le finalità elencate dalla legge e che le specifiche intese devono perseguire ai fini della loro validità ed efficacia. In secondo luogo, troneggiano i limiti imposti dalla Costituzione, dalle convenzioni internazionali e dall’ordinamento comunitario che, va ricordato, pone ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato. In terzo luogo, la differenziazione deve essere giustificata dal perseguimento delle richiamate finalità. Non a caso, il giudice deve accertare se le deroghe alle norme contenute nelle specifiche intese compongono lo strumento per raggiungere almeno uno dei fini indicati dal legislatore. Quest’ultimo è un passaggio importante. Niente vaghi intenti o richiami inconsistenti, ma una puntuale indicazione degli scopi perseguiti che giustificano il ricorso al regime derogatorio, altrimenti si rischiano pronunce di invalidità degli accordi in sede giudiziale”.

Una deroga che investe i contratti a termine

Come spiega Mamone, si tratta di una deroga della disciplina che investe soprattutto i contratti a termine. “Indubbiamente gli accordi di prossimità possono rivelarsi utili per rendere meno soffocante la disciplina dei contratti a termine introdotta dal Decreto Dignità. In particolare con riferimento al regime delle causali, della durata massima, ad esempio riportandola ai 36 mesi previsti prima dell’ultima riforma, e delle proroghe” specifica Mamone. “La flessibilità è la migliore alleata dei nuovi posti di lavoro e ogni tipo di contratto regolare va favorito e non reso complicato da lacci e lacciuoli burocratici. Semmai è necessario defiscalizzare, essere più coraggiosi sul taglio del cuneo fiscale”.

Conclude Mamone: “Riteniamo importanti, sul piano sindacale, i richiami ad alcune ordinanze e sentenze della Cassazione e della Consulta. Laddove è stato sottolineato che c’è un’efficacia nel dissenso verso questi accordi aziendali manifestato dalle organizzazioni sindacali non firmatarie e/o dai singoli lavoratori, discendente dalla necessità di una disciplina unitaria degli interessi collettivi dei lavoratori in azienda. Ma tale dissenso, secondo la Consulta, per essere concreto e attuale, deve, comunque, essere espresso contestualmente o, comunque, in un arco temporale sufficientemente ravvicinato rispetto alla stipulazione dell’accordo stesso. Insomma, i tempi cambiano e il pragmatismo batte l’ideologia. E i contratti di prossimità potrebbero costituire una valida alternativa al salario minimo”.

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