Contro la violenza di genere, l’indipendenza economica è un’arma

Consulenti del Lavoro e Fondazione Doppia Difesa Onlus avviano progetti di politiche attive per favorire l’occupazione delle donne vittime di violenza

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Indipendenza economica per combattere la violenza di genere

Informare, individuare, formare, collocare e/o ricollocare le vittime di violenza: l’indipendenza economica può consentire alle donne di sottrarsi con meno fatica alle situazioni familiari drammatiche.

Il protocollo d’intesa tra il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e la Fondazione Doppia Difesa Onlus, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, nasce proprio con questo obiettivo. Secondo i propri ruoli e le proprie competenze, le due realtà collaboreranno su azioni e strategie comuni. Facendo emergere bisogni, da fronteggiare con percorsi adeguati.

Una maggior inclusione delle donne nel mondo del lavoro costituisce il presupposto fondante per dar vita a un sistema sociale realmente giusto ed equo”, commenta il Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro Rosario De Luca. “Insieme a Doppia Difesa ci spenderemo per la realizzazione di progetti di politiche attive diretti all’occupabilità delle donne vittime di violenza”.

I dati 2022 sulla violenza 

Secondo i dati Istat, nel 2022 in quasi il 90% dei casi di violenza sulle donne l’autore è stato un soggetto con cui la vittima aveva, o aveva avuto, una relazione sentimentale o al quale era legata da uno stretto rapporto di parentela. Nel 55% dei casi, gli autori sono stati mariti, conviventi o attuali partner. Le vittime vivono nella paura, dominate da un senso di impotenza. La loro vita è a rischio proprio dove dovrebbero sentirsi al sicuro, in casa.

Quella casa dalla quale troppo spesso non riescono ad allontanarsi perché non riescono a immaginare un futuro diverso per sé stesse e per i loro figli. C’è infatti una costante, nei casi di violenza: molte donne picchiate, vessate, minacciate non hanno materialmente i mezzi per vivere fuori dalle mura domestiche. L’impossibilità di allontanarsi da quella casa/luogo di violenza dipende anche dalla totale mancanza di mezzi economici.

Il problema dell’indipendenza economica delle donne

Secondo il Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes/Istat), riferito all’anno 2022, c’è uno svantaggio netto per la popolazione femminile rispetto a quella maschile. Il tasso di occupazione femminile è così lontano dalla media europea, e così basso, che quasi la metà delle donne sono escluse dall’indipendenza economica. Dalla ricerca svolta dall’Ufficio Studi dei Consulenti del Lavoro, “Favorire l’inclusione occupazionale per contrastare la violenza sulle donne”, emerge che delle 15.559 donne che nel 2020 hanno iniziato un percorso personalizzato di uscita dalla violenza, solo il 35,5% era occupato stabilmente. Il 48,7% risultava non autonomo dal punto di vista economico. Inoltre, nel 2022 erano circa 6.773.000 le donne che non lavoravano, tra i 25 e i 64 anni, pari al 42,7% del totale della popolazione femminile residente in Italia.

Assegno di Inclusione

Un aiuto per favorire l’inclusione lavorativa delle vittime di violenza può giungere anche dallo strumento che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2024: l’Assegno di Inclusione. Un sostegno economico – introdotto dal D.L. n. 48/2023 (c.d. Decreto Lavoro), convertito in Legge n. 85/2023 – che sarà erogato mensilmente per un periodo di 18 mesi, con possibilità di essere rinnovato per ulteriori 12 mesi.

Tra i destinatari ci sono, infatti, i nuclei familiari con almeno un componente inserito in percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, con presa in carico dei centri antiviolenza riconosciuti. La vittima, inoltre, costituisce un nucleo familiare a parte, anche ai fini Isee, e questo le consente di accedere in modo autonomo alla misura e di essere più tutelata. Il Decreto Lavoro prevede, tra l’altro, che queste donne vengano sollevate dall’obbligo di partecipazione ai percorsi personalizzati di inclusione sociale o lavorativa, nonché dalla relativa necessità di accettare le proposte di lavoro eventualmente offerte.

Tale ultima previsione, dunque, rappresenta un primo passo verso un migliore accesso a misure di sostegno che possono favorire il percorso di autonomia delle donne vittime di violenza.

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