Entro il 2030 aumenterà la domanda di professioni tecniche qualificate, non solamente legate informatica e tecnologia, ma anche alla cura e ai servizi alle persone, inclusi orientamento, formazione e inserimento socio-lavorativo.
D’altra parte, la domanda calerà per i gruppi professionali a qualifica più bassa. Nonché per le professioni qualificate e imprenditoriali collegate ai settori a bassa crescita (es. settore primario, industrie tradizionali). Nel complesso, però, la domanda di lavoro in Italia rimarrà in crescita per il resto del decennio. Sono i principali risultati della nuova edizione dello studio Il futuro delle competenze nell’era dell’Intelligenza Artificiale, realizzato da Ey, ManpowerGroup e Sanoma Italia. Scopo dello studio, elaborato grazie a tecniche di Intelligenza Artificiale e algoritmi di machine learning, è costruire un modello predittivo della domanda di professioni e competenze in Italia da qui al 2030.
AI al lavoro: come si muove la domanda
In Italia, la crescita della domanda rallenterà a partire dal 2024 e poi, in modo più significativo, dal 2027, in corrispondenza della diffusione di soluzioni di IA generativa e robotica avanzata nelle aziende. L’AI al lavoro avrà un impatto negativo, in particolare, sui profili professionali a livello di qualifica media: tecnici, conduttori d’impianti, lavoratori della logistica, mansioni d’ufficio tradizionali.
L’AI porterà invece all’aumento della domanda in 9 settori su 23. Tra questi, alcuni tecnologicamente maturi (telecomunicazioni, public utilities, chimica). Ma anche settori legati alla trasformazione dei servizi e delle competenze (servizi di cura, servizi di educazione, formazione e lavoro). In discesa banche e assicurazioni, da tempo inserite nel percorso di ristrutturazione legato all’uso dei dati.
In tema di singole professioni, la crescita della domanda legata all’AI riguarderà profili molto eterogenei. Ingegneri e fisici (+7%), analisti di mercato e psicologi del lavoro e della formazione (+3%). Crescerà la domanda di profili ad alto contenuto creativo (architetti, progettisti, pianificatori). Così come le professioni legate a marketing e vendite (+5%). L’impatto dell’AI al lavoro, sulla riorganizzazione dei processi e dei modelli, sarà evidente anche nella crescita delle professioni manageriali, come i direttori di amministrazione e finanze e gli specialisti di organizzazione.
Sostenibilità e obiettivi ESG
Un altro cambiamento che impatterà sul mercato del lavoro è legato agli obiettivi ESG – Environmental, social, governance. Un ambito su cui il 94% delle organizzazioni globali ammette di non avere tutti i professionisti necessari allo scopo e il 70% si sta già muovendo per assumerli. Ci sarà quindi una crescita dei cosiddetti green jobs, cioè posizioni che richiedono competenze specifiche e padronanza di un’ampia varietà di green skill. Tra le professioni verdi ci sono sia figure tecniche (ingegneri di fonti di energia rinnovabili e della mobilità elettrica) sia manager (chief sustainability officer e manager dei rischi ambientali). Solo in Italia sono già migliaia le posizioni aperte per questi profili.
Così come è necessario intensificare le azioni di upskilling e reskilling a breve termine, per fornire le competenze per le migliaia di posizioni vacanti per raggiungere gli obiettivi del PNRR, allo stesso modo è fondamentale che il nostro Paese non si faccia trovare impreparato per i cambiamenti a medio e lungo termine”, spiega Anna Gionfriddo, amministratrice delegata di ManpowerGroup Italia. “Bisogna agire insieme al sistema formativo, per avviare percorsi che vadano incontro a questi cambiamenti. Vogliamo dare uno strumento a organizzazioni, enti di formazione e decisori pubblici per intervenire sul mercato del lavoro con una prospettiva di lungo periodo”.
Come intervenire per “affrontare” l’AI al lavoro?
Per evitare squilibri troppo ampi sul mercato del lavoro, è importante intervenire per tempo su tre quarti delle professioni. Nel caso si tratti di occupazioni con domanda in calo, si dovrà gestire un eccesso di forza lavoro da riassorbire in altri ruoli. Se si tratta invece di lavori in forte crescita, occorrerà formare addetti con le giuste competenze prima di incontrare problemi di talent shortage.
In particolare, cambieranno gli skillset. Ovvero il bagaglio di competenze richieste ai lavoratori. Alle professioni tecniche sarà richiesto di aumentare la varietà di competenze possedute, anche non strettamente attinenti al proprio lavoro. Viceversa, alle professioni ad alta specializzazione servirà approfondire sempre di più il proprio settore di competenze.
Oltre il mismatch con la formazione
Tutti i cambiamenti illustrati potranno dunque comportare un aumento del mismatch tra domanda e offerta di lavoro. La quota di assunzioni che le imprese italiane giudicano difficili da realizzare ha superato il 48% a settembre 2023. Mentre la percentuale di posti di lavoro disponibili ma non occupati è attorno al 2%, con perdite vicine al 3% del valore aggiunto annuo di industria e servizi.
Un rimedio al talent shortage è dato dalla formazione che, in prospettiva, costituirà una risorsa sempre più preziosa anche grazie alle potenzialità offerte dall’intelligenza artificiale ad aziende ed enti di formazione. Integrando l’AI nei processi d’apprendimento, sarà infatti più semplice e rapido allineare le offerte dei sistemi di istruzione alle trasformazioni costanti del mercato del lavoro. L’implementazione di soluzioni AI renderà corsi e programmi di formazione più accessibili per lavoratori e aziende. Oltre a consentire un aumento dell’efficacia dell’insegnamento superiore potenziando soluzioni formative tradizionali.
Un ruolo fondamentale si dovrà all’orientamento, già nelle scuole secondarie. Da impostare in modo da consentire a studenti e famiglie di focalizzarsi sull’acquisizione di competenze e di riconoscere quali percorsi formativi e quali scelte professionali offrono maggiori opportunità di successo.
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