Benessere mentale dei lavoratori: quali punti di vista?

Stimulus e Speexx mettono a confronto numeri, approcci e interventi in diverse nazioni per migliorare lo stato d’animo e la qualità delle relazioni fra colleghi

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Ricerca sul benessere mentale e psicologico

Nel valutare il benessere mentale e psicologico sul lavoro, francesi e tedeschi mettono al primo posto il riconoscimento delle mansioni e l’atmosfera del team. I lavoratori italiani si rivolgono agli psicologi per malesseri personali che si riflettono sulle performance aziendali e gli spagnoli più per situazioni traumatiche sul luogo di lavoro.

I dati del white paper “Il benessere nelle aziende italiane e internazionali. Uno sguardo alla salute mentale”, a cura della giornalista Cristina Maccarrone, evidenziano appunto differenze da nazione a nazione. Per i tedeschi, la qualità sul posto di lavoro è legata al lavorare insieme in armonia. Questo ha valore per gli spagnoli nel 26% dei casi, nel 31% per gli italiani e nel 38% per i francesi. Il riconoscimento per il lavoro svolto è invece una priorità per i lavoratori francesi e tedeschi, rispettivamente per il 32% e 34%. Molto meno per gli italiani: solo il 17%. E il significato attribuito al lavoro? Conta di più per i francesi, 32%, e i tedeschi, 31%, molto meno per spagnoli e italiani.

Benessere mentale e psicologico: i dati europei

Il documento incrocia i numeri del “Quick report Mid-Year 2023” sul benessere mentale e psicologico nelle aziende italiane, realizzato su un campione di 8.040 consulenze a cura di Stimulus Italia nei primi mesi del 2023, e i dati del BVA Barometer – Human & Work di Speexx di ottobre 2022, su interviste realizzate a 810 HR Director di aziende francesi, tedesche, spagnole e italiane con più di 50 dipendenti. Dal white paper, confrontando le esperienze degli psicologi in Italia, Francia, Germania e Spagna, emerge la percezione dei lavoratori circa la salute mentale.

Le due principali sfide HR

Possiamo individuare due principali sfide HR a livello europeo. La prima interessa il coinvolgimento dei collaboratori, da raggiungere migliorando la coesione dei team, per il 33% degli HR Director. E con la condivisione della missione aziendale: il 32% desidera coinvolgere i collaboratori nella definizione degli obiettivi. C’è poi il tema dell’inclusione, da migliorare contrastando comportamenti irrispettosi (30%) e incentivando politiche di recruiting più inclusive (28%).

A questo riguardo, dipendenti e collaboratori ritengono importanti, in ordine di priorità:

  • atmosfera costruttiva presente nel team (38%),
  • clima generale in azienda (38%),
  • collaborazione tra i diversi team (37%).

Seguono mantenimento dell’equilibrio tra lavoro e vita privata (32%), riconoscimento del proprio lavoro e impegno (30%) e ricerca di significato e utilità del proprio lavoro (30%).

La seconda sfida richiama il concetto di “ageismo”. Un’esigenza di confronto continuo, legato al fatto che sempre più spesso convivono e lavorano insieme persone di fasce d’età diverse: Generazioni Z, Y, Millennial e Baby Boomer. L’inclusione dei profili senior preoccupa non poco gli HR: il 92% afferma di cercare di mantenerli più a lungo nell’azienda e il 66% di avere messo in atto politiche HR specifiche. Nonostante le buone intenzioni, però, il 55% degli intervistati è ancora restio ad assumere un profilo senior.

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