di Laura Ferrari |
Parliamo di certificazione di parità anche perché, sul finire del 2023, la tematica del lavoro femminile ha riscontrato un’attenzione crescente, spinta anche dall’ondata emotiva che ha seguito un lungo periodo tragicamente segnato dai cosiddetti “femminicidi”.
Il contrasto alla violenza di genere passa anche attraverso l’indipendenza economica, ma se andiamo a fotografare la situazione attuale nel nostro Paese, la differenza salariale di genere rimane un tema cruciale. Come anche la suddivisione dei carichi famigliari, che vede uno sbilanciamento che grava prevalentemente sul genere femminile, culturalmente identificato come centrale nell’accudimento familiare.
Ciò porta molte donne ad optare per una riduzione dell’orario di lavoro o addirittura a lasciare il proprio impiego. Le aree di azione per cambiare tale paradigma sono diverse e riguardano da un lato il lavoro nei suoi aspetti retributivi e organizzativi, dall’altro gli aspetti culturali. Per completare la fotografia del periodo non si può non considerare come la fase pandemica e post-pandemica abbia fortemente modificato in molti lavoratori la percezione dei propri equilibri di vita. Facendo riacquisire importanza al tempo da poter dedicare alla propria sfera personale. Tale nuova consapevolezza è una delle motivazioni alla base delle scelte, per molti lavoratori, di rassegnare le dimissioni in cerca di un posto di lavoro migliore, ed allo stesso tempo è una delle ragioni che rende la cosiddetta Generazione Z più selettiva nella fase di ricerca di un impiego.
Viene infatti dato particolare valore non solo al fattore economico, ma anche al benessere lavorativo, alla possibilità di seguire le proprie aspirazioni e al work-life balance. La certificazione di parità rientra tra gli strumenti messi in campo dal legislatore per accelerare un’evoluzione culturale e introdurre buone prassi. La certificazione traccia la strada non solo verso la parità salariale. Ma anche verso un vero e proprio percorso strategico che porta le aziende a diventare più attrattive e più efficienti nel ritenere i talenti.
Il legislatore e la parità di genere
In più occasioni il legislatore è intervenuto per stabilire principi e attivare nuove dinamiche culturali. Il tema della parità di genere viene ben definito già dalla nostra Costituzione. L’art. 3 sancisce la pari dignità sociale di tutti i cittadini, i quali sono uguali davanti alla legge, senza distinzione alcuna, comprese anche le distinzioni di sesso. La Costituzione stabilisce inoltre che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese.
L’art. 37 inoltre, mette al centro la donna lavoratrice, stabilendo che la stessa abbia gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Ritroviamo alcuni segnali di cambiamento nelle politiche genitoriali. Se guardiamo alla normativa recente, viene data infatti maggiore attenzione al ruolo del padre. Pensiamo ad esempio ai congedi parentali, alla paternità obbligatoria, al cambio di denominazione dei permessi allattamento, detti ora riposi giornalieri, richiedibili in talune condizioni anche dai padri. Non dimentichiamo poi le incentivazioni atte a favorire le politiche di welfare aziendale e in particolare le politiche di conciliazione vita lavoro. Sono tutti interventi, questi ultimi, che cercano di invertire un’impostazione culturale sbilanciata ed attivare dinamiche di equa suddivisione dei compiti.
Per tornare al focus del tema in trattazione, la finalità del sistema di certificazione della parità è quella di favorire l’adozione di politiche per l’empowerment femminile a livello aziendale e quindi di migliorare la possibilità per le donne di accedere al mercato del lavoro, di leadership e di armonizzazione dei tempi di vita, oltre che salariali. Per promuovere e favorire l’adozione della certificazione della parità di genere da parte delle imprese, il sistema prevede un principio di premialità che si realizza con l’introduzione di meccanismi di incentivazione a favore delle aziende certificate.
Certificazione di parità: verso un’azienda moderna
La prassi di riferimento per l’ottenimento di una certificazione di parità di genere, prevede l’adozione di specifici KPI in relazione a 6 aree di valutazione:
- cultura e strategia,
- governance,
- processi human resources,
- opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda,
- equità remunerativa per genere,
- tutela della genitorialità,
- conciliazione vita-lavoro.
Un’azienda che si attiva concretamente per ottenere la certificazione di parità, agendo quindi nelle sei diverse aree, si presenta come un’azienda con una forte vocazione all’innovazione organizzativa. Parliamo di aziende che attraverso una certificazione di parità tracciano la strada per politiche strategiche e di organizzazione del lavoro inclusive, flessibili, che consentono di meglio bilanciare la vita lavorativa con quella personale. Migliorando il benessere in azienda e creando valore.
I benefici di immagine e competitività
La parità di genere rappresenta inoltre un vero e proprio motore di crescita economica e di sviluppo. Ottenere la certificazione di parità di genere comporta vantaggi tangibili che influenzano la cultura aziendale, la reputazione e le performance complessive, contribuendo a costruire un ambiente di lavoro più sostenibile e di successo. La promozione di un ambiente di lavoro equo e inclusivo aumenta la soddisfazione dei dipendenti, migliora il morale e riduce i conflitti interni. Ciò contribuisce a creare un clima organizzativo positivo e conseguentemente più produttivo.
Sono tutti fattori che rafforzano l’immagine e la reputazione sia interna che esterna dell’azienda, che in questo modo riesce non solo ritenere il personale in forza, ma anche a valorizzarne il talento e ad affascinare nuove risorse. Riducendo o eliminando il gender pay gap, l’azienda dimostra inoltre un impegno sociale concreto per garantire giustizia salariale tra uomini e donne.
Serve un lavoro coeso e sinergico
Se vogliamo che le buone intenzioni tanto decantate sull’onda dell’emotività diventino realtà, serve dare un’accelerazione del cambiamento. E per cambiare servono persone coraggiose. Si tratta di una rivoluzione partita lentamente, che vede crescere la lungimiranza degli imprenditori e dei consulenti che li affiancano, che non temono di sperimentare nuovi modelli organizzativi e visioni moderne. L’importanza dell’indipendenza economica delle donne ha un valore sociale enorme. Consente loro non solo di prevenire la povertà, ma anche di avere la libertà necessaria, per molte, di allontanarsi da situazioni familiari complesse se non addirittura di oppressione.
Per fare ciò serve anche un concreto intervento delle istituzioni nel creare servizi capillari per la gestione dell’infanzia ma anche della terza età, fornendo alle famiglie un supporto concreto. In questa direzione si rivolgono anche diversi punti del Pnrr. In molte zone d’Italia il tessuto aziendale è formato da piccole e medie imprese che, da sole, non hanno la possibilità di offrire strutture per i propri collaboratori. Con un lavoro sinergico tra datori di lavoro ed istituzioni, diventa maggiormente percorribile mettere in campo progetti concreti. Quindi, attivare servizi dall’alto valore sociale e di aiuto anche per la tanto auspicata crescita demografica.
Si tratta di una sfida importante. Non può prescindere da un percorso formativo che da un lato lavori sull’empowerment femminile delle donne di oggi e dall’altro investa su una formazione inclusiva ed equa tra i generi. Dedicata alle donne e uomini di domani, accelerando un percorso di modernità, di crescita economica e sociale. Se la spinta emotiva di fine anno è stata un’opportunità per importanza al tema della parità di genere, sta alla responsabilità di ognuno di noi fare in modo che questa luce rimanga accesa.
Chi è Laura FerrariDopo la laurea in Economia all’Università Cattolica di Milano, Laura Ferrari si iscrive all’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Bergamo nel 2010. La passione per il diritto del lavoro l’ha portata a dedicarsi anche alla divulgazione, prima in una radio locale, successivamente ideando e conducendo la rubrica della web Tv dei Consulenti del Lavoro “Donne e Lavoro”. Nel novembre 2021 inizia una collaborazione con Rai 3, partecipando in veste di esperta della materia al programma di approfondimento “Il Posto Giusto”. Ai media ha affiancato anche l’attività di convegnistica e di scrittura, collaborando per alcune riviste di settore. |