Giornata della Felicità: ma come va sul lavoro?

Ogni 20 marzo, dal 2013, le Nazioni Unite celebrano l’importanza della felicità nella vita delle persone: un sentimento che, per oltre 9 lavoratori su 10, è fondamentale anche nella propria azienda

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Giornata della felicità onu

Con la Giornata della Felicità, l’Onu ha internazionalmente riconosciuto la necessità di un approccio più inclusivo, equo e bilanciato alla crescita economica.

Considerando che molte persone passano almeno 40 ore della settimana a lavorare, si può immaginare quanto sia importante trovare un ambiente felice anche qui. Secondo il 7° Rapporto Censis-Eudaimon, infatti, il 93,7% degli occupati considera molto importanti benessere e felicità quotidiana. Quella generata dal piacere di tante piccole gratificazioni, che assumono un valore quasi consolatorio in contesti ostili e indefiniti.

L’importanza della felicità sul posto di lavoro è confermata e comprovata da diverse ricerche, anche all’estero. Uno studio della Oxford University, recentemente riportato da Harvard Business Review, ha infatti dimostrato una relazione causale tra lavoratori felici e un aumento del 13% della produttività. Inoltre, il livello di felicità di un dipendente è il principale motivo per cui rimane o lascia il proprio lavoro.

Giornata della Felicità e riflessioni sul welfare

Un aiuto può arrivare anche dalle aziende che hanno a disposizione strumenti come il welfare aziendale. “Il welfare, quando si parla di appagamento e più in generale di felicità sul posto di lavoro, svolge un ruolo davvero cruciale”, commenta Alberto Perfumo, Ceo di Eudaimon. “A confermarcelo, ancora una volta, i dati del 7° Rapporto dove l’87,3% degli occupati sostiene che fare del lavoro il centro della propria vita sia un errore. Le aziende devono quindi trovare un nuovo modo per soddisfare i propri lavoratori e trattenerli. Qui entra in gioco il welfare aziendale, sempre più apprezzato e richiesto dai lavoratori. Anzi, l’89,2% di loro vorrebbe che fosse più personalizzabile sulle singole esigenze di ciascuno”.

Continuare a cavalcare il supporto al reddito legato al welfare retributivo e investire maggiormente sui servizi che aiutano i lavoratori in quanto persone, sono risposte concrete all’insoddisfazione sul posto di lavoro. Un’insoddisfazione confermata dal report: per il 62% degli occupati la propria retribuzione non consente di realizzare le proprie ambizioni. La quota che sottolinea lo scarto tra le proprie ambizioni e quel che le retribuzioni consentono di fare è pari al 59,4% tra i 18-34enni, al 61,6% tra i 35-49enni ed al 64,1% tra i 50 anni e più. Ad affermare invece che la retribuzione va bene sono l’81,4% dei dirigenti, il 37,3% degli impiegati e il 24,2% degli operai.

Un altro motivo di frustrazione riguarda il 43,1% dei lavoratori che ritiene di ricoprire una posizione lavorativa inferiore rispetto al titolo di studio o alle competenze. In questo quadro emergono nuovi bisogni: non stupisce che l’82,8% si dica più attento rispetto al passato al proprio benessere psicofisico, alla salute, alla gestione dello stress e alle relazioni.

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