di Domenico Barricelli | Viviamo in un periodo in gestazione, in trasformazione, contraddistinto da discontinuità e imprevedibilità.
Un’epoca in cui sperimentiamo, oltre alla nostra forza nella crescita, tutta la nostra fragilità e debolezza. Un’era dell’incertezza dove una comunità (globale) affronta lo stesso destino dell’intero pianeta. Un’epoca, ci ricorda il sociologo francese Edgar Morin, che evidenzia una mega-crisi, poiché contiene altre crisi di carattere politico, economico, sociale, ecologico, a cui stiamo inevitabilmente partecipando (globalizzazione, digitalizzazione, pandemie, instabilità geopolitiche, cambiamenti climatici). Ma l’incertezza storica, come ricorda ancora Morin, “è legata al carattere intrinsecamente caotico della storia umana, inevitabilmente sottomessa al caso e a continue perturbazioni”.
Incertezza, complessità e cambiamento
Conoscere la storia, dunque, serve a riconoscere i caratteri determinanti e aleatori del nostro destino, che ci consentono di aprirci all’incertezza del futuro e prepararci al mondo incerto, attendendo l’inatteso, sì foriero di crisi, ma anche di nuove opportunità. Un’imprevedibilità scomoda, che ci costringe a uscire dalle routine rassicuranti del nostro quieto vivere, per sperimentare nuove condizioni di adattamento di un inevitabile cambiamento: “come costante dell’esistenza (non elemento straordinario), in cui spesso il timore a rinnovarsi porta con sé disagi (relazionali) e paludosi comportamenti conflittuali”.
Per tentare di comprendere questa grande trasformazione epocale dovremmo pertanto dotarci di una nuova conoscenza, in grado di superare l’inadeguatezza sempre più profonda dei nostri saperi disgiunti, frazionati, suddivisi in discipline, per abbracciare (e affrontare) invece l’attuale sfida della complessità, caratterizzata da crescenti interdipendenze e interattività. Dovremmo, per questo, riappropriarci di una dimensione conoscitiva più ampia, di carattere sistemico (olistico), necessaria a superare un atteggiamento “ego-sistemico” (che attinge dal passato) per acquisire una nuova consapevolezza “eco-sistemica”, come propone Otto Scharmer.
Adoperarci, pertanto, nell’attivare una progettualità creativa utile a sperimentare nuove forme di comportamento, in grado di percepire quegli elementi conoscitivi che connotano un futuro tutto da costruire, ancorché da comprendere. Un’azione collettiva, e non solo individuale, indirizzata a rigettare ciò che deve essere superato, mantenendo ciò che è necessario. Abbiamo davanti a noi nuove sfide guidate da un’emergente “sensibilità ecosofica”, che pensa e vive olisticamente grazie a “una saggezza dell’abitare”, fatta di nuovi sistemi di relazioni che uniscono individui, comunità e territori.
Per scorgere le opportunità generate dalle trasformazioni sociali, occorre perciò attivare un cambiamento di prospettiva, necessario a riprogettare nuovi modi di pensare, di sentire e di agire nel presente per il futuro, prendendoci cura di noi stessi e dell’ambiente che ci circonda. Rimetterci in ascolto di noi stessi, degli altri e del mondo per prenderci cura del nostro destino comune.
La cura di sé: consapevolezza, responsabilità, fiducia
Hermann Hesse ne “La cura” ci esorta a intraprendere un viaggio introspettivo, utile a esplorare (smontandole) le nostre piccole certezze quotidiane, esercitando il dubbio sulle nostre convinzioni, per aprirci alla conoscenza e alla consapevolezza. Un percorso necessario a curare spirito e corpo ed entrare in contatto con noi stessi e con ciò che ci circonda: un interessamento solerte e premuroso per qualcuno o per qualcosa, ma soprattutto la possibilità di far fiorire la vita propria e dell’altro. Ma come sappiamo, “nessuno di noi abita il mondo, ma esclusivamente la propria visione del mondo”.
Non è possibile, dunque, dare un senso alla nostra esistenza se prima non perveniamo a una chiarificazione della nostra visione del mondo, responsabile del nostro modo di pensare e di agire, di gioire e di soffrire. Un senso e un significato da ricercare nel vissuto della nostra contemporaneità, che spesso rimarca le disuguaglianze e le asimmetrie nel potere sociale, politico ed economico. Le cosiddette “illibertà”, come direbbe il premio Nobel per l’economia Amartya Sen: analfabetismo, esclusione sociale, insicurezza economica, negazione delle libertà politiche. Abbiamo bisogno, più che mai oggi, tanto di misure di sicurezza quanto di equità nella crescita, individuale, di gruppo e di interi territori. Una necessità di creare un sistema dove i meno avvantaggiati possano ottenere il massimo possibile, attraverso una giustizia distributiva equa, per combattere le “disuguaglianze immeritate”, in quanto arbitrarie.
Come sappiamo, le molteplici trasformazioni che stiamo vivendo sono spesso causa di disorientamento e crisi. Come affermava nel 2022 Domenico De Masi, assistiamo al “crescente pericolo di manipolazione, sorveglianza, eterodirezione, eterocontrollo, eccessiva astrazione, violazione della privacy, massificazione, emarginazione, disoccupazione, digital divide e stress”, che spesso degenera in “anomia, depressione, angoscia, conflittualità, aggressività e autolesionismo”. Nella condizione di crisi e di disorientamento ritroviamo spesso sofferenza e solitudine, sentimenti che interrompono la capacità di progettare il futuro.
In questo senso il counseling (così come molte altre relazioni di aiuto), “in punta di piedi, come si addice a un buon compagno di viaggio, può supportare senza dare soluzione, può stimolare a esorcizzare la paura di vivere affinché si torni ad essere responsabili e consapevoli protagonisti della propria vita”. Così una relazione di aiuto competente, capace di costruire e sostenere relazioni efficaci (qual è il counseling), può aiutare a superare le naturali impasse della vita, migliorando la conoscenza di noi stessi, attraverso l’acquisizione di una maggiore consapevolezza e fiducia: aspetti rilevanti che possono favorire un sano sviluppo personale, insieme alla responsabilità di agire per il cambiamento attraverso la cura del proprio benessere, dunque, del benessere dell’intera collettività.
In questa peculiare fase storica, dove agiscono molte paure generate dalle crisi in atto, assistiamo contemporaneamente a una rinascita, un “re-incanto del mondo”. Una nuova possibilità in cui l’individuo torna al centro in quanto soggetto capace di orientare il proprio destino grazie alla forza di un’azione creativa, che lo esorta a riappropriarsi del proprio senso di radicamento con la natura, con ciò che lo circonda. Le persone, i luoghi, gli spazi e i territori, l’ambiente dove si sperimentano sempre con più forza idee ed emozioni da condividere, con un nuovo lessico. Un’opportunità, dunque, per tentare di cambiare lo status quo attraverso la forza creativa individuale e collettiva, capace di trasformare sé stessi e l’ambiente circostante, in virtù di una ritrovata capacità progettuale.
Presenti al mondo, attivi e partecipi
Capire, comprendere in che mondo viviamo ci aiuta a non smarrirci, a estraniarci come degli spettatori distratti, disinteressati e incupiti. Comprendere l’importanza delle crisi può offrire, dunque, un’opportunità per apportare dei cambiamenti (necessari) a ciò che non appare più idoneo. A quei comportamenti che non riescono a farci uscire dalle naturali impasse legate al nostro sviluppo individuale e sociale.
Il leitmotiv ricorrente “andrà tutto bene” potrà funzionare solo se saremo in grado di:
- ridurre e contenere l’angoscia dell’imprevedibile, di quegli eventi rari che si presentano inevitabilmente nel corso della nostra storia (i cosiddetti “cigni neri”, di cui parla il saggista libanese Nicholas Taleb);
- allontanarci dalle false persuasioni, che con la retorica mascherano l’inganno (tipico dei sofisti), ovvero quegli atteggiamenti di sicurezza e certezza a priori da cui Socrate prendeva le distanze, per rimarcare il necessario confronto tra differenti opinioni che nella discussione aperta devono, invece, resistere alle diverse e possibili obiezioni per poter avvicinarsi al vero e al giusto;
- portare nuove argomentazioni, cogliendo le contraddizioni legate alla retorica costruita attorno alla legittimazione di azioni che perseguono l’idea di una incessante e inevitabile crescita e di uno sviluppo senza limiti;
- dialogare inseguendo la “verità”, ascoltando gli altri, cercando di essere più tolleranti, aperti e capaci di comprendere ciò che avviene dentro di noi e attorno a noi;
- arricchire il nostro sapere e la nostra esperienza, rimuovendo i pre-giudizi, legati a fragili convinzioni.
Andrà tutto bene, dunque, se sapremo costruire con fiducia, impegno, responsabilità e passione una progettualità condivisa. Ma soprattutto se saremo in grado di affrontare l’imprevisto, facendo tesoro dell’esperienza per riorganizzare la nostra vita su quattro dimensioni fondamentali. “Umana”, attraverso un incessante ricorso all’empatia e al confronto; “relazionale”, con la volontà esplicita di costruire delle relazioni più sane ed efficaci; “educativa e formativa”, attraverso un apprendimento rinnovato, aperto ad accogliere nuovi contenuti e nuove modalità conoscitive; “progettuale”, necessaria ad aprire nuovi progetti sociali.
Convinti che proprio in uno spazio di condivisione comune si possa immaginare e costruire un futuro più sostenibile e inclusivo.
Chi è Domenico BarricelliSociologo del lavoro, Domenico Barricelli è Counselor Formatore-Supervisore, membro del Direttivo Cncp e ricercatore senior presso Inapp, dove collabora alla realizzazione di indagini sugli investimenti formativi di imprese, occupati e lavoratori autonomi. Si dedica da anni allo sviluppo e alla valorizzazione delle potenzialità individuali e dei gruppi, impiegando metodi e strumenti di apprendimento esperienziale. Supporta la realizzazione di progetti di cambiamento organizzativo in diverse realtà aziendali. Già Docente di Economia e gestione delle imprese e dei servizi presso l’Università dell’Aquila, dal 2015 insegna Competenze per l’inserimento nel mondo del lavoro e il metodo interdisciplinare presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Insegna anche in corsi di specializzazione e aggiornamento professionale in scuole di counseling, per gli ambiti relativi al counseling organizzativo, career counseling e work-life-balance. |